Luca Fortis
Voci da Johannesburg

Purgatorio Sudafrica

Dopo la morte di Mandela, molti hanno iniziato a temere che la nuova punta di diamante dell'Africa potesse arretrare. Ma l'eredità di un mito è proprio la solidità futura

Morto Mandela, il sogno sfumerà. Bianchi e neri torneranno a fronteggiarsi e alla fine si vedrà che tutto è stato un’illusione. Questa è una delle opinioni che negli ultimi anni ho sentito circolare di più parlando del Sudafrica: devo dire che quest’analisi non mi ha mai del tutto convinto. Il Sudfrica pre-Mandela era un paese che aveva la bomba atomica e che rischiava di implodere in una guerra civile sanguinosa. Ora il paese, l’unico ad aver fisicamente distrutto il suo arsenale atomico, ha saputo uscire da questo vicolo cieco in modo invidiabile e dopo quasi due decadi l’economia non è crollata e i bianchi sono ancora lì. Sicuramente una parte di loro è emigrata, ma lo ha fatto perché disoccupata o perché vittima del crimine comune, due piaghe che toccano tutti nel paese senza badare al colore della pelle. Sicuramente la legge che favorisce le assunzioni su base etnica non ha aiutato, ma solamente i farmer bianchi sono stati davvero vittime di pesanti attacchi su base razziale.

Mandela non era un santo, né un re che ti guariva dal cancro toccandoti con la sua mano salvifica: la sua lezione è stata anche questa. Il politico africano ha semplicemente regalato al suo paese la normalità. Il Sudafrica era un inferno ed è diventato un purgatorio. Si tratta, a mio parere di un successo strepitoso, e non comprendo perché si continui a imputare a Mandela un fallimento solo perché la democrazia sud africana ora zoppica per la corruzione, il crimine e le differenze sociali. Tutti problemi enormi che riguardano paesi come la Cina, il Brasile, l’India, e perfino la nostra Italia. Non credo proprio che Mandela potesse risolvere queste questioni con una bacchetta magica. I presidenti che sono venuti dopo di lui certamente hanno avuto comportamenti oscuri e non sono stati esenti da corruzione, ma non hanno finora minato le basi della più grande democrazia africana. La loro mediocrità non è dissimile a quella della maggior parte dei capi di stato di tante democrazie.

L’India con i suoi mille problemi, rimane figlia di Gandhi e si dimostra molto più democratica dei suoi vicini. Per risolvere i problemi del Sudafrica ci vorranno ancora vent’anni e sicuramente non sarà affatto facile, ma il modo migliore non è utilizzare doppi standard, ma riconoscere la grandezza di una storia e chiedere che il paese continui, passo dopo passo, il suo cammino verso la normalità. Allo stesso tempo, è sicuramente vero che le diseguaglianze sociali e il crimine comune sono due ferite ancora aperte che, a lungo termine, potrebbero distruggere la società ma anche questo è una tendenza mondiale, più che della nazione arcobaleno. Il paese oggi è la più importante democrazia del continente e ha saputo assumersi forti responsabilità nel operazioni di peace keeping in Africa.

Basta perdersi molte volte per le vie del Sudafrica per rendersi conto che, nonostante mille muri sembrino separare le comunità, una cultura comune esiste eccome. Basta fermare un colored per strada e chiedergli come si chiama, la risposta potrebbe essere: Jan van Riebeck.

 

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