Anna Camaiti Hostert
Cartolina dagli Stati Uniti

Voglia di bugie

Contro ogni evidenza, una parte dell'America (quella più razzista, violenta e misogina) non vuole credere alla realtà ma cerca spasmodicamente una realtà alternativa. Quella inventata dall'ex presidente e predicata da nuovi, piccoli canali televisivi di estrema destra

Due serie televisive, tratte rispettivamente una da un romanzo di Philip Dick The Man in the High Castle (La svastica sul sole) del 1962 uscita su Amazon prime nel 2015 e durata fino al 2019, e l’altra da uno di Philip Roth The Plot Against America (Il complotto contro l’America) del 2004, andata in onda per sole sei puntate su HBO nel marzo 2020, parlano di situazioni distopiche rispetto alla realtà dei fatti. I romanzi e le rispettive serie, che hanno preso il nome dal loro titolo originale e che sono state scritte e pensate dagli autori in periodi e per motivi assai diversi, parlano di realtà alternative a quella esistente. Ambedue immaginano cosa sarebbe successo in America se al potere ci fossero quelli che hanno perso la seconda guerra mondiale: due dei tre componenti delle potenze dell’Asse, nazisti e i giapponesi, nel caso del romanzo di Dick; Charles Lindbergh, famoso aviatore americano che compì da solo il primo volo transatlantico e simpatizzante del partito di Hitler che conquista il potere e lentamente cambia il volto dell’America democratica nella serie tratta dal romanzo di Roth.

Ma, vi chiederete, perché parlare di queste due serie televisive in questo frangente? Perché legare queste narrative distopiche ed estreme al momento attuale? In un momento in cui, dopo che sono stati eletti il nuovo presidente Joe Biden e la sua vicepresidente Kamala Harris, il vecchio presidente Donald Trump si rifiuta di cedere il passo parlando di frode elettorale smentita perfino da quel DHS (Department of Homeland Security) che ha definito queste elezioni del 2020 le più sicure della storia degli Stati Uniti? Certo non per paventare una diretta presa di posizione antidemocratica di Trump rispetto al verdetto delle urne. Almeno mi auguro. Anche se l’ex presidente ha mostrato in questi anni non solo simpatie verso tutti i regimi totalitari del mondo da Putin a Kim Jong un, a Mohammad bin Salman o Erdogan, ma ha inoltre rivelato preoccupanti somiglianze caratteriali e strategiche con colui che il fascismo l’ha creato: Mussolini (con Enzo Antonio Cicchino abbiamo scritto un saggio sul tema che si intitola Trump e moschetto).

Fareed Zakaria in un editoriale del Washington Post del 13 novembre fa un paragone con la Germania alla fine della prima guerra mondiale, parlando dell’opinione diffusa da gruppi di estrema destra che affermarono che il paese stava vincendo la guerra, ma si era arreso a causa di un complotto messo in piedi per distruggerlo e ordito da comunisti ed ebrei. Zakaria evoca addirittura lo spettro di Hitler che si basò più volte, nei suoi discorsi, prima di conquistare il potere, su questa tesi per parlare di vendetta rispetto a una vittoria negata.

Il comportamento di Trump che si ostina a non mettere a disposizione del nuovo presidente le conoscenze dell’intelligence, la possibilità di poter cominciare a pianificare una strategia globale per combattere il coronavirus, due elementi essenziali alla sicurezza in questo momento, e nel non permettere quella che in una parola è stata chiamata transizione sul piano politico nazionale e internazionale, inficia pesantemente il processo democratico di un paese che non è mai stato testimone di un comportamento del genere. E rappresenta dunque un pericolo. Su questo atteggiamento pesa tuttavia l’ombra, sottolineata, oltre che da molti politologi, dall’ex presidente Obama in un’intervista domenica scorsa al programma Sixty Minutes, del partito repubblicano che non prende una posizione precisa al riguardo e non intima all’ex presidente di mollare il bastone del comando, perché questa è la prassi democratica quando si perdono le elezioni.

Questo comportamento di Trump produce inoltre tensioni e convinzioni molto pericolose che sabato hanno determinato, proprio secondo i principi di cui parla Zakaria, la discesa in piazza a Washington di migliaia di sostenitori di Trump, in massima parte di estrema destra, inclusi quei Proud Boys, suprematisti bianchi, a cui il presidente aveva chiesto, durante la campagna elettorale, di stand back and stand by cioè di tenersi pronti, provocando due morti e molti feriti. Il paese, si sa, è polarizzato, diviso, esasperato e stremato dal coronavirus che ogni giorno miete sempre più vittime. E non accenna a fermarsi.

Ma il pericolo che mi preme sottolineare al momento è, secondo me, più infido e più grave. È legato al fatto, proprio come si vede nelle serie di cui abbiamo parlato sopra, che esiste un bisogno crescente, almeno di una parte del popolo americano, di credere a una realtà alternativa, fatta di complotti che giustifichino azioni e reazioni estreme. Chi alimenta e nutre questo bisogno sono soprattutto i media televisivi di estrema destra. E questo preoccupa.

Nel programma CNN Reliable Sources di domenica scorsa, il conduttore Brian Stelter alla presenza di famosi giornalisti americani del calibro Carl Bernstein (che insieme a Bob Woodward fu responsabile dello scandalo Watergate), Sam Donaldson storico reporter di ABC e Julie Roginski ex di Foxnews, ha posto il problema del perché adesso proliferino tanti canali di estrema destra sostenitori del complottismo più bieco, quali OANN (One American News Network) o Newsmax. Quest’ultimo, durante i giorni in cui Trump ha affermato, contro l’evidenza, di avere vinto le elezioni, e di volere impugnare la situazione per ristabilire la verità, è passato da 100.000 a un 1.000.0000 di spettatori. Questi canali adesso fanno un sacco di soldi e contendono il primato a Foxnews che invece ha affermato che Trump ha perso le elezioni e deve passare le consegne. Contro il canale si sono schierati furiosi molti sostenitori di Trump, mentre gli altri continuano a parlare di una realtà che non esiste, di complotti ai danni dell’ex presidente e del fatto che è il momento di ristabilire la verità. Mentendo.

Stelter ha chiesto ai suoi interlocutori perché ci sia un aumento esponenziale degli sharing di questi canali. E tutti sono partiti dal fatto che il paese è diviso e che spetta ai repubblicani il merito di avere sostenuto e dato peso a un personaggio come Trump che in questi anni ha fatto emergere realtà alternative a quella vera e ha reso ammissibili, dando loro uno statuto di verità, le menzogne.

Tutti i partecipanti hanno inoltre convenuto che i media danno alla gente quello che si vuole sentire dire. Ma che bisogna assolutamente invertire questa tendenza. È arrivato il momento di ristabilire sul piano giornalistico un’etica professionale che si è perduta negli anni, anche se tutti hanno rilevato che i social media certo non aiutano in questo compito. C’è inoltre la necessità di dare nuova enfasi ai giornalisti locali e al giornalismo di inchiesta, alla figura di quell’investigative reporter che molti proprietari di reti tv e di giornali hanno smesso di sostenere perché troppo costosi. Il loro lavoro spesso infatti si protrae per mesi, si basa sulle fonti e costruisce giorno per giorno dei casi che non smentiscono i fatti reali e non li contraffanno. Non sarà certo la soluzione di tutti i problemi che ormai ci sono e sono destinati a rimanere, ma certamente costituirà un passo in avanti per ristabilire il ruolo della realtà dei fatti e non invece quella di una alternativa basata su costruzioni arbitrarie.

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