Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Il potere delle rovine

La riapertura dei musei, benché solo nei giorni feriali, è una “festa” in sé. Celebriamola a Roma, all’Ara Pacis, con la civiltà del Mare Nostrum immortalata negli scatti di Joseph Kuodelka. Una carrellata di vestigia di grande suggestione

Rovine, ombre, macerie di civiltà e uno stato d’animo pensoso, uno sguardo introspettivo. Suscitano anche queste attitudini le fotografie esposte all’Ara Pacis, la prima mostra inaugurata a Roma dopo la riapertura di musei e sedi espositive. Solo nei giorni feriali, però, piegati come siamo alla resilienza del coronavirus. Sicché questa rubrica oggi non dovrebbe intitolarsi “Itinerari per i giorni di festa”. Ma tant’è, nel capovolgimento della nostra esistenza che ormai data un anno il ritorno in un museo (quando in un cinema, in un teatro che non sia il sanremese e festivaliero Ariston?) è da salutare come appunto come una festa, ancorché feriale.

Ma torniamo alla mostra, già segnalata su queste pagine da Danilo Maestosi (https://www.succedeoggi.it/wordpress2021/02/labirinto-koudelka/). Ci regala gli scatti di un maestro della fotografia, Joseph Kuodelka, nato in Moravia nel 1938. Un ingegnere aeronautico e solo dopo, negli anni Sessanta, diventato fotografo professionista. Anni cruciali per l’Est europeo che già scalpita contro la dittatura dell’Urss. Koudelka imprime nella pellicola l’invasione sovietica di Praga ma non gli basta firmare le immagini pubblicate sul Sunday Times con le iniziali P.P. (Prague Photographer). L’esilio è il suo destino, nonostante quel reportage gli abbia fruttato, l’anno successivo, la Medaglia d’Oro Robert Capa, assegnatagli dall’Overseas Press Club. Addio alla Cecoslovacchia dunque, diventa esiliato politico nel Regno Unito, nel 1971 entra a far parte dell’Agenzia Magnum Photo e poi la carriera inanella pubblicazioni dai titoli autobiografici come ChaosWall, premi importanti, mostre in sedi prestigiose, dal Museum of Modern Art di New York al Centre Pompidou di Parigi.

Ora che, naturalizzato francese, vive tra la Ville Lumière e Praga restituisce al mondo con questa rassegna (che a Roma ha la sua unica location italiana) cento fotografie scattate tra il 1991 e il 2019 nei siti archeologici che furono la culla della civiltà dell’Occidente, assiepati tutti attorno alle sponde del Mediterraneo. Radici, evidenza della storia, enigma della bellezza il titolo, a nostro avviso troppo arzigogolato, della rassegna (fino al 16 maggio, dal lunedì al venerdì, 9,30-19,30, catalogo Contrasto che organizza la mostra insieme con Zétema Progetto Cultura e la collaborazione dell’Accademia di Francia e del Centro Ceco). Ma la suggestione dei bianco e nero nella carrellata di vestigia – dalla Siria all’Egitto, dalla Grecia alla Turchia, all’Italia, alla Giordania e fino al Portogallo, alla Croazia, alla Libia e a tutti i Paesi lambiti dal Mare Nostrum – la suggestione, dicevamo, è grande. I resti di templi, di domus, di anfiteatri, di città antiche si srotolano da prospettive inaspettate, spesso quasi rasoterra (“Selinunte, Sicilia”), come se anche chi guarda fosse stato annientato dai secoli e aspettasse, chissà?, una anastilosi, una resurrezione. C’è forse in questa attesa l’idea di futuro che Koudelka evoca quando scrive «le rovine non sono il passato, sono il futuro che ci invita all’attenzione e a godere del presente». Un ottimismo, una sorta di carpe diem che tuttavia tradisce il vissuto doloroso dell’esule ceco, la sua riflessione sugli inganni della Storia, che appunto le sue immagini di Bellezza e Sfacelo rendono evidenti.

Come non pensarlo davanti a “Colosseo”, del 2015, dove l’obiettivo non ha colto la trionfalistica sequenza di arcate su tre ordini di travertino, ma il reticolo dei sotterranei che l’assenza del plateau rendono evidenti, come carie dei denti. In quelle fosse c’erano belve, schiavi, condannati a morte. In “Amman, Giordania” una mano gigantesca e marmorea “ghermisce” le pietre del basolato, sullo sfondo di desolate colonne. Cancellazione, fine, assenza: le inquadrature sono tutte prive di figure umane, se si eccettua qualche piccola sagoma nera ai margini dell’inquadratura (“Tempio di Poseidon, Grecia”). Deserto il Foro di Pompei, la città della devastazione improvvisa. Deserto l’incrocio di strade a Palmira – uno scorcio che non vedremo mai più nella città della fiera regina siriana Zenobia ribelle all’Impero romano perché la furia dell’Isis l’ha distrutta sei anni fa.

Oltre che sulle pareti, qualche foto è installata su tavoli-vetrina. La visione alterna così un supporto verticale a uno orizzontale, in questo caso più ravvicinato. Il faccia a faccia con gli scatti di Kouldelka acuisce gli input di una memoria collettiva in cui sono scomparsi i colori e il sole si intuisce a seconda che i grigi del cielo siano più o meno intensi, da alba o da tramonto. La Storia è già la tragedia presente.

Per le immagini (“Afrodisia” e “Colosseo”) © Josef Koudelka/ Magnum Photos

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