Giuliana Bonanni
Finestra sul mondo

Ritorno in Galleria

Londra riapre dopo la pandemia. Alastair Sooke, il critico d’arte del Daily Telegraph, ha preparato una guida alle mostre più interessanti per la ripresa. Ma ha scoperto che spesso a farla da protagonista è il dolore

Le gallerie inglesi riaprono insieme a pub, giardini zoologici, palestre e parrucchieri.  Per i musei, inspiegabilmente, bisogna aspettare il mese prossimo. Mentre i notiziari ci mostrano il nuovo taglio di capelli di Boris Johnson e le immagini dei pub gremiti, Alastair Sooke, il critico d’arte del Daily Telegraph, ci fa da guida in una maratona di 10 ore per visitare 14 spazi espositivi privati della capitale (https://www.pressreader.com/uk/the-daily-telegraph/20210413/282570200927899). Come tutti noi, vuole riconquistare il tempo perduto e tutto quello che è stato “lost in translation” sul digitale: la densità della pittura ad olio, le asperità della carta e lo spessore delle linee, la sottile chimica dei colori che interagiscono fra di loro. L’arte nelle sue tre dimensioni. È così stremato dalle opere d’arte pixelate su uno schermo – scrive – che  trarrebbe sollievo perfino dalla vista di una banana appiccicata al muro con il nastro isolante, cosa che in effetti esiste – spiega ironico ai lettori – ed è l’opera più recente dell’artista italiano Maurizio Cattelan.

In ciò che viene esposto in questi mesi a Londra a dominare è il dolore. Ad aprire il percorso sono tre artisti tedeschi: Georg Baselitz alla Cristea Roberts Gallery (fino al  15 maggio ) con le sue acqueforti di mani contorte che evocano il senso del tatto di cui tutti siamo stati privati; gli astratti gorghi di parole che ci hanno bombardato in questi mesi di Sabine Moritz e le figure statuarie ricoperte di muschio e muffe immerse in un paesaggio autunnale di Markus Lupertz, esposte fino al 15 maggio alla Michael Werner Gallery.

Alla Gagosian espone Rachel Whiteread (sua l’opera accanto al titolo) – notissima in Inghilterra, prima artista donna a vincere il prestigioso Turner Prize nel 1993 e a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 1997 con i suoi calchi di piccoli oggetti o di grandi spazi, addirittura di intere case. «La pandemia ha reso le nostre sicurezze prive di senso; ciò che voglio esprimere ora è un profondo stato di incertezza» ha dichiarato l’artista in una recente intervista. Il calco presuppone il risultato che si vuole ottenere, la sua forma e le sue dimensioni. Per rappresentare la fragilità delle cose è necessario un nuovo mezzo espressivo. Ecco allora le due strutture sgangherate esposte a Londra, messe insieme usando macerie e scarti: frammenti di assi di legno, reti metalliche, alberi sradicati, lamiera ondulata contorta il tutto dipinto usando un bianco opaco spettrale – scrive il critico del Telegraph – quasi fossero pronti ad esplodere da un momento all’altro. Potrebbe essere un perfetto memoriale per le vittime del Covid, nota, alludendo all’Holocaust Memorial di Vienna creato nel 2000 da Rachel Whiteread per ricordare i 65.000 ebrei austriaci morti nei campi di concentramento. 

Dexter Dalwood, “Internal Objects”

Evocativa fin dal titolo “Internal Objects” la mostra del pittore inglese Dexter Dalwood è tutta concentrata sull’idea di spazio domestico claustrofobico che non può che ricordarci il confinamento. I suoi quadri rappresentano interni di case inquietanti e prive di abitanti, attribuite dal pittore a personaggi famosi. Curiosi di sapere come è fatta la camera da letto di Bill Gates? Dalwood ci invita a spiarla in tutti i particolari dal buco della chiave (Simon Lee Gallery , fino all’8 maggio).

Uno sguardo rivolto all’interno è quello di Idris Khan, pittore inglese 43enne, che espone le proprie tele nella galleria Victoria Miro (fino al 15 maggio). Al primo piano quadri con parole e frasi scritte durante il lockdown che si sovrappongono su uno sfondo blu, fino a diventare illeggibili. Al pian terreno le sue opere ispirate alle Quattro Stagioni di Vivaldi, ci ricordano come il restare fermi ci abbia permesso di percepire meglio lo scorrere del ritmo e dei colori della natura.

La mostra di Gilbert & George

Al White Cube Mason’s Yard, Gilbert & George percorrono le strade di Spitalfields, il loro quartiere nell’East End di Londra, in una serie di 26 enormi composizioni intitolate New Normal Pictures. Create prima dello scoppio della pandemia, le opere contengono un messaggio universale. Sotto lo sguardo attonito dei due artisti (i loro ritratti, in abiti formali dai colori sgargianti, sono sempre presenti nelle tele) il caos, la sporcizia e il degrado sociale di un mondo allucinante e privo di riferimenti. Ancora una volta – scrive Sooke – tra i colori brillanti delle tele e l’ironia delle situazioni, si cela l’inquietudine e la precarietà delle nostre vite, il nostro new normal (fino all’8 maggio).

Pensosi e meditativi appaiano alla nostra guida 15 calchi di cavalli realizzati in vetro blu dall’artista svizzero Ugo Rondinone ed esposti nella galleria Sadie Coles HQ (fino al 14 maggio). Ogni scultura viene divisa in due da una linea, un orizzonte ideale fra mare e cielo, posizionato in modo diverso per ciascun animale. I colori e la consistenza del vetro potrebbero farci pensare ad un cielo estivo ma lo sguardo dei cavalli – scrive – ci riporta ad un’idea di dolorosa interiorità.

Per finire il tour, entriamo nella Galerie Thaddaeus Ropac per l’esposizione di due serie di opere su alluminio del grande artista americano Robert Rauschenberg, Night Shades e Phantoms, realizzate nel 1991 (fino al 31 luglio). Monocrome, spettrali, abitate da scheletri minacciosi, perfino profetiche, sono lì a ricordarci che 30 anni dopo la morte è sempre fra noi, più sfrontata che mai.

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