Giuseppe Grattacaso
Il Covid di ritorno

Aperitivi e soldatini

Prima sono stati rinchiusi e abbandonati a se stessi, ora sono nell'occhio del ciclone perché vanno in vacanza e tornano "infetti": gli adolescenti non vanno di moda. Ma sono solo lo specchio di una realtà più grande di loro: la nostra

La festa non è mai finita. Si è solo interrotta per qualche mese, i ragazzi chiusi in casa, come soldatini tutto piombo e regolamento, irreggimentati in camera, smartphone tablet pensieri che si attorcigliano, voglia di tornare a scuola insieme all’altro genere umano formato dai coetanei. Nostalgia anche del genere umano in opzione cattedra, che è quanto dire.

A scuola non sono ancora tornati, ma la festa è ricominciata proprio con le stesse caratteristiche dell’ora x in cui si era interrotta, quel fine settimana dell’8 marzo, anzi anche con più veemenza e passione, se di passione in questo caso si può parlare. È ricominciata come ricominciano le cose importanti, il campionato di calcio di serie A, la Champions. È questa in fondo la ripartenza, hanno pensato loro, i giovani. Solo che le partite di calcio si giocano a porte chiuse, qui invece, sul terreno festoso dei fine settimana dilatati a tempo totale, le porte sono aperte, spalancate. I buoi sono scappati, i ragazzi li hanno guardati perplessi, hanno richiuso la stalla e si sono adattati a vivere la vita come se niente fosse successo, anzi forse tentando un recupero del tempo perso sul fronte dei festeggiamenti.

Ve li ricordate i buoni propositi dell’èra dell’appannamento cerebrale da lockdown? Diventeremo più buoni, il mondo migliorerà, l’ambiente prima di tutto, è bello aiutare i propri simili, stiamo capendo la lezione. Come in tutte le letterine di Natale, i buoni propositi sono argomenti fittizi per carpire la benevolenza della divinità e ancora di più degli astanti parenti tutti (ma, all’età in cui si scrivono le letterine, ancora non lo sappiamo). La letterina, e la relativa captatio, è irrobustita da una scrupolosa “lista della salute”, come da sottolineatura eduardiana: caro gesù bambino, fai stare bene i nonni, mamma, papà, ecc. Anche nel caso dei buoni propositi da Covid 19, la lista della salute è pertinente, solo che per fare star bene i nonni e gli altri affini, è necessario non eccedere in spritz, abbracciati sulla terrazza del bar vista mare o nella piazzetta della cittadina adibita a principato della movida (in ogni città che si rispetti ce n’è uno di principati, è il motore dell’economia locale e dunque di ogni ripartenza degna di tale nome).

Altri tempi quelli delle letterine. Ora bisogna ricominciare a festeggiare. L’Epifania tutte le feste si porta via. Una volta forse era così, c’erano tipi come Sergio Endrigo, non propriamente uno da Papeete, che cantava la festa appena cominciata è già finita. Qui non è finito un bel nulla. I festeggiamenti per l’entrata nel nuovo millennio non si sono mai conclusi. I più giovani, ma hanno cominciato i loro genitori, sono capaci di festeggiare di tutto, da un sei meno in chimica a una buona esibizione al karaoke. Le celebrazioni per un diciottesimo compleanno possono durare anche due settimane. Siamo fatti della stessa sostanza dei mojito.

Il circo continua, altro che letterine. Ne andrebbe fiera Moira Orfei, se solo potesse vederci salendo sul suo elefante posteggiato nel regno delle ombre. È questo il vero problema, non siamo più in grado di fermare la giostra, diciamocelo. Se i contagi riprendono a salire, se l’età dei contagiati ha un brusco calo – fosse così anche per le temperature in questo agosto torrido saremmo tutti più sorridenti – la colpa non è solo dei più giovani, ma del mondo che gli abbiamo costruito intorno, tutto svolazzi e aperitivi, esultanza e ricorrenze. Siamo capaci di festeggiare la giornata mondiale dei mancini, dei nonni a cui sono scappati i nipoti, del gatto nero (venerdì 17 novembre, quando cade di venerdì è un tripudio).

La ragazzina che torna da Corfù col sapone all’olio d’oliva nella valigia e il coronavirus stampato su un tampone, e mette in quarantena tre generazioni di parenti, confessa che nell’isola greca nessuno nemmeno sospettava dell’esistenza delle mascherine. Ho fatto come tutti, dice. Fosse rimasta nella piazzetta del suo paesello, pensa qualcuno, forse non avrebbe portato a casa il sapone e avrebbe fatto bene anche alla nostra economia. Noi siamo bravi, è il sottotesto, i ragazzi devono maturare, soprattutto quelli che hanno preso la maturità quest’anno. In effetti nei principati della movida si sa bene cos’è una mascherina e come tale la si usa: un fronzolo da porre ad ornamento del bicipite brachiale, o più in basso sul polso.

Non si tratta di fare i moralisti, ma di dirci le cose come stanno. Covid 19 ha solo messo in evidenza quello che siamo e invece che renderci più buoni, come qualcuno ha creduto o ha finto di credere, ha esasperato le nostre caratteristiche. Siamo un popolo dalle pavide intenzioni e dai festeggiamenti perenni. Siamo capaci di solenni proponimenti e di incessanti recriminazioni. Non riusciamo più a fare a meno di nulla, meno che mai di un aperitivo. È qui la festa e non finisce mai.

Meglio allora non fare finta. La stalla c’è e l’abbiamo richiusa, i buoi, e con loro noi tutti, siamo in giro e così sarà ancora. Dobbiamo però sapere che le scuole ripartiranno con la presenza degli studenti ed è bene che sia così ed è bene anche rendersi conto che alcuni di loro potrebbero contagiare i coetanei e i coetanei quelli che coetanei non sono. Forse cominciare a pensare a come dovremo comportarci nel caso questo avvenga, non sarebbe male. Gli esperti del Centro Europeo del Controllo delle Malattie scrivono che «ci sono evidenze pubblicate contrastanti sull’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulla trasmissione comunitaria» che è come dire non ci abbiamo capito ancora niente, vale una cosa e il suo contrario, sono evidenze contrastanti. Covid 19 prosegue il suo cammino e noi, esperti compresi (ma chi, al giorno d’oggi, non è esperto di coronavirus?), gli andiamo dietro perendo l’equilibrio ogni sei passi. Il documento prosegue con un’affermazione rassicurante: «le evidenze dal contact tracing nelle scuole e dati da diversi paesi europei suggeriscono che la riapertura non è associata con un aumento significativo (dei contagi)». Sul termine “significativo” si potrebbe speculare a lungo. Noi comunque vogliamo credere che gli aperitivi non condurranno a una nuova pestilenziale ondata. Un nuovo campionato scolastico a porte chiuse sarebbe veramente una iattura.

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