Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

I fori riunificati

Conclusi gli scavi del primo tratto della Via Alessandrina. Ora, con la “spianata” del Foro di Traiano, costruito per celebrare la vittoria sui Daci, si ricompone un’altra sezione del “mosaico delle antichità” nel cuore della Roma imperiale

Un grande catino, una gigantesca piazza di quasi duemila anni fa. Appare così adesso la “spianata” del Foro di Traiano, all’ombra dei Mercati Traianei, maestosi nel rosso dei mattoni e armoniosi nel loggiato. Sì, perché da una manciata di settimane si sono conclusi gli scavi del primo tratto della Via Alessandrina, che di fatto tagliava in due il Foro di Traiano, annunciato dall’agile colonna istoriata con le imprese dell’imperatore alla conquista della Dacia. Si è eliminata insomma una superfetazione nata nel XVI secolo, la strada che traversava il quartiere Alessandrino, chiese e case costruite a partire dal medioevo sulle vestigia antico-romane. Un borgo poi spazzato via dall’urbanistica fascista, allorché il Duce volle la altisonante via dell’Impero, oggi via dei Fori Imperiali. Lo scavo è stato curato da Roma Capitale, assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza capitolina su concessione del Mibact. Ed è stato possibile con il milione di euro messo a disposizione dalla Repubblica dell’Arzebaijan, territorio a ridosso del mar Caspio conquistato dai Romani dopo la morte di Alessandro Magno e controllato dall’Impero – nel primo secolo dopo Cristo l’esercito di Domiziano lasciò iscrizioni sulle rocce del Gobustan – fino al 387.

Il cantiere di scavo ha rimosso il tratto settentrionale, lungo circa sessanta metri, della via Alessandrina: collegava l’attuale piazza del Foro di Traiano a largo Corrado Ricci, allo snodo con via Cavour e sullo sfondo della Casa dei Cavalieri di Rodi, con la loggia e le aggraziate bianche finestre medievali. La strada, serrata tra le rovine antiche, era l’asse principale del quartiere Alessandrino, voluto alla fine del Cinquecento da Michele Bonelli, il cardinal nepote di papa Pio V Ghislieri. Il porporato era nato nel 1541 in Piemonte, ad Alessandria appunto, e per questo il borgo – da lui risanato anche con la riattivazione della Cloaca Massima che eliminò l’impaludamento – portò quell’appellativo. Ma la completa demolizione degli edifici effettuata tra il 1924 e il 1932 per l’apertura di via dell’Impero tolse significato e funzione alla via Alessandrina: ormai non era più passeggiata e arteria di collegamento perché le abitazioni costruite lungo il suo asse non esistevano più. Il tracciato superstite, oltretutto, attraversando i Fori di Augusto, di Nerva e di Traiano, tutti a sinistra di via dei Fori Imperiali venendo da piazza Venezia, rendeva difficile la comprensione dei resti degli antichi complessi architettonici, a partire dalla maestosa Basilica Ulpia, addossata alla Colonna Traiana a sua volta chiusa in un rettangolo di costruzioni imperiali. È vero, della basilica dedicata all’imperatore Marcus Ulpius Traianus ora non vediamo che i fusti di colonne della navata centrale, rialzati negli anni Trenta. Ma appunto l’eliminazione di via Alessandrina permette ora di spaziare lo sguardo in tutti e tre i Fori, contigui pur nel salto cronologico tra Augusto e Nerva-Traiano, gli ultimi due susseguitisi senza soluzione di continuità, dal 96 al 117 dopo Cristo.

Un intervento, lo scavo di via Alessandrina, deciso nel 2014 e cominciato nel 2018, senza che il lockdown abbia fermato il cantiere, diretto dagli archeologi della Sovrintendenza capitolina. Il risultato visivo e fisico? Ripercorrendo quei sessanta metri possiamo osservareuna nuova porzione della piazza del Foro di Traiano oltre ai resti delle abitazioni del quartiere medievale, le cui fondazioni poggiavano direttamente sulla piazza del medesimo Foro, ormai privato della sua pavimentazione originaria a lastre in marmo bianco, di cui restano però bene evidenti le impronte sulla malta di preparazione. Si ricompone così un’altra sezione del “mosaico delle antichità” nel cuore della Roma imperiale, come lo ha definito Claudio Parisi Presicce, direttore dei musei archeologici e artistici di Roma Capitale. E infatti, oltre a rialzare alcuni resti del complesso urbanistico ideato da Apollodoro di Damasco, si sta progettando una passerella che consenta di attraversare le aree dei diversi Fori che la via dell’Impero ha da quasi un secolo separato.

Lo scavo ha anche restituito preziosi reperti scultorei. Ecco una testa di Dioniso – chioma riccioluta lunga sul collo – rinvenuta il 24 maggio 2019: era stata riutilizzata intenzionalmente in un muro tardomedievale come materiale costruzione. Ed ecco un’altra testa che raffigura probabilmente l’imperatore Augusto in età giovanile, ritrovata il 27 settembre 2019. La vittoria sui Daci celebrata appunto dalla costruzione del Foro viene reificata dal ritrovamento di sessanta frammenti del fregio d’armi che rappresentano le spoglie belliche dei popoli vinti e quelle dei vincitori, tutte deposte a simboleggiare la raggiunta pax romana. Decoravano i pannelli marmorei fiancheggiati da statue di guerrieri daci posti a coronamento del fronte della Basilica Ulpia e, forse, dei portici della piazza del Foro di Traiano. Inoltre, a fine scavi, è stato allestito un frammento di fregio storico (I-II secolo dopo Cristo) che conserva rappresentazioni figurate a rilievo sulle due facce opposte: prezioso anche nel materiale, il candido marmo di Luni, famoso per la sua grana fine. Oggetti tutti ora in fase di restauro e studio e poi esposti nel museo dei Mercati di Traiano, con ingresso da via IV Novembre. Dalle sue terrazze si potrà godere dall’alto – quando finalmente i musei torneranno in fascia bianca – del colpo d’occhio dei fori imperiali riunificati.

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