Pier Mario Fasanotti
A un anno dalla morte dello scrittore

Salvo Camilleri

È uscito “Riccardino", l'ultimo romanzo di Andrea Camilleri dedicato a Montalbano. Una storia scritta nel 2004 piena di riferimenti all'attualità dove l'autore dialoga con il personaggio. Non è vero - come si diceva - che il celebre poliziotto muore, eppure...

È l’Autore, spazientito dalle capriole investigative della sua creatura, immaginaria, letteraria ma e ormai anche ampiamente televisiva, che alla fine sbotta: «Sarò chiarissimo, Montalbano. Mi stai facendo scriviri sulla storia di Riccardino un romanzo di merda. ‘Na minchiata che non reggi!».

«Dici davvero?».

«Davvero. Tu stai mettendo in gioco apposta una grandissima quantità di elementi contradditori tenendoli tutti sullo stesso piano in modo che il lettore che ci si perda dentro. Questo giallo è un guazzabuglio che pare scritto da un principiante… mi vuoi solo sputtanare, Montalbà. Vuoi fari terreno abbrusciato torno torno a mia. Vuoi che i miei romanzi su di te diventino illeggibili». E poi fa una proposta, che è un’onorevole scappatoia: «Perché non mi lasci perdere e ti metti a scrivere uno di quei romanzi storico civili di cui ti glori tanto?».

Siamo allo sdoppiamento pirandelliano, tra Andrea Camilleri e il suo alter-ego, il commissario Salvo Montalbano. Se il rischio, vista anche l’età del poliziotto che fatica a digerire, è quello di far da puparo a un pupo di solito furbo e inflessibile che però si sente appesantito e sconcerta i suoi più fidati collaboratori, è inevitabile che  vengano fuori una serie di pagine stentate ma soprattutto confuse, un andirivieni che mette la vertigine a furia di alternare il profumo di donna al fetore della mafia abbarbicata al potere (che non cambia, o comunque poco: semmai la novità è l’azzurro della bandiera che rende sorridenti, potenti e felici quelli di prima, riciclati o non), beh allora è meglio lasciar perdere. Reazione orgogliosa e “nirbusa” dello sbirro siciliano: «Visto che una certa esperienza te la sarai fatta, quando è necessario mi proponi una via di uscita…». Risposta: «Ci sto».

Attenzione: non stiamo parlando di un testo metafisico, anche se le tentazioni paraletterarie sono tante (e gustose). S’intitola Riccardino (Editore Sellerio, 288 pg., 15 euro) ed è l’ultimo romanzo di Andrea Camilleri, edito a un anno esatto della morte di uno dei più prolifici scrittori italiani, che ha reso personaggio internazionale la figura del commissario Montalbano.

A questo proposito da un tempo girava la voce che nella cassaforte della Sellerio ci fosse il romanzo che avrebbe dovuto contenere la morte del protagonista. Manco per niente: lo stesso autore ne rideva, con il suo vocione da fumatore. La sua avventura letteraria, che ha fatto seguito a quella di docente dell’Accademia di Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, è cominciata con una sua ricerca storica sull’omonima Strage dimenticata avvenuta a Porto Empedocle (sua città natale) nel 1848. Camilleri lo consegnò a Leonardo Sciascia. L’altro grande siciliano lo apprezzò e gli disse: «Scrivilo tu». Nel contempo presentò Camilleri a quella straordinaria donna dell’editoria italiana che si chiamava Elvira Sellerio, che diventò per il narratore «la mia amica del cuore».

Riccardino fu ideato nel 2004 e finito nel 2005 dopo varie correzioni che durarono esattamente un anno. È importante insistere su queste date perche la revisione è prettamente linguistica: l’originale, chiamiamolo così, è scritto in vigatese (il siciliano di Vigàta), molto stretto, direi più aspro, e ambientato in ragnatela pietrosa di borghi del Ragusano Per esempio, il Commissariato dal quale parte l’antiquata Fiat Ritmo di Montalbano di solito è il palazzo comunale di Scicli, che s’arrampica sulla severa collina per poi scendere a Marinella, l’abitazione del protagonista (sempre interpretato da Luca Zingaretti, a parte gli episodi del prequel, 2012-2015, e interpretati dal disinvolto Davide Riondino).

A parte il dialogo intimo da Montalbano e l’Autore, la trama è poliziesca, resa più complicata – e aggiungerei più “colorata” – visto che un episodio s’incastra in un altro, a volta in modo tale da mettere le vertigini. Soprattutto là dove si parla di donna e, quasi inevitabilmente, di corna. Il tutto fa da corona al malaffare finanziario-mafioso-politico-curiale disegnato senza far troppe tappe (anzi) da un Camilleri che, a seconda delle circostanze, non ha peli sulla lingua se si va a sbattere contro il muro marcio dell’attualità.

Come di consueto, a Marinella arriva la telefonata che annuncia “l’ammazzatina” e si richiede “urgentissimamente” la presenza del commissario. Questi, come in altri romanzi, sente il mattino presto la voce di un uomo che si dichiara essere Riccardino, «’na voce che, ccontrario della so, era squilllanti e fistevoli».  Montalbano raggiunge il luogo dell’omicidio e subito si trova in qualcosa di carnevalesco. Semplice: s’è scordato che è il giorno dell’Ognissanti. Incappa in quattro amici cinquantenni in tenuta sportiva perché s’apprestano a fare la consueta gita domenicale a piedi. Il corpo di Riccardino, il più fascinoso (pure con le donne) è riverso a terra, colpito da un proiettile. Nel momento della caduta schiaccia un pulsante del cellulare. Di qui le illazioni e i tabulati. La domanda che si pongono gli uomini di Montalbano è: chi tradisce chi. Un ginepraio, condito da un tocco di tenera e sensualissima sensualità visto che nella cassa da morto della vittima viene deposta una scatolina-regalo contenente alcuni peli pubici. Il busillis è riuscire a capire che il “pelu è nuvoro o biunno”.

