Luigi Vessella
Il premio dell'Istituto Nazionale di Architettura

Arte dell’accoglienza

Il Museo degli Innocenti di Firenze, realizzato da Ipostudio nel cuore di uno degli simboli del Rinascimento, ha vinto il prestigioso premio. Si tratta di un progetto che realizza, nel rispetto delle forme originali, un inedito incontro tra passato e futuro

Giunto a quattro anni di vita, il Museo degli Innocenti a Firenze riceve un nuovo premio dall’Istituto Nazionale di Architettura (IN/ARCH). Sono numerose e celebri le opere che dagli anni Sessanta hanno ricevuto il premio. Oggi è il progetto realizzato da Ipostudio e inaugurato nel 2016, a riceverlo nella sezione “interventi di riqualificazione edilizia”. Questo premio riafferma il valore del lavoro realizzato da Ipostudio e segna l’importanza del progetto d’architettura contemporaneo sul patrimonio storico. Il progetto di Ipostudio per l’Istituto degli Innocenti non rappresenta solo un intervento di riorganizzazione dei percorsi interni e di recupero e allestimento degli spazi espositivi, ma costituisce un insegnamento e un punto di riferimento per tutti gli architetti che nel loro lavoro quotidiano si confrontano con il progetto dell’esistente.

L’incarico, vinto da Ipostudio nel 2008 a seguito di un concorso internazionale, costituisce una sfida ardua e complessa, «da far tremare i polsi a molti bravi architetti», come dice Carlo Terpolilli, architetto progettista e socio fondatore di Ipostudio. Tremare i polsi è proprio quello che può succedere a chi è chiamato a lavorare su un’opera simbolo della cultura nazionale e internazionale. Un edificio che come tanti storici affermano, segna con molta probabilità l’inizio del Rinascimento in architettura in Italia e nel mondo. Progettare si sa, è un’attività difficile e complessa, ma lo diventa ancor di più quando si ha a che fare con un capolavoro dell’architettura come l’Istituto degli Innocenti, un edificio iconico, vero e proprio paradigma dell’architettura rinascimentale. L’abilità e il talento “degli Ipostudio” come li ha definiti Adolfo Natalini, nel suo articolo sul museo pubblicato nel numero 865 di Casabella, si è espresso muovendosi tra atteggiamenti contrapposti e complementari: tra rispetto e incoscienza, tra movimento e trasformazione, tra riconoscibilità e reversibilità.

Il rispetto per la fabbrica, per la sua storia, la sua natura razionale e geometrica; l’incoscienza necessaria per inventare soluzioni architettoniche atte a risolvere le questioni di accessibilità e necessità di raccontare la storia dell’istituto; in poche parole per adeguare l’edificio all’uso contemporaneo e soddisfare le esigenze degli utenti quotidiani dell’intero edificio: i bambini, le mamme, i babbi e non solo. Movimento e trasformazione, perché i vari episodi inventati da Ipostudio possono cambiare forma, hanno un assetto variabile, si modificano a seconda delle circostanze. Riconoscibilità e reversibilità perché tutti gli interventi architettonici sono espressione di un atteggiamento contemporaneo che evita il mimetismo, e sceglie un’elegante e sobria visibilità, sempre contraddistinto da reversibilità, dalla possibilità un giorno di essere rimosso o sostituito.

Il progetto, complesso e articolato, comincia dalle due nuove porte metalliche aperte sulla piazza che, muovendosi, si dischiudono verso l’esterno per aprire il complesso alla città e accogliere i suoi abitanti. La prima porta conduce, attraverso un ampio ambiente voltato, allo spazio espositivo collocato al meno uno, luogo del racconto della lunga storia dell’Istituto e spazio per le mostre temporanee. Qui, nella Sala della Ruota, “lo schedario” dei commoventi documenti, segni di riconoscimento che i genitori lasciavano addosso ai bambini nella speranza di potere un giorno ricongiungersi a loro, è costituito da una struttura nella quale cassetti lignei, anch’essi preziosi meccanismi, si aprono uno ad uno per mostrare gli oggetti custoditi, realizzando così un vero e proprio caveau di piccoli oggetti di scarso valore artistico, ma di immenso patrimonio umano, testimone della virtù dell’accoglienza e della disponibilità.

Il percorso prosegue nella galleria della pinacoteca, sopra la loggia brunelleschiana, rinnovata nell’allestimento. I nuovi pannelli, appesi ad una struttura in acciaio agganciata al muro in modo da lasciare libero il pavimento, sono fissati come pagine di libro da sfogliare, ed espongono e mostrano capolavori di scultura e pittura, fino a condurre il visitatore nella sala del Ghirlandaio, scrigno prezioso e spazio etereo dove l’allestimento si fa silenzioso, ma dall’elegante presenza. Il percorso si conclude in cima all’edificio, nel Verone, potente loggia affacciata sulla città di Firenze, che fino al progetto di Ipostudio era inaccessibile. Lo spazio, pensato ancora una volta come un luogo per accogliere, è costituito da un pavimento galleggiante in legno di teak, un controsoffitto a cassettonato metallico, con tamponamenti trasparenti che lasciano intravedere le antiche capriate lignee, e infine una lunga parete vetrata, che si può aprire e chiudere a seconda della temperatura, e ospita il caffe letterario del Verone. Tutti gli episodi realizzati sono tenuti insieme e resi funzionanti proprio dal vestibolo, accessibile dalla seconda porta aperta sulla piazza, il quale misura tutta l’altezza dell’edificio, e costituisce una vera e propria sorpresa per il visitatore inesperto. Un’“esplosione” spaziale in senso verticale. Un ambiente netto, con significativa carica espressiva e tensione dinamica tra la struttura muraria e gli artefatti in essa aggiunti: la nuova scala in acciaio verniciata di bianco e l’ascensore che disimpegna tutti i livelli. Questo ambiente potrebbe essere forse definito il controcanto contemporaneo del seminterrato. Come questo faceva funzionare la fabbrica nella sua concezione quattrocentesca, ospitando il cuore pulsante dell’edificio, il nuovo vestibolo di accesso, fa funzionare la fabbrica, oggi nel XXI secolo, consentendo a tutti, anche i più deboli, l’accesso a tutti gli spazi, conservando però tutto il carattere, il fascino e la bellezza dell’edificio rinascimentale.

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