Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Malattie da romanzo

Il desiderio di Ferdinand Von Schirach, la memoria di Giorgio Pressburger, l'ingenuità di James Patterson. Tre storie parallele per raccontare fobie, paure e deviazioni dei nostri giorni difficili

La bambola. Al signor Meyerbeck, balbuziente fin da bambino, la moglie comunica di aver conosciuto un altro. Fine del matrimonio. Lui piange. Trova un appartamento dove si può permettere di ricominciare a fumare tranquillamente. Ma si sente molto solo. Alla tv segue per caso un servizio sulle bambole sessuali. Si informa sul web, fino alle cinque del mattino. Non riesce a pensare ad altro, finché non trova quella che fa per lui, in un vasto assorbimento di finte donne. Anche in questo campo la tecnologia ha fatto passi da gigante (scopre che ci sono ben undici tipi di vagina). Due mesi dopo gli recapitano un pacco. Dentro c’è Lydia: di lei sa già tutto. Lei indossa biancheria intima. La fa sedere sul divano. Le parla, senza più balbuzie. Dieci giorni dopo dorme con lei, e ogni lunedì le fa portare un mazzo di fiori.

Arriva l’estate e Meyerbeck, per la prima volta si toglie la cravatta e si slaccia la camicia. È stato un anno meraviglioso, salvo che sul tavolo del soggiorno trova un foglio nel quale c’è scritto “porco maniaco”. È stato il vicino di casa che ha infierito su Lydia, ferocemente e volgarmente. Il “compagno“ di Lydia, con una mazza da baseball manda al pronto soccorso l’aggressore. Lo arrestano e lo processano; un esperto spiega al giudice che il disturbo di Meyerbech si chiama “agalmatofilia”, parola di origine greca che indica amore feticistico per statue e bambole. È condannato a sei mesi di carcere, ma gli è concesso il beneficio della sospensione della pena. Il magistrato pensa che ognuno è libero di vivere come crede. Tornato a casa Meyerbeck, chiude le tende e racconta tutto a Lydia. L’autore, l’ex penalista Ferdinand Von  Schirach, racconta magistralmente la storia di una solitudine in Castigo, Neri Pozza (sono 12 racconti, 172 pg., 17 euro). Tra i più noti narratori tedeschi, ha ispirato il bellissimo film Il caso Collini (una storia vera del ’43, in Toscana). Uno degli antenati di Von Schirach fu il fotografo di Hitler.

La memoria. Nato a Budapest nel ’37 (morto a Trieste nel 2017) poliglotta, e titolare di incarichi importanti (anche politici), imparentato alla lontana a Karl Marx, Giorgio Pressburger è stato uno di quei fini scrittori che privilegiavano l’analisi psicologica ai paesaggi e alle trame pure e semplici. La sua famiglia si sottrasse ai campi di concentramento nazisti nascondendosi in una sinagoga. Impossibile parlare di lui senza ricordare il fratello gemello Nicola. E di Nicola parla in questo lungo racconto (La legge degli spazi bianchi, Marietti editore, 181 pg., 16,50 euro). Il protagonista, il medico Fleischmann, un giorno si accorge di non ricordare il nome del suo migliore amico, al quale peraltro telefonava ogni giorno. Ha 55 anni ed è in buona salute. Non si è mai sottratto ad avventure galanti («giovani e procaci, anche tra le ragazze»). Per mettere alla prova la sua amnesia telefona a una di loro, ma nel suo cervello non scatta la parola. Si trova a pensare, inutilmente a “iniezione“, che obiettivamente c’entra con il suo lavoro, ma non con un rapporto sentimentale o erotico. Il dottor Fleischmann si dispera (e urla) quando viene a sapere che il fratello è morto. Deve fare l’orazione funebre, passa le notti a impararla a memoria. L’onoranza funebre riesce con il suggerimento degli amici. Lui riesce a dire una parola, poi diventa afasico. A casa parla con la moglie, ma pensa che l’intera sua esistenza è stata messa in pericolo. Continua a esercitare la medicina, è contento quando pensa di aver potuto regalare a un anziano paziente un solo attimo di vita. L’essere vivo o morire perdono nell’animo suo il vero significato, anzi li reputa ridicoli come la preghiera che non ha saputo recitare. Avverte l’oscura sensazione di non aver salvato l’amato fratello, che definisce “la muta affermazione di sé. Non vuole arrendersi alla “degradazione”, ma alla fine viene ricoverato. A un’infermiera dice: «Tutto è scritto negli spazi bianchi tra una lettera e l’altra. Il resto non conta».

Vendetta. Con oltre 400 milioni li libri venduti, l’americano James Patterson (classe 1947) è l’autore più venduto nel mondo. Si avvale di collaboratori, una specie di “farm” che sforna trame. È diventato noto soprattutto per aver creato la figura di Alex Cross, detective e psicologo, imparagonabile ad altri personaggi, se non altro per carisma. Il suo nuovo romanzo (La first lady è scomparsa, Longanesi, 333 pg., 16,80 euro) narra l’ingenuità (verosimile, ma non realistica) del presidente Usa, Harrison Tucker, che si fa scoprire e fotografare accanto alla sua amante. Anche se potrebbe apparire incredibile, la sua “caduta”, alla vigilia della riconferma elettorale, la si deve a un servizio di sicurezza da far invidia al mondo intero. A bordo dell’aereo si precipita a telefonare alla moglie Grace. Non la trova. Allora chiama Tammy Doyle, straordinaria agente per lucidità e determinazione, cui affida l’incarico di trovare la moglie. Ma altri, dell’apparato segreto di protezione (un bel numero di persone, mal coordinate), faranno la stessa cosa. Versione ufficiale: la first lady è andata a cavalcare in un bosco, per rilassarsi. Le ricerche s’intrecciano. Viene trovato un cadavere femminile in un torrente. Ma non è Grace. Patterson, vuole tenere desta l’attenzione del lettore, ma rischia di mischiare troppi elementi. È il rischio di essere originale a qualsiasi costo. Originale tuttavia il finale, anche se i lettori più accorti forse possono prevederlo.

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