Flavio Fusi
Cronache infedeli

Diana e Meghan

Che cosa vogliono, veramente, Harry Windsor e sua moglie Meghan? Solo denaro, fama e regalità planetaria o hanno un altro progetto? «Non potevo permettere alla storia di ripetersi», ha detto il figlio di Lady D. parlando con Oprah Winfrey...

Ma come? Nel nostro replicante pianeta di spettatori-consumatori di serie televisive non è ancora morta la bionda principessa sotto il tunnel dell’Almà, ed ecco che già la ruvida mensa della storia ci apparecchia un nuovo giallo di corte, una moderna saga di tradimenti e vendette all’ombra del Castello di Windsor.

Nei giorni scorsi, diciassette milioni di spettatori stressati e assediati dal virus hanno scelto di evadere nel giardino della star americana Oprah Winfrey in confortevole compagnia del rosso Henry e della bruna Meghan. La giovane coppia, ormai senza titoli, senza patria e senza soldi si è concessa in una intervista-confessione da sette milioni di dollari e spicci: sempre grandi numeri, quando si parla di Buckingham Palace e dintorni. Primum vivere, dunque: dice Henry: «La famiglia reale ci ha tagliato i fondi, per le nostre necessità usiamo l’eredità di mia madre». Megham accenna un sorriso mesto, Oprah soffoca un “oh!” di mesta meraviglia.

Duelli all’arma bianca di tal fatta chiedono allo spettatore medio di dimenticare per un attimo il duro pane della quotidianità e di schierarsi con l’uno o l’altro dei contendenti. Questa è da sempre la regola del circo mediatico: così, da parte mia posso confessare che personalmente mi trovo meglio dalla parte delle “cattive ragazze”. E se la bionda Diana fu a suo modo cattiva, è certamente cattivissima la bruna, americana, chiacchierona, aggressiva, ingombrante Meghan.  

Ma permettete: c’è un momento in cui l’ironia deve per forza cedere all’umana compassione, e lo sberleffo a una serietà forse degna di miglior causa, ma in ogni caso misurata e decente. E in quella intervista sussurrata tra fiori primaverili e morbidi divani e condita dal birignao holliwoodiano della potente ospite, ci sono almeno due momenti in cui non sembra lecito lo scherzo della commedia.

Il primo, quando Henry confessa: «Non potevo permettere alla storia di ripetersi». Entra qui, prepotente, il senso tragico della storia trascorsa, con la vicenda di una donna bella, ricca, ammirata e sommamente infelice. Il racconto di una vita senza amore, soffocata da un meccanismo perverso di potere e sottomissione, e infine la resa, la fuga e la morte violenta. E sappiamo qui quanto l’accurata messa in scena della serie The Crown abbia diviso non solo l’opinione pubblica britannica, ma anche la politica e i grandi network dell’informazione. Schierati su sponde diverse non solo i tabloid popolari, ma anche giornali eminentemente politici e riflessivi come l’Economist e il Guardian.

Certo, si discuteva e ci si accapigliava intorno a una trista vicenda di trenta anni fa. Ma l’occhio – diciamolo – era rivolto al presente, con Casa Windsor ridotta a un covo di vendicativi vegliardi, e con il mondo moderno che entra senza chiedere permesso da mille spifferi dentro le sale muffite delle antiche cerimonie. L’interrogativo non detto era: e adesso? Che succederà adesso con questa replicante di Diana: questa americana sfacciata, scatenata, mora di capelli e ambrata di pelle, già felicemente e orgogliosamente incinta del silenzioso secondogenito di casa?

L’altro momento su cui non è forse lecito ironizzare è la dichiarazione di Meghan a proposito della prima gravidanza. Allora qualcuno a Corte avrebbe sollevato con Harry il problema del colore della pelle del nascituro. Alla lettera: «Preoccupazioni e conversazioni su quanto scura potesse essere la sua pelle alla nascita». L’indiscrezione è una bomba che getta sale sulle ferite, un’ombra sinistra di razzismo che si allarga nel già disastrato campo della Corona Britannica.  

Ancora una volta l’opinione pubblica – per quanto giustamente distratta – è chiamata a schierarsi.  Con prudenza, il premier Boris Johnson si tiene fuori dalla polemica. Ma non possono farlo giornali, editori e giornalisti. Così in un lungo editoriale The Guardian osserva che l’intervista disegna un’atmosfera famigliare “tossica” e un Palazzo “disfunzionale” in cui imperversano atteggiamenti razzisti e circolano angosciose tentazioni al suicidio. Queste accuse, conclude il quotidiano, non «devono essere considerate con leggerezza». Ancora una volta, la Corona è sotto attacco. L’attenzione si sposta così dalla coppia avida e ambiziosa verso il Palazzo e le sue tossiche liturgie. Del resto, non è già successo – e tragicamente – una volta? Dalle nostre parti la dinastia Windsor potrebbe essere assimilata agli antichi dignitari di Casa Borbone, di cui si diceva che «ricordavano tutto, ma non imparavano mai nulla». E infine, per usare il rassegnato titolo dell’editoriale del Guardian: «Pesante è la testa che regge la corona». Come finirà, questa penosa, regale “guerra dei Roses”? lo sapremo – lo sapranno forse i nostri nipoti – nelle puntate finali  della centesima stagione di The Crown.

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