Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Il virus di Trump

Perché gli americani continuano a "fidarsi" di Trump? La sua strategia di uomo (apparentemente) contro le istituzioni rende credibili anche le sue peggiori panzane, dalla militanza anti-lockdown alle iniezioni di candeggina contro il Covid

Se almeno in parte abbiamo compreso la ragione del perché gli americani hanno votato Trump la prima volta, adesso, in vista del secondo mandato, le cose si complicano. C’è infatti da notare che l’America di quando Trump ha cominciato la sua nuova campagna elettorale per la rielezione la scorsa estate, è diversa da quella di oggi. Quello slogan Make America Great Again che era poi diventato Keep America Great sull’onda di un’economia che era esplosa e di un mercato che era schizzato ai massimo, adesso con il coronavirus suona assai improbabile. Come non sembra più possibile avocarsi, come Trump aveva fatto, il merito di avere determinato questi successi, che poi come sappiamo sono più ricadute della politica di Obama che della sua.

Adesso ci sono circa 36.000.000 di persone che hanno perso il lavoro e hanno richiesto l’indennità di disoccupazione, mentre il commercio è sceso di un drammatico 16,4%. Una crisi storica di cui il presidente cercherà di addossare a qualcun altro la colpa, accusando ad esempio la Cina di essere responsabile per il virus. Ma ciò sarà in grado di convincere molte persone a vedere in lui il miglior candidato per rimettere il paese in sesto? Senza contare che Trump potrà forse affermare che il coronavirus ha interrotto l’andamento positivo che la sua leadership aveva determinato e che sarebbe andato aumentando; che sarà capace di farlo una seconda volta. Rimane da vedere in quanti gli daranno fiducia, sebbene di recente abbia sentito alla Cnn un suo supporter sostenere che qualsiasi cosa abbia fatto o faccia Trump, lo sosterrà comunque perché è il leader migliore che ci sia in questo momento. Cosa davvero inspiegabile alla luce dei fatti e motivabile solo con un bisogno estremo di sicurezza e di leadership, qualità ambedue che questo presidente tuttavia non riesce assolutamente a garantire. Forse in un momento come questo alcuni hanno bisogno di crederlo per avere la rassicurazione che ce la faremo a uscire da questo caos.

Ricalibrare una campagna elettorale che era tutta basata sui trionfi dell’economia sarà difficile anche se molti dei suoi elettori ritengono che non sia colpa sua se l’economia sta andando male e che l’incompetenza iniziale dimostrata nel gestire l’emergenza del virus sia dovuta al fatto che si sapeva ancora poco della sua pericolosità. Sta di fatto, però, che nei sondaggi di aprile l’approvazione nei suoi confronti è scesa di 6 punti rispetto a marzo arrivando al 43% con il crollo di consensi più pesante dall’inizio della sua presidenza. Anche nei confronti del suo avversario democratico, le cose per lui non si mettono bene se in un exit poll di Nbc/ Wall Street Journal di metà aprile si vede che Joe Biden lo sopravanza di 7 punti a livello nazionale tra gli elettori registrati, con un 49% rispetto al suo 42%. Ancora tuttavia nel suo staff si fatica a credere che gli elettori daranno la colpa al presidente della situazione economica e si afferma che Trump sarà comunque capace di rimettere in piedi il paese. Intanto si attacca Biden sulle politiche sanitarie, su quelle energetiche, sulle tasse e sul secondo emendamento quello che prevede il diritto di possedere portare le armi (the right to keep and bear arms). E lo si attacca anche per la sua vicinanza con la Cina che invece continua ad essere osteggiata e accusata di avere diffuso il virus.

Per difendere il presidente è scesa in campo anche la ex manager della sua prima campagna elettorale nel 2016, Kellyanne Conway, la quale afferma che Trump farà cose che solo un presidente può fare, come invocare il Defense Production Act, una legge varata nel 1950 durante la guerra in Corea che, sia sul piano economico che di difesa civile e militare, incoraggia il protezionismo e consente di implementare restrizioni per i viaggi da e in Cina, di lavorare con i governatori per distribuire forniture necessarie aggiungendo «noi non abbiamo tempo per parlare di Bernie (Sanders) o Biden – qui si parla di ventilatori e di vaccini», cercando di spostare l’attenzione sulle priorità e le responsabilità delle scelte presidenziali.

Ma quello che manca al presidente in quest’epoca di distanziamento sociale sono le grandi manifestazioni di massa dove, secondo lui, dà il meglio di sé e dove spera di tornare al più presto. «Non mi piacciono i raduni dove dobbiamo sedere a distanza come facciamo adesso» ha detto Trump il 17 aprile in un briefing con i giornalisti: «Si perde, secondo me, molto il gusto di tutto ciò. Ma spero che avremo di nuovo questi gathering e saranno più grandi del solito».

Trump ha impostato da sempre le sue campagne elettorali sull’istinto, su quel gut feeling che tira fuori specie di fronte ai grandi numeri. Anche durante i giorni delle comunicazioni ufficiali del coronavirus ha spesso fatto esternazioni pericolose senza riflettere o senza consultarsi con gli esperti, dando suggerimenti che gli scienziati in più occasioni hanno dovuto correggere o smentirei. Come quando ha consigliato agli americani di iniettarsi la candeggina per proteggersi dal virus. E forse tuttavia questo suo parlare senza filtri, questo suo non essere un politico di professione, questa sua incapacità di negoziare alcunché è quello che attrae molti nel paese stanchi di promesse, di procedimenti burocratici e di riforme che non arrivano. Il suo giocare su un doppio binario di istituzione di anti-istituzione che continua anche nel suo ruolo di presidente inoltre attrae e fa da calamita.

Cosi ad esempio il fatto che abbia sostenuto in certi stati coloro che volevano riaprire contro il lockdown nazionale del governo federale proclamato per motivi sanitari lo rende attraente per quegli strati di popolazione che poco hanno da perdere e che dunque non hanno neanche paura di ammalarsi. Anche se proprio su questo tema l’81% degli americani sembra in disaccordo con coloro che protestavano, affermando che si doveva mantenere il distanziamento sociale per quanto necessario proprio per evitare il diffondersi del virus anche se questo danneggia l’economia. Dunque forse ancora c’è qualche speranza.

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