Anna Camaiti Hostert
Cartolina dagli Usa

I nuovi fascisti

L'attacco golpista al Parlamento è l'atto finale di un percorso politico sovversivo e violento che ha un nome e un cognome: Donald Trump. Un pugno di fascisti tiene in ostaggio non solo l'America, ma tutto il mondo democratico

Mentre sto scrivendo, ascolto allibita e addolorata la CNN parlare dei seguaci di Trump che a Washington stanno occupando Capitol Hill sede del Parlamento. Convocati oggi stesso dall’ormai ex presidente degli Stati Uniti sono stati incoraggiati, dall’uomo che ancora non ha accettato la sconfitta, a manifestare il loro dissenso nei confronti del risultato elettorale in quella sede. Sono in molti, armati, salgono le scale, occupano l’entrata dell’edificio storico, spaccano i vetri, distruggono quello che si trovano di fronte e cercano di entrare nelle stanze dove si in questo momento si sta svolgendo, a camere riunite, il processo che sancisce la proclamazione ufficiale del nuovo presidente Joe Biden e della sua vicepresidente Kamala Harris. Un rito formale che ribadisce il risultato elettorale attraverso l’approvazione da parte del Parlamento dei voti dei grandi elettori. Ciò sancisce il passaggio dai poteri di un presidente a quelli del suo successore. Un processo che non ha mai, in più di due secoli e mezzo, presentato alcun problema. Oggi tuttavia un manipolo di senatori repubblicani, mostrando una riluttanza inusitata nei confronti di un meccanismo democratico ormai consolidato, ha cominciato a contestare sul piano formale questo passaggio.  Anche se sarà inevitabile la proclamazione di Joe Biden e di Kamala Harris rispettivamente come presidente e vicepresidente degli Stati Uniti. Cosa che dovrebbe avvenire entro domani seppure il processo verrà allungato da questa inutile diatriba.

Nel bel mezzo di questo dibattito, insolito e diverso, alternato a tratti dal racconto delle elezioni della Georgia che di nuovo danno la vittoria ai due candidati democratici, ribaltando anche in Senato la situazione, c’è stata l’interruzione di questa rivolta. La sindaca di Washington ha proclamato il coprifuoco dalle ore 18 in poi. I manifestanti brandendo le loro bandiere con il nome di Trump sono entrati perfino nell’ufficio di Nancy Pelosi, portavoce democratica alla House of Representatives e hanno lasciato un messaggio minaccioso sulla sua scrivania “Noi non ce andremo”, mentre uno dei partecipanti a questa farsa pericolosa si è fatto un selfie strafottente con i piedi sulla sua scrivania.

Non ho mai visto una cosa del genere nei miei oltre 30 anni di consuetudine con questo paese. Uno spettacolo davvero increscioso.  E neanche i giornalisti più esperti della CNN da Jake Tapper a Wolf Blitzer, da Dana Bash a Gloria Borger riescono a trovare le parole per esprimere il loro sconcerto. E parlano di sedizione, di rivolta, di minaccia per la democrazia americana. E in effetti è un’immagine da colpo di stato da repubblica delle banane”. “Non sono scene americane” commenta Davide Axelrod, ex stratega del presidente Obama dagli studi della CNN.

Le successive poche frasi accorate di Joe Biden irrompono sullo schermo, mentre la sua espressione fortemente corrucciata parla da sola. Nei pochi minuti del suo intervento chiede di ripristinare valori come onore, decenza, rispetto, tolleranza, togetherness e bene comune, che connotano un paese come gli Stati Uniti. Un’azione che lascerà conseguenze profonde. Infine chiede a Trump di intervenire per fermare questa follia. Step up chiede Biden all’ormai ex presidente degli Stati Uniti. E Trump interviene, ma non nel modo in cui ci si sarebbe aspettati, ammettendo cioè la sconfitta, unica affermazione che avrebbe definitivamente placato gli animi; ha continuato a parlare di truffa elettorale, semplicemente chiedendo ai suoi sostenitori, che ha chiamato persone speciali e a lui molto care, di tornare a casa, e, visto che sono il partito di Law & Order, di obbedire alle forze dell’ordine che peraltro, almeno inizialmente, non sono state molto incisive. Hanno permesso ai manifestanti di entrare nell’edificio senza opporre una forte resistenza, in quanto, come hanno detto, non solo erano troppo pochi, ma loro obiettivo prioritario era quello di mettere al sicuro deputati e senatori.

Quando con l’altro autore Enzo Antonio Cicchino, abbiamo scritto il libro Trump e moschetto più come una provocazione che come un vero e proprio paragone tra Trump e Mussolini, tra le loro retoriche e i loro sistemi di comunicazione che fanno passare da una democrazia a un regime illiberale, pur avendo intuito alcune delle tentazioni trumpiane, non mi sarei mai immaginata che sarebbe successa una cosa del genere.

Il vedere questa gente che, senza mascherina, senza distanziamento sociale in grandi assembramenti e con arroganza si appropria delle strade e delle massime istituzioni della più grande democrazia del mondo, mi ha fatto pensare che questa è davvero l’immagine dei fascisti contemporanei. Non hanno bisogno del manganello e della camicia nera, perché la loro violenza si esercita attraverso il loro impedirmi di scendere liberamente in strada non solo per paura di un virus che impone certe regole basilari che vengono da loro disattese, ma anche attraverso il loro calpestare le istituzioni democratiche. E questo mi ha addolorato molto e mi ha fatto pensare che contano proprio su questo. Di conseguenza certamente non starò semplicemente a guardare senza fare niente. 

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