Paolo Petroni
A cent'anni dalla nascita

Per Giorgio De Lullo

Dagli esordi come attore con Luchino Visconti al trionfo accanto a Romolo Valli nella Compagnia dei Giovani: ricordo di Giorgio De Lullo, uno dei registi che più di altri ha contribuito a rinnovare il teatro di parola nella seconda metà del Novecento

«Il lavoro del regista è di esprimere, di dare rilevanza a livello scenico a tutto ciò che un testo possiede, senza deformazioni, senza dissacrazioni… È molto più difficile e rischioso sottolineare, chiarificare, raffigurare teatralmente ciò che contengono di valido e di ancora attuale le opere del passato, che giocare a distruggerle o usarle come pretesto per una creazione personale e autonoma, che è cosa anche facile», dichiarava Giorgio De Lullo – di cui oggi, sabato 24 aprile cadono i cento anni dalla nascita nel 1921 – a proposito delle sue messinscena, tra le quali quelle pirandelliane, divenute storiche e realizzate con la Compagnia dei Giovani negli anni Sessanta.

Furono sette i lavori di Pirandello che ne segnarono la riscoperta e una moderna lettura, portati in scena a cominciare nel 1963 dal testo più rivoluzionario, Sei personaggi in cerca d’autore, la cui messinscena è rimasta una sorta di archetipo e riferimento di tutte le regie che seguirono. Verranno poi Il giuoco delle parti, forse la regia più celebrata di De Lullo, L’amica delle mogli, Così è (se vi pare), Trovarsi, Tutto per bene e Enrico IV (una delle grandi interpretazioni di Romolo Valli). Appuntamenti che restano un punto di riferimento per la capacità di riproporre l’opera pirandelliana puntando sulla forza della parola, capace di prendere corpo e farsi vera ed emozionante, mutando il tradizionale razionalismo dell’autore in un filosofico interrogarsi sul senso della vita e dei ruoli sociali, con in più una nota psicologica e sfumandone il realismo esteriore in una stilizzazione estetica astrattamente elegante.

«Fin dai Sei personaggi ho cercato di liberare Pirandello dalla maniera in cui veniva imprigionato, dalle assurde sottolineature del tono raziocinante del discorso, dal “pirandellismo” in definitiva – spiegava a suo tempo –. Ho creduto necessario presentare un Pirandello europeo e cioè sottrarlo all’atmosfera culturale e al teatro in cui egli stesso operò. Perché in realtà Pirandello è un autore che come forse nessun altro ha espresso i problemi di fondo del nostro secolo, problemi che sono di tutte le società e tutti i Paesi, al di sopra di ogni differenza politica e sociale».

Romolo Valli ne “Il giuoco delle parti”

Un risultato che fu possibile grazie al suo sodalizio con Compagnia dei Giovani di cui partecipò alla nascita e con cui lavorò per quasi vent’anni dal 1954 al 1972, tutti attori di alta qualità  tra i quali spiccava Romolo Valli (colto e grande animatore del gruppo), capace appunto di pirandelliane geometrie come di nevrotiche e moderne perplessità, grazie a uno sguardo inquieto e dal fondo ironico, e di cui facevano parte all’inizio Elsa Albani, Rossella Falk, Anna Maria Guarnieri, Tino Buazzelli e Ferruccio De Ceresa, oltre allo scenografo e costumista Pier Luigi Pizzi. Tutti giovani appunto, nemmeno trentenni, che negli anni collaboreranno anche con Stoppa e la Morelli, puntando su un lavoro accuratissimo, alla ricerca di quella perfezione derivata dall’insegnamento di Luchino Visconti, di cui De Lullo era stato attore e poi aiuto regista e che considerava il proprio maestro. «Le prove erano estenuanti e minuziose e Giorgio riusciva così a incastonare pian piano lo spettacolo in una struttura precisa e coerente dalla quale era difficile uscire e capace di resistere al logoramento delle repliche», ricordava la Falk.

Giorgio De Lullo, nato a Roma da una famiglia popolare e rimasto orfano di padre a 17 anni, pare fosse un ragazzo chiuso, sensibile, con pochi amici. Iscritto all’Università fu chiamato alle armi e inviato sul fronte jugoslavo, a Spalato, col grado di sottotenente. Tornò a Roma nel 1943, dove cominciò a frequentare il mondo del teatro e, spinto da Nora Ricci, si iscrisse all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, che non terminerà, preferendo cominciare a lavorare. Esordisce in teatro da attore nel 1945, arrivando al primo debutto importante quello stesso anno diretto da Orazio Costa all’Eliseo nel ruolo di Fortunio nel Candelaio di De Musset, dove fu notato come una interessante promessa dalla critica. Negli anni successivi, con la compagnia Morelli-Stoppa lavorò appunto con Visconti. Dal 1948 è poi al Piccolo di Milano e partecipa a molti allestimenti firmati da Giorgio Strehler, ed è lì che, durante una tournée in Sud America, conosce Romolo Valli recitando insieme a lui nel Giulio Cesare di Shakespeare.

Con Valli nacque un sodalizio durato una vita e il progetto della Compagnia dei Giovani, che si inaugurò con una regia di Squarzina e De Lullo protagonista, che solo l’anno dopo, su insistenza di Valli, passò nel 1955 alla regia, firmando Gigi di Colette che sarà un successo. L’attenzione, oltre che a Pirandello, fu rivolta in particolare alla drammaturgia italiana contemporanea, con opere scritte apposta da autori come Diego Fabbri (da La bugiarda a Il confidente) e Giuseppe Patroni Griffi (da D’amore si muore a Metti una sera a cena), non dimenticando i classici, da Shakespeare (Giulio Cesare) a Molière (Il malato immaginario) o Cechov (Tre sorelle).

Dopo la tragica scomparsa di Romolo Valli nel 1980, in un incidente d’auto durante le repliche di Prima del silenzio di Patroni Griffi, inizierà per De Lullo un periodo di grave depressione e gli amici Pizzi, Umberto Tirelli e Dino Trappetti lo costringeranno allora a fondare il Gruppo Teatro Libero-Romolo Valli per dirigere, nel 1980, un nuovo allestimento delle Tre sorelle. Aveva comunque perso ogni vitalità e il suo ultimo spettacolo fu, pochi mesi prima di morire, una riproposizione di Anima nera di Giuseppe Patroni Griffi. «Vedremo ancora in Italia dei grandi spettacoli, certo, ma non credo che sentiremo mai più recitare così con quella grazia straziata e ferma, quell’eleganza dolorosa e leggera», scrisse nel 1981 sul Corriere della sera un grande critico, Roberto De Monticelli, ricordando De Lullo e i suoi attori il giorno dopo la sua scomparsa, il 10 luglio del 1981.

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