Anna Camaiti Hostert
Cartolina dagli Usa

Perduta America

Da un lato, le grida sguaiate della convention repubblicana, dall'altra, i sette colpi della polizia alle spalle di Jacob Blake: questa non è più l'America delle opportunità e delle libertà, delle contraddizioni e delle idee. Ma è di fronte a questo scempio che si sta andando alle elezioni

In questi ultimi tempi mi sono sorpresa più volte a guardare l’America, questo paese che amo, con profondo dolore, con occhi che non mi appartenevano, a ricevere quelle che non potrei che definire “pugnalate di enorme tristezza”. Sono fendenti che vanno a colpire con ferocia proprio il cuore di quell’immaginario collettivo che ha incarnato per decenni le speranze e i sogni di intere generazioni e gli ha conferito quel ruolo anche culturale di leadership mondiale. Per la prima volta più di trent’anni fa, sono arrivata a Washington, e mi sono trovata di fronte al monumento ai caduti del Vietnam, The Wall. Lì davanti al Vietnam Veterans Memorial affidato ad un’architetta cinese, c’erano le lapidi di granito nero con i nomi dei soldati morti in una guerra inutile quanto dannosa sulle quali i familiari appoggiavano pezzi di carta tentando con un lapis di ricalcare le generalità dei loro cari. Ho visto portare loro torte, magliette, bracciali, foto e tutti gli oggetti a loro più cari quando erano ancora in vita. Sono 58.000 tombe poste in diagonale crescente dal centro più profondo fino al livello della strada dove finiscono a niente. Per me quello è stato per decenni il simbolo dell’America.

Di fronte alla fisicità di quell’enorme dolore, fatto rinvenire quotidianamente attraverso quegli oggetti, ho provato una grande commozione e ho capito la grandezza di questo paese che pur lacerato profondamente nel suo tessuto sociale trovava ancora il coraggio di celebrare la vita. Di sperare, di ricominciare.

Dove è finito quello spirito? Dove è finita quella speranza? Non lo riconosco più, questo paese. Non ritrovo da un lato quella capacità di lottare pari a nessun altro per cause giuste e, se si cade, di prendersi la responsabilità tutta intera, senza reti di protezione, quella titanica capacità di sognare a dispetto della situazione oggettiva, e dall’altro quell’umanità che non ha paura di mostrarsi senza pelle, indifesa, con le proprie debolezze e contraddizioni. Fino ad ora l’America era stata come l’araba fenice, capace di rigenerarsi. Adesso vedo questo processo di rinascita, lontano, difficile, a volte impossibile. È come se quella capacità hegeliana di incarnare la contraddizione e superarla fosse congelata e le contraddizioni scoppiassero senza nessun tipo di mediazione. Invece di ricominciare, ci si autodistrugge. Sono ormai alcuni anni che la situazione si trascina con queste caratteristiche. E fa davvero male!

In questi ultimi tempi la situazione è notevolmente peggiorata: tra la pandemia che miete sempre più vittime, i gravi episodi di razzismo che non accennano a fermarsi, il paese sembra perdersi in una notte senza fine. Decisamente è senza guida. Adesso, in vista delle elezioni, sembra abbandonato a sé stesso. Trump, come dicono gli Obama, non è in grado di incarnare una leadership, di guidare il paese, seppure ne ha avuto il tempo e lo spazio.

È passata la Convention democratica con l’espressione del duo Biden-Harris che, seppure non entusiasma, ha un forte potere di rappresentatività diversificata, mentre ancora si sta svolgendo quella repubblicana che nelle parole dei suoi speaker invece di cercare di unificare e dare una direzione a questo paese allo sbando, soffia sul fuoco, incita alla violenza. Afferma che i democratici hanno assunto posizioni talmente radicali e di sinistra che cercano di togliere agli americani tutto quello che hanno: la libertà, la casa, il lavoro, perfino la vita nei sobborghi. Le voci che si alzano da questa bagarre repubblicana lo fanno urlando, con toni aggressivi. Istillano la paura, in quegli stessi cittadini che già sono terrorizzati da un virus che non riescono a sconfiggere e dalla violenza delle manifestazioni di piazza contro il razzismo e contro la polizia.

Non è credibile neanche l’auspicio di Melania che chiede di prendere il marito come una persona sincera che dice sempre quello che pensa, senza fare giochi politici. Purtroppo la situazione è molto più intricata e complicata di una semplice dichiarazione sulla personalità del presidente. A suo vantaggio va però detto che Melania è stata l’unica a parlare del coronavirus; nessun altro alla convention fino ad ora lo ha menzionato. È il convitato di pietra, quello forse potrà rappresentare la pietra tombale di Trump a causa della sua disastrosa gestione di esso.

Mike Pompeo, Segretario di Stato, ha parlato da Gerusalemme sollevando critiche sulla sua partecipazione in veste ufficiale ad una manifestazione politica. Trump inoltre si è servito di questo pulpito per far parlare i pochi neri che è riuscito a trovare i quali ne hanno tessuto le lodi, mentre le strade del paese sono di nuovo in fiamme.

Due giorni fa a Kenosha in Wisconsin, un altro nero, Jacob Blake, è stato colpito alla schiena da sette colpi di pistola sparati dai poliziotti. Stava cercando di dividere due donne che litigavano tra di loro. Gli è stato sparato mentre cercava di rientrare nel suo SUV dove l’aspettavano tre bambini piccoli che hanno assistito pietrificati alla scena. Ricoverato in ospedale è stato operato d’urgenza: non sarà più in grado di camminare per il resto della sua vita. Ha solo 29 anni. Quello che colpisce delle dichiarazioni di molte delle famiglie di coloro che vengono feriti o uccisi è la dignità: manifestano tutto il loro dolore senza tuttavia cedere ad atteggiamenti melodrammatici o a facili istigazioni alla violenza. Anzi invocano manifestazioni non violente.

Cosa che invece non è accaduta. C’è stata infatti un’escalation della violenza. Siamo passati a un gradino superiore che francamente preoccupa (per questo Trump ha deciso di inviare la guardia nazionale). Infatti oltre alla distruzione di edifici e agli atti di vandalismo è apparsa una milizia privata che è entrata in azione sparando sui manifestanti e uccidendone due sotto gli occhi della polizia che non li ha fermati: un ragazzino di 17 anni è stato arrestato proprio per aver sparato sui pacifici manifestanti, uccidendone due. No, davvero non è questa l’America che vidi trent’anni fa davanti al Vietnam Veterans Memorial.

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