Nicola Fano
A proposito di nomine culturali

La scelta Fuortes

Carlo Fuortes è stato indicato dal governo per la gestione della Rai. Dopo Paolo Grassi, un altro uomo di teatro arriva al vertice di Viale Mazzini. Accanto all'indiscutibile talento di organizzatore culturale, Fuortes vanta anche la capacità di gestire gli altrui appetiti politici

Dopo Paolo Grassi, un altro uomo di teatro occuperà la poltrona più scottante della Rai: Carlo Fuortes. Si ricorderà che Paolo Grassi, intellettuale a tutto tondo, organizzatore geniale, dopo aver fondato il Piccolo Teatro di Milano e monumentalizzato Giorgio Strehler, fu chiamato alla Scala; che abbandonò nel 1977, appunto per diventare presidente della Rai. Di quella esperienza, Grassi parlò sempre con rammarico, come chi non sia riuscito a fare ciò che si era ripromesso di fare. Perché, seppure dotato di un talento politico notevolissimo (come tutte le grandi menti uscite dalla Guerra di Liberazione), in verità Grassi non riuscì a gestire le straordinarie tensioni partitiche che, da sempre, accompagnano la vita della Rai. Che, detto per inciso, dovrebbe anche essere la maggiore impresa culturale italiana e non il fondaco dei peggiori appetiti dei galoppini di partito.

Con questo precedente ingombrante, Carlo Fuortes arriva sulla poltrona dell’amministratore delegato di Viale Mazzini: ossia un po’ di meno e molto di più che presidente. Un po’ di meno perché la presidenza Rai è soprattutto una carica di straordinario prestigio, molto di più perché l’ad della Rai ha un potere produttivo e creativo enorme. Anche ora, quando – da trent’anni almeno – la tv pubblica ha abdicato la sua funzione culturale per inseguire un immondo brevetto commerciale.

Fuortes vanta due successi importanti: prima ha imposto un modello culturale (popolare senza essere commerciale) alla Fondazione Musica per Roma, ossia quel kolossal delle arti che è stato l’Auditorium Parco della Musica di Roma, poi ha gestito con severità il Teatro dell’Opera di Roma, resuscitando un corpo che a molti sembrava morto. Ora andrà alla Rai dove i suoi pregi sicuramente gli saranno più utili dei suoi difetti (che possono riassumersi in uno solo, l’essere stato legato alla lobby veltroniana delle poltrone culturali). Perché Fuortes, a differenza di Paolo Grassi, negli anni ha acquisito molta dimestichezza con i rigurgiti del Palazzo, imparando a gestirli al meglio: magari anche a costo di affidare qualche regìa in modo un po’ discutibile, all’Opera di Roma, per soddisfare le pressioni dei potentati del teatro.

E poi, nel suo vasto curriculum risalta – almeno agli occhi di chi scrive questa nota – la sua polemica decisione, molti anni fa, di abbandonare il Consiglio di amministrazione del Teatro di Roma (s’era nel 2001) per contestare le scelte dei soci che all’epoca pasticciarono accordi sottobanco ponendo fine alla feconda gestione di Mario Martone dello Stabile capitolino. Insomma, un uomo con la schiena dritta. E con una solida formazione nell’ambito dell’economia della cultura (si può dire che questa definizione sia stata coniata, in Italia, per lui). Per tutto questo, è da supporre che alla Rai farà bene e saprà farsi rispettare da Viale Mazzini come dalla politica. Per molto tempo s’è detto che fosse in corsa per andare a gestire La Scala di Milano: a Viale Mazzini sarà più utile. E, forse, per paradosso, meglio accettato. In bocca al lupo!

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