Giuliana Vitali
Incontro con l'artista napoletano

Visioni d’artista

Parla Alfredo Troise: «Io credo che un pittore visionario è anche un po’ mago o alchimista che trasforma tutto il quotidiano, brutto o bello che sia, in qualcosa che a seconda dei gusti classici o moderni può definirsi godibile»

La prima cosa che mi fu detta di Alfredo Troise è che aveva un disturbo, quello che viene chiamato Sindrome di Tourette – insomma, diceva parolacce e aveva tic motori –. Poi che era un pittore interessante. I dipinti e le sculture dell’artista napoletano sembrano nascere proprio quando visceralità e visionarietà trovano espressione attraverso la ricerca del linguaggio e la sua rivelazione. Troise provoca, lecca i pennelli sputando i colori sulla tela, la tocca con la fronte a occhi chiusi e la ricaccia con veloci schizzi di pittura. Fischietta inseguendo la musica nel suo piccolo laboratorio mentre col martello scolpisce in modo meticoloso il blocco di marmo.

E come nel racconto Ray dai mille tic di Oliver Sacks, forse senza tic un certo genio artistico fatto anche di improvvisazione, perderebbe la sua straordinarietà. «Mettiamo che lei riesca a eliminare i tic, disse Ray, che cosa rimarrebbe? Io sono fatto di tic: non rimarrebbe niente».

Nella tua opera “L’ineluttabilità del tempo” un orologio – i cui numeri segnati sono confusionari – viene incastonato nella pietra. In che modo influisce il ritmo, il tempo nei tuoi lavori?

Il ritmo nei miei lavori è fondamentale, vitale a tal punto che se perdo quel ritmo tarantellato mentre creo, posso perdere il contatto con la tela o il blocco di argilla. Quasi un mantra che ti anestetizza e ti manda in trance… Faccio sempre il paragone del leopardo quando punta una preda: sappiamo che il felino arriva a velocità che superano i 100 km orari, ma se in quell’arco di tempo di velocità eccessiva non riesce ad agguantare l’altro animale, perde il ritmo e la forza facendosi sfuggire la preda. Ecco, la mia modalità assomiglia alla corsa del leopardo e se in preda a quella onda ticcosa poco controllata riesco a risolvere un lavoro, il gioco è fatto. Viceversa se esco fuori dai binari su cui sto viaggiando è probabile che il risultato finale non possa essere dei migliori.

Francis Bacon dice che «Le forme le perdi più facilmente nell’oscurità». Tu cosa ne pensi?

In contrapposizione alle figure che Bacon sostiene si perdano nel buio, io invece vado a prenderle proprio da lì per riportarle alla luce. Io ho un’esigenza primordiale di andare a recuperare dal data base della mia memoria antica tutti quei drammi o traumi che da piccolo hanno potuto compromettere una vita sociale complessa, quei piccoli fantasmi che si annidano ancora in qualche angolo remoto della mente, per pulirli e riportarli in superficie dandogli nuova vita e convogliandoli sulle tele come nuova dimora dove riposare.

A proposito dei tuoi lavori, si legge in un articolo: «… Sguardi che da sempre mi tormentano, quasi come fossi io stesso un’anima del Purgatorio». È evidente il riferimento alla presenza costante dell’occhio nei tuoi quadri…

È una visione dicotomica quella dell’icona dell’occhio come sguardo indagatore, che da giudicato può tranquillamente diventare un giudice severo pronto a mozzare teste se ne è il caso. La funzione sociale di un artista, soprattutto quello del campo delle Arti visive, risulta fondamentale non solo al percorso personale ma soprattutto per quello degli uomini sempre più concentrati verso gli altri, con il dito indice puntato come un fucile o un’arma da fuoco. Gli occhi sono dei punti di domanda che pongo all’uomo e anche delle provocazioni… Ti sei guardato anche tu oggi? Credi di avere un comportamento eticamente e socialmente corretto? Al posto di chi stai giudicando cosa avresti fatto? Saresti stato capace di fare di meglio? Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra.

La musica ha ispirato molti pittori, da Leonardo a Delacroix a Kandinskij. E, al contrario, molti musicisti (pensiamo al sassofonista Steve Lacy o a Biagio Coppa) hanno composto suggestionati dall’arte figurativa. Qual è il tuo rapporto con la musica? Che esperienze hai avuto?

