Attilio Del Giudice
Una storia inedita

Buttafuori

«Non aveva smesso di fumare. Diceva che il fumo lo aiutava a riflettere e stava preparando un’ennesima pubblicazione, preannunciata dal suo editore con grande enfasi come una vera propria “bomba creativa”»

Il professor Tebaldi, ordinario di Filosofia Teoretica, in pensione da qualche anno, viene ancora ricordato come lo chiamavano gli studenti: Giuseppe Mazzini, per via di una vaga somiglianza col padre della patria.

“Che fa Mazzini? Come sta Mazzini?” Così si diceva nel bar Centore, vicino all’università.

Era stato un maestro rigoroso e quando non era soddisfatto delle risposte di studenti mediocri, consigliava loro di cambiare facoltà o, perfino, di abbandonare gli studi universitari.

Gli era morta la compagna con la quale aveva convissuto per circa trent’anni e l’unica figlia viveva lontano ad Avignone con suo marito, un medico francese e un bambino di quasi tre anni.

“A me – diceva – fanno compagnia i pensieri, le idee, e, tutto sommato, sto bene da solo. Posso inseguire una traccia cognitiva per giorni, venirne a capo, analizzarla, valutarla, poi abbandonarla al suo destino come si fa per certi amori occasionali, senza dover dar conto a nessuno. Posso anche civettare con pensierini leggeri, senza pretese e scendere in basso, magari per sperimentare le varie reazioni della mia psiche e scoprire che rispondono comunque a leggi universali, oppure che appartengono solo ad alcuni vizietti momentanei della mente, ad alcune bizze di poco conto per le quali non vale la pena costruire un percorso logico formale. Per quanto riguarda l’eros, non prendo in considerazione il sesso a pagamento assai pericoloso e mi rifugio nella fantasia e nei fantasmi del passato, cosa che, peraltro, faccio con piacere. Sorvolo su tutto il periodo matrimoniale, sostanzialmente noioso e perfino sul periodo tanto decantato dei vent’anni e vado per gli onanismi direttamente alle radici , alla adolescenza, quando la nostra serva di famiglia borghese, quarantenne, cicciona dalle grandi tette, mi sedusse sul letto matrimoniale dei miei genitori e diceva: “Dammelo, per carità, fammi godere!” E fu, in verità, l’Incipit del peccato sublime. Posso rivivere quei momenti gioiosamente, senza sensi di colpa, senza la morsa ipocrita e ridicola del cattolicesimo radicale. Insomma mi posso gustare la libertà, l’assoluta libertà dello spirito, la dolcezza della solitudine e il tepore degli abbandoni di stampo animalesco, che sono i meno inquinati dal nauseante moralismo e dalle appartenenze sociali.”

Tebaldi, notissimo all’università, era noto anche al grosso pubblico per una lunga postfazione a un libro di grande successo: “Prolegomeni all’infelicità coniugale” e per un suo saggio assai controverso dal titolo significativo: “Mariti e mogli sull’orrido abisso piccolo borghese”, dal quale era stato tratto il film, “I desideri sono sacri”, più volte censurato.

Non aveva smesso di fumare. Diceva che il fumo lo aiutava a riflettere e stava preparando un’ennesima pubblicazione, preannunciata dal suo editore con grande enfasi come una vera propria “bomba creativa”.

Un giorno, mentre fumava una davidoff, la sigaretta preferita e passeggiava lungo il fiume, fu avvicinato da un giovane alto, aitante, sui trent’anni.

“Mi scusi se la disturbo, so che lei è il professore Tebaldi. Sa, sono stato un suo allievo e volevo salutarla.”

“Mi saluti pure! E’ nel suo diritto. Che voto le misi all’esame?”

“Mi bocciò due volte e mi dette alcuni consigli”

“Lei li ha seguiti?”

“ Si, certamente.”

“E ora di che cosa si occupa?”

“Faccio il buttafuori in una discoteca a Ibiza.”

“Ah, e non si vergogna di questo suo lavoro violento?”

“No, professore! Così come lei non si vergognava di fare il buttafuori all’università.”

“Questo che dice mi sorprende, forse è degno di una riflessione. Lo devo ammettere.”

“Una riflessione filosofica?”

“Filosofica, lei dice? Del resto un professore di filosofia deve riflettere per forza filosoficamente. E’ la sua natura. La ringrazio dello spunto e le auguro successo nelle sue “buttate”, io le mie le ho finite da tempo, sono in pensione e attualmente all’università, nella facoltà di Storia e Filosofia, ormai bivaccano incontrastati manipoli di imbecilli, pronti a infilarsi nei gangli della politica e del potere, degni di essere bocciati e presi a calci in culo fino in Siberia. Lei, invece, avendo seguito il mio consiglio, si è salvato ed ha la mia stima. La ringrazio ancora e ora mi lasci coi miei personali pensieri. Buona fortuna!”.

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