Paola Benadusi Marzocca
Due libri per il Giorno della Memoria

Anna e Sami per non smettere di ricordare

“Quando Hitler rubò il coniglio rosa”, romanzo autobiografico di Judith Kerr, scampata in tempo al nazismo ma non per questo meno disposta a rendere testimonianza. In “Tana libera tutti” Walter Veltroni racconta la storia del “bambino che tornò da Auschwitz”

Cosa significa per una bambina un coniglio rosa di pezza? Molto, perché è stato il suo talismano, l’amico fedele che scaccia orchi e streghe prima di addormentarsi, che l’accompagna nei sogni. Anna, la bambina protagonista dell’intenso e avvincente romanzo autobiografico della scrittrice tedesca di origine ebraica Judith Kerr, Quando Hitler rubò il coniglio rosa, illustrato con gli scarni ed evocativi disegni dall’autrice stessa (Rizzoli Bur, trad. Maria Buitoni Duca, 285 pagine, 13,90 euro), si rammarica di averlo lasciato nella casa di Berlino che con l’ascesa al potere di Hitler viene saccheggiata e confiscata. Era stato uno sbaglio terribile lasciarlo a casa anche se era un po’ ammaccato. Chissà, si chiede Anna con le lacrime agli occhi forse Hitler lo sta “coccolando”. 

Attraverso le vicende di Anna, Judith Kerr racconta il suo lungo viaggio, la sua fuga attraverso l’Europa per trovare un posto sicuro dove vivere. Lei con la sua famiglia è in salvo. Il padre, giornalista e scrittore famoso, ha previsto l’ascesa dei nazisti dopo l’incendio doloso che aveva distrutto il Reichstag, sede del Parlamento tedesco, attribuito falsamente ai socialisti, e insieme alla moglie ha organizzato la fuga in Svizzera con i due figli prima delle elezioni. Ai bambini che chiedono spiegazioni di questa partenza precipitosa il papà spiega che ai «nazisti non piacciono quelli che la pensano in modo diverso da loro». Giorno dopo giorno a Zurigo dove si sono rifugiati, Anna comprende che sono proprio gli ebrei che i nazisti odiano e chiamano nemici della Germania. Comincia a porsi domande a cui non c’è una risposta logica, lei ha gli occhi verdi, suo fratello Max è biondo come la mamma, perché i nazi rappresentano gli ebrei nei manifesti con il naso adunco e lo sguardo cattivo?

Crescendo la bambina si rende conto che la vita è una questione complicata, niente è scontato e l’impatto con la realtà può essere violento, per niente rassicurante. Il suo desiderio segreto è quello di diventare una scrittrice famosa, ma lei ha già un papà molto conosciuto e riflette che è quasi impossibile che due persone della stessa famiglia diventino famose. Poi ha letto che molti grandi personaggi del passato avevano avuto un’infanzia infelice e questo non è il caso suo. Ha una famiglia che la protegge e che l’ama, ma ovunque nei Paesi che attraversano stanno accadendo cose terribili e Anna lo percepisce e ne soffre. Sente di essere innocente testimone di un’immane tragedia e se anche la sua avventurosa odissea ha poi un lieto fine, non dimentica che ci sono uomini che «urlano la morte», ma accanto loro tanti altri che dinanzi al mistero impenetrabile della vita rimangono fedeli ai valori indiscussi dell’umanità.

Un altro libro ispirato a fatti realmente avvenuti è Tana libera tutti – Il bambino che tornò da Auschwitz di Walter Veltroni (Feltrinelli UP, 155 pagine, 13 euro) che racconta la storia di Sami Modiano, l’unico della sua famiglia a tornare dal terribile campo di concentramento. Un sopravissuto al capillare, spietato sterminio di milioni di ebrei. Sami si chiede perché proprio lui è stato risparmiato. Una risposta impossibile da dare, ma alla fine sarà chiara come un cielo sereno, un imperativo categorico: «sono sopravvissuto per testimoniare».

Nato nel 1930 nell’isola di Rodi che all’epoca era una colonia italiana, Sami passa un’infanzia felice nella splendida isola del mar Egeo che veniva chiamata la “città delle rose” per l’aria sempre profumata. «Sembrava che tutti ci volessimo bene, che ogni casa fosse aperta per ospitare chiunque». A otto anni parla già quattro lingue, il ladino, lo spagnolo, il greco e l’italiano. Ma quando Mussolini approva nel 1938 le leggi razziali, quando il regime divulga il famigerato “Manifesto della Razza”, il suo maestro da un giorno all’altro lo caccia da scuola. «Il bambino con i calzoni corti, bravo a scuola, che veniva espulso davanti a tutti come un cane rognoso». Samuel non capisce, ha paura, si sente emarginato, all’improvviso è diventato “un rifiuto”. La situazione di giorno in giorno diventa sempre più difficile, la sua adolescenza «cominciava a essere coperta da ombre pesanti». Nell’estate del 1944 i nazisti arrivano a Rodi, è l’inizio della tragedia; «non sanno parlare, sanno solo gridare» e portano via tutti gli ebrei rimasti. 

Raccontare la storia, ciò che realmente accadde negli aspetti più crudeli, mostruosi è estremamente difficile, viene voglia di chiudere gli occhi e pensare ad altro, ma occorre farlo ovunque nelle piazze, in famiglia, nelle scuola. Intere famiglie con donne, bambini, anziani furono deportati nei campi di concentramento dai tedeschi e pochi fecero ritorno. La testimonianza di Sami invita a ricordare che il giorno della memoria è sempre attuale, non va mai dimenticato. Più che mai in questo periodo contraddittorio e complesso per l’attualità dell’antisemitismo, nascosto, velato, strisciante; pronto a rigenerarsi come un fungo malefico dall’ignoranza e dalla barbarie.

Facebooktwitterlinkedin