La musica è la locomotiva trainante delle mie creazioni. L’ottanta per cento dei miei dipinti sono musica, senza di essa sarebbe a dir poco impossibile partorire cromie e forme, ogni colore corrisponde a una nota che il cervello inconsciamente recepisce e che mette su tela. In pratica, le note non sono altro che emozioni colorate.

In un’intervista racconti dei tuoi studi sul Goya, Caravaggio, Salvator Rosa parlando dei visionari del ‘600. Cosa intendi per visionario?

Non sono del pensiero che un pittore visionario appartenga a un periodo storico preciso. Ce ne sono stati tanti anche nei secoli dopo il Seicento Napoletano. D’altronde un pittore visionario è anche un po’ mago o alchimista che trasforma tutto il quotidiano, brutto o bello che sia, in qualcosa che a seconda dei gusti classici o moderni può definirsi godibile. Picasso, Dalì, Bosch, Chagall, non credo appartengano a una categoria, avevano semplicemente delle visioni. Anche prevedere un lockdown e creare la mia serie personale “Città Sospese” credo faccia parte di una pre-visione. Tutto quello che concerne l’anticipo di qualcosa di culturale, sociale o storico credo ti metta nella posizione dei pre-visionari.

Come si pone oggi il fruitore davanti a un’opera visionaria?

Posso dirti che un fruitore che si interpone con un lavoro dove la fonte per l’artista è stata la visione, si nota subito un sobbalzo dalla zona comfort. Davanti a un’esplosione di colori che escono da un vulcano sbarrano gli occhi e tutte le certezze che ci si è costruiti diventano effimere. Ecco cosa crea una rappresentazione di un lavoro visionario: ci sdogana dalla poltrona dove siamo abituati comodamente a sedere.

Ut pictura poësis”, formulata dal poeta Quinto Orazio Flacco, tradotta letteralmente significa “Come nella pittura così nella poesia”. Raccontami qual è tuo rapporto con la poesia.

Il sodalizio con la poesia è nato nel periodo del Covid19 dove tutti siamo stati costretti a stare con noi stessi, con mia grande gioia. E da quel momento ho iniziato timidi approcci alla scrittura che col passare del tempo i feed back molto promettenti mi hanno spinto a continuare. E francamente, anche con un pizzico di incoscienza, credo che come nella pittura anche nella scrittura prosaica non occorrano studi in lettere o altro. La sensibilità, componente base degli artisti (anche se non tutti) ti permette di modificare i colori in parole. Sì, è proprio vero il concetto di Orazio, la poesia e la pittura sono due sorelle bellissime, due muse molto attraenti…

È attuale il tema dell’educazione all’arte nelle scuole. Qual è il tuo punto di vista? Da artista dell’arte figurativa, in che modo è possibile alimentare la creatività dei bambini, dei ragazzi?

Come fa un genitore a educare suo figlio? Insegnandogli valori e tutto quello che concerne la crescita e l’evoluzione del bambino. Per l’Arte è la stessa cosa. Ai bambini bisogna far sporcare le mani e i vestiti di colore e se le mamme lamentano dei punti di vernice sugli abiti, bisogna educare anche loro. Un bambino non propenso alla pittura o alle Arti spesso è vittima di culture famigliari che non esortano a disegnare o  colorare. Sono sempre più anestetizzati da iphone e telefonini mettendo da parte il concetto di otio studiorum. Oggi i genitori hanno da fare altro e purché trastullare i loro figli credono che un telefonino possa aiutarli, senza pensare che stanno ammazzando la creatività di un ragazzo.

Quali tecniche utilizzi per le tue opere?

Sono uno sperimentatore nato, quindi non ho tecniche specifiche per creare. Il caffè o il succo di mirtillo per esempio sono stati due elementi a cui vado incontro per dipingere e acquerellare.

Questo lungo periodo di crisi scaturito dalla pandemia del coronavirus, in che modo ha influito sul tuo lavoro?

Il periodo di blocco totale paradossalmente è stato per me di grande movimento e fermento artistico. Proprio da quel periodo che mi sono posto che forse non avere limiti é il giusto ingrediente per affermarsi nel campo dell’arte. A tal punto da sperimentare non solo la poesia ma anche arazzi Napoletani e creazioni di ceramiche molto personali.

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