Luca Fortis
Dalla Costiera Amalfitana

Modello Praiano

Digitalizzazione del patrimonio storico, percorsi della ceramica, recupero delle antiche residenze, creazione di progetti partecipati: parla Roberto Pontecorvo, animatore di una piccola rivoluzione culturale

Praiano è uno dei paesi più magici della Costiera Amalfitana, uno di quelli che ha saputo conservare un’atmosfera antica. Forse il fatto che le case siano sparpagliate tra gli orti e i giardini, che vi siano solo due grandi piazze e che le case si arrampichino ripidamente dal mare, ai margini del Parco dei Monti Lattari, ha impedito che il turismo di massa finisse per modificare luoghi così magici. In alcune vie, come via Masa, sembra di tornare indietro di secoli. Le case non sono così dissimili da quelle romane, greche, arabe o medioevali mediterranee. Qui, negli ultimi anni, la società civile ha lanciato uno dei progetti più innovativi della Campania. Ne parliamo con Roberto Pontecorvo, leader civico, che oggi lavora per la Scabec, Società Campana per i Beni Culturali, una S.p.a. direttamente collegata alla regione Campania. Nello specifico si occupa della digitalizzazione del patrimonio artistico e culturale. Pontecorvo nel 2017 ha partecipato al debutto della Fondazione Obama a Chicago, quando la Fondazione reclutò 500 giovani leader civici innovatori di tutto il mondo perché si riunissero, scambiassero idee ed esplorassero soluzioni creative a problemi comuni. Pontercorvo fu inviato perché tra i fondatori di Agenda Praiano.

Mi parli di Praiano Agenda Comune?   

Agenda Comune è il modello di governance che sottostà al modo di lavorare dell’Associazione Agenda Praiano e che si sta utilizzando anche a Roma con l’Associazione Agenda Tevere. L’idea è quella di applicare il modello di funzionamento dei venture capital alle associazioni che desiderano realizzare un progetto. È un modello di empowerment sociale, fornisce degli strumenti di lavoro, competenze e fondi a quei gruppi di cittadini che altrimenti non riuscirebbero a realizzare quei progetti che desiderano portare avanti. Il modello è stato teorizzato dal giornalista Claudio Gatti e dal professore Luigi Zingales della Economic Booth School di Chicago. 

Mi parli del progetto Praiano NaturArte e di come è nato?

Il Progetto Praiano NaturArte nasce nel 2013, quando si costituisce l’associazione Agenda Praiano. L’intuizione è sempre del giornalista Claudio Gatti, all’epoca corrispondente dagli USA per il Sole24Ore. L’idea era quella di lavorare sull’identità storica del borgo di Praiano e realizzare un Museo-Giardino della Ceramica che la valorizzasse. 

Come sono stati i rapporti con le istituzioni? 

I rapporti con le istituzioni sono sempre stati costanti, ma non sempre lineari. Nel nostro modo di lavorare abbiamo deciso di cambiare il paradigma classico, ovvero non andando al Comune a chiedere fondi per realizzare un progetto, ma piuttosto, una volta raccolti i primi fondi e scritto il progetto, l’abbiamo presentato al Comune e insieme abbiamo partecipato a dei bandi per ottenere ulteriori finanziamenti, soldi che normalmente sono destinati solo ai Comuni. La prima volta che abbiamo provato non siamo entrati in graduatoria per mancanza di un documento che avrebbe dovuto consegnare il comune. La seconda volta, invece, ci siamo assicurati che nell’insieme della documentazione non mancasse nulla. Così nel 2015 abbiamo vinto un bando Por-Fesr della Regione Campania e ci è stato assegnato un importo di 250 mila euro che ci ha permesso di realizzare la prima fase del progetto. 

Lavorare con le amministrazioni comunali non è sempre facile perché, mentre la progettazione dell’Associazione è costante e ha bene a mente gli obbiettivi a lungo termine, la politica viaggia su tempistiche ed esigenze diverse. Difficilmente un’amministrazione può permettersi di darsi degli obiettivi a 7 anni come invece può permettersi un’associazione. 

Inoltre, si è raggiunto un grado di complessità nella progettazione che non è sempre facile comunicare in tutti i suoi passaggi, sia alla collettività e sia alla politica. Bisognerebbe essere sempre parte di un processo per capirlo a fondo e valutare l’operato con la giusta maturità. Il nostro progetto dimostra però che si può lavorare bene con la pubblica amministrazione e che se non ci si arrende alle prime difficoltà, si può costruire un percorso vincente e replicabile. 

Perché è un progetto partecipativo?

È un progetto partecipativo perché vi hanno lavorato tutti i singoli cittadini e tutte le categorie professionali di Praiano. Oltre a essere un processo di “bottom up”, vi è stata anche una spinta esterna e dall’alto, di tipo “top-down”. Insieme, queste due energie contrapposte hanno trovato la sintesi in un processo misto che ha rappresentato la giusta chiave affinché Praiano NaturArte riuscisse bene, anche grazie alle professionalità esterne che mancavano sul territorio. Tutto questo ha permesso che il processo partecipativo innescato continuasse, soprattutto grazie alla comunità locale che sente proprio questo progetto.

