Giuliana Bonanni
Finestra sul mondo

Brexit della cultura

Brexit sta mettendo in ginocchio la cultura inglese più del Covid: gli accordi sottoscritti da Boris Johnson impongono agli artisti lunghe trafile (e costi vertiginosi) per ottenere i visti di ingresso nella Ue. E così a Londra è scoppiata la guerra... Guidata da Elton John

«Hanno combinato un casino». La sintesi, poco poetica ma molto efficace, è di Elton John che le canta chiare al governo inglese e ai negoziatori della Brexit che hanno reso ad attori, musicisti, cantanti e performer e alle loro troupe, praticamente impossibile esibirsi nella maggior parte dei 27 paesi UE, Italia compresa. Gli artisti inglesi che vogliono lavorare nel resto dell’Europa, infatti, devono affrontare spese e lunghe pratiche burocratiche per ottenere visti e permessi resi necessari dagli accordi sottoscritti con Bruxelles.

«Chi ha negoziato per la Brexit o non tiene in nessun conto i musicisti, o non ci ha pensato oppure non è stato all’altezza del proprio ruolo» incalza il cantante icona della musica inglese. «Non parlo tanto per me che ho la forza economica per affrontare spese e complicazioni burocratiche ma per tutti quegli artisti che hanno bisogno di potersi muovere liberamente per lavorare anche all’estero, soprattutto i giovani esordienti».

A fargli eco una lettera aperta di Equity, il sindacato degli attori e dei lavoratori dello spettacolo pubblicata dal Guardian e ripresa dai principali media d’oltremanica (https://news.sky.com/story/star-actors-join-calls-for-government-to-resolve-post-brexit-visa-issue-for-performers-12219653?dcmp=snt-sf-twitter). Firmata dalle star del teatro e del cinema, fra cui Sir Ian McKellen, Julie Walters e Patrick Stewart, indirizzata direttamente a Boris Johnson, la lettera “implora” il primo ministro perché intervenga a sostegno degli artisti già resi “disperati” dall’emergenza Covid. Fino ad ora le risposte arrivate dalla politica e dal governo sono state inconcludenti. Noi abbiamo le mani legate – dicono i politici – ribaltando il problema sulla scarsa elasticità dei singoli paesi UE e di Bruxelles nei confronti della Gran Bretagna e dei suoi artisti. Spetta al governo inglese mostrarsi meno “intransigente” nel trattare una materia così delicata con il resto dell’Europa – ribattono gli artisti. «Prima potevamo fare i nostri tour nel continente senza bisogno di visto –scrivono gli attori –adesso siamo obbligati a pagare centinaia di sterline, a riempire moduli su moduli e aspettare settimane per l’approvazione». Il risultato? Molti paesi europei nelle loro offerte di lavoro escludono gli artisti che non hanno un passaporto UE o sono gli stessi artisti inglesi a rinunciare alle loro esibizioni all’estero perché gravate da “insormontabili ostacoli”.

Il famoso pianista Joseph Middleton ha raccontato al Guardian (https://www.theguardian.com/music/2021/feb/12/brexit-is-destroying-music-why-has-the-government-let-this-happen): «Il mio agente mi ha spiegato che un concerto in Spagna, per il quale mi ero impegnato due anni fa, oggi mi costa oltre 600 sterline in burocrazia per ottenere il visto e gli altri permessi di lavoro». Il tutto per un’esibizione e un soggiorno di 24 ore. Se dalla Spagna dovesse spostarsi per suonare in un’altra nazione, per un artista come Middleton ci sarebbe una nuova ed identica trafila. Insomma quello che non ha fatto il Covid lo sta facendo la Brexit. «È sconvolgente pensare che negli accordi non possano essere previste clausole che tengano conto della natura particolare del lavoro di noi musicisti – dice il pianista – eppure il nostro contributo all’economia inglese nel 2019 è stato di 5.8 miliardi di sterline, parte dei 111 miliardi prodotti dall’industria dell’arte e spettacolo». L’export di arte e spettacolo – afferma Paul Fleming, segretario generale di Equity – rappresenta per l’economia e per il prestigio inglese molto più delle attività della City. L’Inghilterra, che ha prodotto i Beatles, i Rolling Stones, Elton John e i Queen, ha esportato cultura e spettacolo in tutto il mondo, rischia ora di perdere il proprio patrimonio creativo e le speranze di successo dei suoi giovani talenti.

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