Montalbano convoca in commissariato i tre uomini dell’allegra brigata, uno dei quali tornerà a farsi torchiare per cinque ore. L’Autore lancia degli avvertimenti a un poliziotto che non perde, anzi, aumenta il suo tappo di lettura e i riferimenti colti. Pirandello è tra i nomi più citati, assieme al Thomas dell’inglese De Quincey (umanista e scienziato), al poeta Sandro Penna (alcuni suoi versi saranno storpiati e camuffati da offesa), al televisivo e più trasandato tenente Colombo e, persino all’incredibilmente sapido linguista Niccolò Tommaseo. Addirittura Montalbano rischia di perdere la carreggiata mentre gli viene da pensare a un romanzo di Philip Roth.

L’atmosfera comincia a farsi viperina quando entrano in scena non solo il questore, di tempra malvagia, ma anche un alto funzionario e un vescovo che, guarda caso è uno degli zii di Riccardino. L’inchiesta rimpalla a seconda degli umori e delle convenienze politiche del sottosegretario di Roma, il vero “puparo”. Gli avvertimenti dell’Autore ovviamente prendono spazio: «…perché se dici ai parrini che sei a loro disposizione, sei ‘n omo fottuto» Così si fa più marcata la tentazione di Montalbano – più volte reiterata e variopinta – di «fare triatrio». I suoi stessi collaboratori diventano attori, mossi dai fili simili a quelli che mettono in scena lo spettacolino del tira-e-molla molto “sbirresco”. Il quale comprende pure il passare per idiota dinanzi al questore, autoritario, caricaturale, maleducato. Nota a margine: sono tantissimi gli eroi della fiction poliziesca di tal fatta, americani e francesi nel gruppo (molto meno gli spagnoli e i tedeschi).

Non manca il lato tragicomico quando nell’ufficio di Montalbano entra a fatica – bisogna aprire le due porte – una donna dalla corporatura polifemica della quale il fedele Catarella, noto per storpiare tutti i nomi, fa fatica a pronunciare il suo nome: Macca. Fa la chiromante e la chiaroveggente, vive in una stradina stretta in un quartiere molto somigliante a una discarica “fetosissima”. Si lamenta perché di notte un camion, malgrado lo stretto passaggio fracassa i tubi dell’acqua. Ma non finisce qui: ogni tanto il mezzo si ferma, scende il conducente, pone la scala contro il muro, sempre sotto la “0” della scritta “andate a fere in culo”. La chiromante, che è in grado di riconoscerne la faccia («È  sempri la stissa pirsona») denunzia il fatto che il camionista passa quattro volta la settimana facendo traballare «tutta la trabacca (letto, ndr)». E la scala: c’è chi va su e torna a terra con una tanica. Montalbano va a verificare. La chiromante Augustina, fidanzata con un uomo secco, intuisce un traffico strano e fa notare a Montalbano della polvere bianca e dei pacchi ben confezionati.

In altre parole c’è un traffico illecito verso e dalla ditta Cristallo che, guarda caso appartiene al trafficone Riccardino. Aiutato dai suoi colloqui intimi con l’Autore, Montalbano arriva alla conclusione che la faccenda delle corna, pur esistente e florida, non è all’origine di una sparatoria. Ricostruisce la dinamica dell’“ammazzatina” dopo il ritrovamento di una moto di grossa cilindrata, abbandonata semi-distrutta in periferia (ma la targa mostra spunti interessanti).  Il caso – è proprio giusto dire – nasce e muore nel campo ben innaffiato dalla mafia, vista la facilità con cui qualcuno, di famiglia potente, ottiene facilmente finanziamenti da una banca, diciamo, vicinissima, all’ambiente vescovile.

Qua e là, il pensoso Montalbano ricorda la morte di sua madre, la mano del padre e del triciclo col quale gli era permesso scorazzare al camposanto (il padre affiderà il piccolo Salvo agli zii rifacendosi una nuova famiglia altrove: sarà il motivo del suo rancore di figlio).

Avevamo scritto all’inizio del fantomatico romanzo in cui Montalbano muore. Non è vero. Tuttavia il commissario, con gli occhi pieni di lacrime, s’accorge che quel ha di fronte, a conclusione della complicata inchiesta, si rimpicciolisce. Per esempio, «un piscariggio al largo ora si nni vidiva sulo la metà… si dissolveva». Questo e altro vuole portarselo appresso, «non poteva pirmittiri ad autri di godirsilo». Lo stesso capita «alla pilaja, il mari, il celo. Alla fine, davanti a lui, ci fu sulo ‘na pagina bianca. Allura accapì che gli restava da fari». Camilleri fa scattare la segreteria telefonica: c’è la stessa frase. L’Autore ha l’ultima parola: «Montalbano sono. Visto e considerato che la nostra più che decennale collaborazione è andata a farsi fottere, si è deteriorata al punto che tu hai condizionato… personaggi come il questore per non farmi risolvere il caso a modo mio, ho preso una decisione. Se tu ti sostituisci a me nelle indagini, viene da dire che io sto diventando un peso morto. E allora me ne vado… sto cominciando a non esserci più, sento che perdo rap…mente …pe…so e vo…lume….».

PS: La Sellerio ha pubblicato un altro volume intitolato sempre Riccardino, che è il seguito dalla prima stesura del 2005 (pag. 282, 20 euro, postazione di Salvatore Silvano Nigro).

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