Come avete selezionato gli artisti?

Gli artisti sono stati selezionati in maniera particolare. È pur vero che nel team vi era un direttore artistico, il quale è stato il responsabile finale. Ma è anche vero che gli artisti della ceramica che hanno partecipato, rappresentano una generazione che si conosce, lavora insieme ed è riconosciuta a livello nazionale. È stata una scelta facile e lineare. Questa ha dato il giusto valore e tributo a un gruppo di artisti che negli ultimi 30 anni hanno fatto fare dei passi in avanti alla Ceramica di Vietri e della Campania. Ogni artista ha lavorato su un itinerario. Hanno partecipato al progetto Francesco Mangieri, detto Mao, Sandro Mautone, Patrizia Marchi, Enzo Caruso, Lucio Liguori, Ferdinando Vassallo, Fausto Lubelli e Paolo Sandulli.

Il turismo internazionale viene da più di un secolo in costiera. Tantissimi artisti e intellettuali hanno soggiornato in questo territorio. Che tracce hanno lasciato nella cultura locale?

Rispetto agli artisti internazionali che da più di un secolo viaggiano in Costiera, la testimonianza più importante che mi sento di raccontare è proprio quella dei ceramisti del periodo cosiddetto “tedesco”. Parliamo della metà degli anni Trenta del Novecento, quando un gruppo di imprenditori e artisti in fuga dalle prime avvisaglie naziste scappano dal Centro e Nord Europa e trovano rifugio in Costiera. Pensiamo a Max Melamerson e la moglie Flora Haag che creano l’I.C.S (Industria Ceramica Salernitana) o agli artisti Richard Dolker, Irene Kowaliska, Gunther Studemann e Barbara Margarete Thewalt e Monica Hannash. Loro hanno creato la ceramica vietrese come noi la conosciamo oggi e hanno aperto la strada ai primi grandi ceramisti originari di Vietri tra i quali Guido Gambone, i fratelli Procida, Giovannino Carrano e altri ancora. 

Mi parli della Casa degli Angeli?

La Casa degli Angeli è una casa antica e molto bella di Praiano in cui si è consumata una pagina molto buia della giustizia italiana nel 1970. All’epoca vi vivevano Carolyn Lobravico e William Berger. Una coppia di attori già conosciuti a livello internazionale. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1970 un blitz di carabinieri e polizia fece arrestare la coppia e tutti i loro invitati con cui stavano cenando e passando l’estate in Costiera. Con la sola prova di 0,9 grammi di marijuana, furono tutti arrestati: le donne furono portate nel manicomio criminale di Pozzuoli e gli uomini in quello maschile. Dopo tre mesi di detenzione l’attrice muore perché non le vengono garantite le cure necessarie contro l’epatite virale da cui era affetta. William ebbe il permesso di vederla un’unica volta, poco prima che morisse, quando lei era già in coma sul letto del Cardarelli dove era stata portata d’urgenza in seguito all’aggravarsi della malattia. William sarà poi scagionato dopo sette mesi di prigionia per mancanza di prove. 

Che vuol dire essere un giovane del Sud oggi? 

Essere del Sud per un giovane significa essere orgogliosi di essere parte di una cultura molto antica. Una cultura che ha delle proprie radici e un proprio trascorso. Che merita di seguire il suo processo evolutivo senza doverlo per forza copiare da altri. Essere meridionale significa essere consapevoli di questa storia, conoscerla, approfondirla e se il caso ricostruirla. Essere giovane nel Meridione è una sfida, soprattutto per chi ha vissuto all’estero e ha deciso di tornare, con la voglia di non abbandonare la terra in cui si è cresciuti e lavorare per la sua tutela e valorizzazione

Quali sono le tradizioni praianesi a cui sei più attaccato?

Sono molto legato ad alcune tradizioni popolari della mia terra come la pesca al totano e l’agricoltura. Ancora oggi quasi tutti i giovani del luogo sanno pescare utilizzando le antiche tecniche che ci hanno tramandato e sanno coltivarsi quanto necessario per la sussistenza del proprio nucleo familiare. È un modo per mangiare in maniera sana e prendersi cura di un territorio difficile, ma che necessita di molta attenzione. 

Quali sono invece le novità della contemporaneità in costiera amalfitana che ritieni più interessanti?

Oggi in Costiera si sta riscoprendo una nuova forma di attivismo, più strutturato, che guarda di più alla progettazione e non si limita ad azioni di pressione nei confronti delle amministrazioni. Purtroppo da un punto di vista artistico culturale la situazione è meno florida. Ci sono poche azioni sporadiche che però mantengono viva l’attenzione sull’importanza della cultura, non solamente come servizio turistico, ma anche e soprattutto come valore importante di crescita di una comunità. Reputo che tanto l’arte della ceramica, quanto la “moda Positano”, necessitino di un nuovo periodo di ricerca e aperture a influenze esterne. È da molto tempo che la produzione, seppur molto florida e redditizia, è però ferma da un punto di vista di originalità e differenziazione. 

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