Paolo Petroni
Ricordo di un maestro teatrale

Memoria di Vilar

Sono passati cinquant’anni dalla morte di Jean Vilar, mitico direttore del Théâtre National Populaire di Parigi e fondatore del Festival di Avignone. Un mito del teatro che mescolava classicità a spirito popolare, per raggiungere nuovo pubblico

Il TNP – Théâtre National Populaire – fondato nel 1920 da Firmin Gémier a Parigi, ebbe il suo momento di grande rilancio culturale e vitalità in un’ottica appunto di apertura popolare negli anni dal 1951 al 1963 in cui lo diresse Jaen Vilar, e ad esso si ispirò nel 1960 Vittorio Gassman per il suo Teatro Popolare Italiano e la sua celebre edizione di Adelchi di Manzoni in un teatro tenda a Villa Borghese a Roma e poi in giro per l’Italia proprio con l’intento di diffondere e rendere fruibili per tutti i grandi classici.

Il nome di Jean Vilar al grande pubblico, anche quello più partecipe del teatro, forse oggi dice poco, ma basterebbe la sua gestione del TNP per capire come mai sia giusto celebrarlo quest’anno, a cinquanta anni dalla sua morte avvenuta il 28 maggio del 1971. A questo, poi, c’è assolutamente da aggiungere che fu il fondatore del Festival d’Avignone nel 1947, punto di riferimento per questo tipo di manifestazioni che verranno dopo, da Spoleto in avanti.

Nato a Sète il 25 marzo 1912 e morto a 59 anni, Vilar è stato un regista e attore e soprattutto grande organizzatore teatrale culturale. Allievo e collaboratore di Charles Dullin, cominciò la carriera recitando (anche in alcuni film tra cui Mentre Parigi dorme di Marcel Carné interpretandovi la parte del destino), arriva alla regia nel 1943 formando la Compagnie des Sept e resta celebre la sua regia di Assassinio nella cattedrale di Eliot del 1945 che lo rivelò e gli valse il Premio della Critica. I suoi allestimenti moderni che avevano come perno il testo volevano ridurre al minimo l’influenza dell’artificio teatrale classico, riducendo la scenografia all’essenziale, dando rilievo alle luci e le musiche, ma soprattutto all’attore come incarnazione appunto della parola teatrale, ottenendo grandi e eleganti, accessibili successi in un repertorio vasto in cui dominarono i classici francesi, da Corneille a Molière, da Marivaux a Hugo a Jarry ma naturalmente anche Shakespeare, con interessanti puntate sui contemporanei, da Ionesco a Adamov, da Brecht a Pirandello.

Le sue regie più famose e il nome di Vilar restano comunque legati alla direzione del Théâtre National Populaire e il suo adoperarsi per offrire spettacoli di qualità accessibili a un pubblico più ampio e vario possibile (si è calcolato che il TNP abbia avuto 5 milioni di spettatori in una decina di anni). Vilar ritiene il teatro un servizio pubblico (è l’epoca in cui in Italia con lo stesso spirito nascono i Teatri Stabili) e si recita nelle banlieues in attesa di avere Le Palais de Chaillot, lasciato dall’Onu nel 1952 e restaurato. Per la prima volta volle anche che l’attività fosse sostenuta da azioni di comunicazione per contattare e coinvolgere il pubblico, collaborando con l’associazionismo e i dopolavoro, dando del teatro un’immagine nuova. Sotto la sua direzione riunì una troupe di attori giovani e brillanti, il più celebre dei quali fu Gérard Philipe con cui iniziò a lavorare ad Avignone, che diresse in opere classiche come Il Cid di Corneille o Il principe di Homburg di Heinrich von Kleist.

In quegli stessi anni Vilar, che rifiutava la distinzione tra testi popolari e testi colti amando le contaminazioni di alto livello, chiamò a lavorare la coppia di cantanti cabarettisti Marc e André, che con la canzone Les chemins de l’amour per la Leocadia di Anouilh (che ne scrisse le parole musicate da Poulenc) vinsero nel 1963 il Grand Prix du Disque, e scelse il giovane Maurice Jarre come direttore musicale, che compose le musiche per trentasei allestimenti teatrali, fra cui si ricorda per il particolare successo la fanfara per il Lorenzaccio di de Musset.

Facebooktwitterlinkedin