Raoul Precht
Una “delusione” natalizia

Un regalo di Natale

«Già vedeva la delusione sul suo viso: primatista di salto in lungo alla fine degli anni Settanta, si era votata anima e corpo alla costruzione scientifica di un campione del mezzo fondo. Quel campione che lui, a questo punto, non sarebbe diventato mai...»

Per cominciare dalle buone notizie: nell’articolazione delle due anche, la testa del femore presenta un arrotondamento corretto; la cartilagine è ben conservata e non si ravvisa alcuna variazione liquida a livello subcondrale (qualunque cosa sia, pensò), né un aumento significativo del liquido articolare. I tessuti molli periarticolari sono regolari. Il tendine del ginocchio non palesa cambiamenti di segnale. Organi intrapelvici adeguati all’età (vent’anni). Nessuna traccia di ascite o di linfonodi ingrossati, parailari o inguinali.

Tutto a posto, dunque? Così sembrerebbe. Il paziente tiri pure un sospiro di sollievo, se vuole, prima di accorgersi che il referto continua, dopo un lungo spazio vuoto, a pagina due – la formattazione scelta dai laboratori medici è sempre misteriosa. Qui legge, il paziente, di vistose alterazioni striate del segnale di tipo edematoso, di una zona cistoide ovale del diametro di una decina di millimetri nonché di altre alterazioni sparse del segnale negli adduttori. La valutazione finale non lascia adito a dubbi: il soggetto soffre di un’osteite pubica su entrambi i lati e di un edema muscolare allungato all’interno del muscolo otturatorio esterno sui lati sinistro e destro nonché del muscolo adduttore breve sul solo lato destro.

In parole povere gli è fortemente sconsigliato di riprendere l’attività agonistica. Oggi e in futuro.

La lettera era arrivata al mattino, e siccome in casa era sempre lui a ritirare la posta, aveva potuto nasconderla con una certa facilità. Ma adesso? Cosa doveva fare? Questo, dopo cena, rischiava di essere il suo regalo di Natale, il più eclatante, quello che agli occhi di sua madre avrebbe fatto impallidire tutti gli altri. Già vedeva la delusione sul suo viso: primatista di salto in lungo alla fine degli anni Settanta, si era votata anima e corpo alla costruzione scientifica di un campione del mezzo fondo. Quel campione che lui, a questo punto, non sarebbe diventato mai.

Lei se ne stava in cucina ad affettare e spezzettare verdure, come in un film americano, e rigorosamente con la porta chiusa, nel rigoroso rispetto di anni di tradizione familiare. Bisognava evitare di spargere l’odore della frittura in tutta la casa, certo, ma anche impedire a lui, fin dall’infanzia abile ladruncolo, di sottrarre un carciofo o uno spicchio di mela dal piatto dei fritti pronti e in fase di raffreddamento. Il suo unico compito, già eseguito, era di mettere in fresco il vino bianco che avrebbe accompagnato i piatti di pesce, l’anguilla, il capitone arrosto, le alici marinate. Il resto, a casa loro come nella maggior parte degli appartamenti del palazzo – almeno a giudicare dagli olezzi che avevano invaso la chiostrina –, era appunto il trionfo delle madri e del loro fritto di verdure.

No, non glielo avrebbe detto subito, ma il mattino dopo, santificando il Natale. O magari, se proprio non se la fosse sentita, dopo qualche altro giorno, a festa passata e santo gabbato. Ma più la tirava per le lunghe, più rischiava che sua madre gli leggesse in faccia la menzogna, o almeno l’evasività.

Ripiegò il referto, lo ripose nella busta dell’ospedale e poi in un libro di chimica su cui stava studiando. Campione e studente modello: una sfida eccessiva al destino? In cuor suo, lo sapeva, sua madre avrebbe preferito che lo bocciassero a un esame e diventasse primatista nazionale degli ottocento metri, ma ora questo non sarebbe più avvenuto. Anche se fosse guarito senza postumi e strascichi, avrebbe perso mesi di preparazione atletica e altri, più giovani e in piena salute, erano già pronti a prendere il suo posto.

No, decise, aspettare non aveva senso. Recuperò la lettera dal libro e fece in modo che il sottopiatto di sua madre, quello tirato fuori per le grandi occasioni, la tenesse nascosta almeno per un po’. Poi, al momento di sparecchiare, sarebbe venuta fuori, era inevitabile – e allora avrebbero deciso, quella sera stessa, come vivere l’implacabile resa dei conti fra le loro aspirazioni.

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