Delia Morea
A proposito di “Non c’ero mai stato”

Sconosciuti napoletani

Il nuovo romanzo di Vladimiro Bottone scandaglia una Napoli contemporanea fatta di eccessi e indifferenza. Una storia di passioni tra generazioni diverse, nel segno della quantità della vita (e della sua "pericolosità")

Non c’ero mai stato (Neri Pozza, pagg. 399, € 20,00), nuovo romanzo di Vladimiro Bottone, si configura come una storia di rara potenza, una vera e propria discesa agli inferi. Vladimiro Bottone, scrittore di chiara fama, nei suoi romanzi di solito s’inoltra in territori storici raccontando, sempre con una grande fascinazione, vicende di tempi andati e ambientate, alla perfezione, in una Napoli che non c’è più.

Invece in questo suo nuovo romanzo cambia registro e ci consegna una narrazione contemporanea all’ombra di una città dai chiaroscuri lividi, claustrofobica nei suoi bellissimi panorami, come nella descrizione del suo centro storico, dell’hinterland.

È proprio dall’hinterland, dalla periferia difficile di Napoli, spesso il suo cuore nero, che compare un giorno ad Ernesto Aloja – ex editor in carriera presso case editrici milanesi, ritornato a Napoli, città di origine – Lena Di Nardo, una strana, affascinante donna sui trent’anni. La donna ha scritto un romanzo e intende sottoporlo all’attenzione dell’ex editor che vive, come in un fortino, nel privilegiato Corso Vittorio Emanuele, strada panoramica, silente, lontana dagli affanni.

La donna arriva nel “quartiere alto” con la segnalazione di uno scrittore che ha avuto il vantaggio di avere Aloja come editor. L’uomo dapprima vorrebbe ricusare questa principiante, lui ne ha visti tanti, ma poi rimane affascinato dalla ragazza, dal suo modo duro e particolare di porsi, dalle pagine iniziali del manoscritto e inizia, insieme a lei, a revisionarlo. Si daranno appuntamento ogni venerdì per sviscerare tutte le possibili soluzioni e riscritture. Da questo assunto parte il rapporto tormentato tra due persone diverse nel profondo, oltre che per età. Ed è forse in seguito a questo incontro che Ernesto – vive sotto l’influsso perenne di pillole calmanti – inizierà ad abbandonare il medicinale che assume ogni giorno, a scandagliare nei ricordi di quando era ragazzo a Napoli, nei suoi fantasmi, recuperando anche una antica volontà di scrivere egli stesso un romanzo.

Ma è soprattutto il rapporto con Lena, che lo condurrà in zone inesplorate anche fisicamente, a forgiare ora la sua vita, sempre tormentata da una “macchia” che sbuca dal suo passato.

La donna lo trascina con sé in tutti i sensi, lo fa immergere nella vita by night di quelli della sua età, in scorribande notturne, in luoghi periferici, trasformati in discoteche a cielo aperto, che accolgono moltitudini di giovani che si stordiscono con la musica. Un mondo dove impera una sessualità fulminante, all’ombra di lunghe notti in discoteca a «base di alcol, sostanze e indifferenza per il senso del limite che ha improntato tutta la vita di Aloja», recitano le note di copertina.

In questi luoghi dove: “non c’ero mai stato”, così dichiara il protagonista, ma soprattutto in un mondo così lontano dalla sua esistenza, metafora di una diversa visuale della vita, che Ernesto prende coscienza della attrazione che prova per Lena, ma anche della fragilità psicologica della ragazza, presa a calci dalla precarietà sia lavorativa che morale che le riserva il quotidiano, nonostante sia una laureata in inglese.

Lena è una che si autodistrugge, che va incontro al sesso più complicato oppure è la vittima di un gioco più grande di lei? Attraverso risvolti tragici, che lasciano con il fiato sospeso, telefonate anonime notturne ad Ernesto, pedinamenti, nell’incalzare di una prosa perfetta che nulla concede, ma che nello stesso tempo avvolge nelle sue spire per spietatezza e lucidità, assistiamo a questo rapporto tormentato, ad un percorso di vita, sia quello di Lena che quello personale di Ernesto, che condurrà i due protagonisti ad un epilogo drammatico, a nostro avviso di grande scrittura poetica, che non sveleremo.

Intorno a loro un mucchio di personaggi che si muovono in perfetta sintonia con la storia, ne sono preciso e folgorante passaggio d’intreccio.

Un romanzo potente che non smette di stupire e dove la straordinaria cifra di scrittore di Vladimiro Bottone si palesa nella sua forma migliore.

Un romanzo da cui è difficile distaccarsi, che rimane nella memoria come una cosa da conservare. In un’epoca di usa e getta, spesso anche nelle pubblicazioni librarie, “Non c’ero mai stato”prende le distanze da una editoria di facilissimo consumo e mette un punto fermo, raccontando, con non comune maestria, importanti verità, costruendo un tessuto letterario che diventa universale e che potrebbe riguardare tutti.

Da leggere.

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