Lidia Lombardi
Lo scaffale degli editori

I ragazzi del Corriere

Stella, Gramellini, Polito, Severgnini e, in quota rosa, Angela Frenda, nume del gourmet. Sono alcune delle firme del marchio editoriale “Solferino”, nome della strada dove ha sede il quotidiano di appartenenza degli autori. Tutti riconoscibili, nei loro libri, per stile e campo d’interesse

«Abbiamo il grande vantaggio di poter contare attraverso il Corriere della Sera di un gruppo di autori senza confronti. Composto di scrittori, naturalmente, ma anche di commentatori e giornalisti». Così a dicembre 2018 Alessandro Bompieri, direttore news Italy del Gruppo Rcs Mediagroup, sulla nascita del marchio Solferino, la casa editrice scaturita da Rizzoli-Corsera dopo la nascita di “Mondazzoli”, ovvero la fusione tra i gruppi di Mondadori e di Rizzoli. “Solferino”, dal nome della strada milanese dove ha sede la redazione del Corrierone, è stata fortemente voluta da Urbano Cairo, che prese le redini del quotidiano nel 2016, portandolo al pareggio di bilancio. I libri del resto non erano estranei all’attività dell’imprenditore nato a Milano da famiglia piemontese, tra l’altro patron del Torino Calcio e del canale tv La7. La casa editrice Cairo è assai prolifica, ormai da anni. Ma da maggio 2018 le pubblicazioni di Solferino (con l’allusivo logo di una “C” che circonda una “S” quanto mai sinuosa) si susseguono a tamburo battente, schierando un plotone di autori italiani e stranieri: saggisti, poeti, narratori, tra questi ultimi la finalista allo Strega Teresa Ciabatti e la bestsellerista di lungo corso Susanna Tamaro.

Poi, appunto, la scuderia interna dei giornalisti. Che sta firmando copiosa in questo autunno. Qualche giorno fa ha debuttato nel marchio Gian Antonio Stella. Diversi il titolo (302 pagine, 18 euro), cioè La lunga battaglia dei disabili per cambiare la Storia. È una carrellata appassionata e appassionante attraverso eroiche persone che hanno saputo lasciare il proprio nome imperituro nei secoli nonostante l’handicap. Anzi, proprio per questo, perché si può pensare che appunto la disabilità sia la condizione che affina i sensi e insieme la sensibilità, l’immaginazione, l’intelligenza. Ecco Giacomo Leopardi e quel suo corpo ripiegato su di sé; ecco l’astrofisico Stephen Hawking; il sordo Beethoven, capace di scrivere sublimi sinfonie, e il poliomielitico eletto quattro volte alla Casa Bianca Franklin Delano Roosevelt. Il cieco cantore Omero, il nano pittore Toulouse Lautrec, il deforme imperatore Claudio. Accanto a questi “divi” che hanno saputo eccellere strappandosi palmo a palmo la propria superiorità, i diversi della porta accanto – nei secoli perseguitati, oggetto di pregiudizi e cavie di esperimenti “scientifici” – riescono a reagire, a sorridere, a vivere, insegnando a tutti. Vengono in mente poi i folli, i Ligabue, i Van Gogh. E la frase del “demolitore” dei manicomi, Basaglia: «Visto da vicino nessuno è normale».

Fresco di stampa è anche il fresco papà Massimo Gramellini, che in Prima che tu venga al mondo (176 pagine, 16 euro) narra i suoi nove mesi in attesa del primo erede. Abilissimo a rovistare in sé come nel fortunato Fai bei sogni, il corsivista che ogni mattina firma in prima pagina “Il caffè” spiega cosa è passato nella sua mente di cinquantenne ormai con comoda e sistemata esistenza mentre stava diventando per la prima volta padre. L’ironia guida anche qui Gramellini, come usa fare nei suoi quotidiani fogliettoni. Insieme a una sequela di osservazioni su suoi sentimenti, in una sorta di lunga lettera scritta in punta di penna e nonostante tutto un po’ troppo autoreferenziale.

Di spessore l’ultima fatica di Antonio Polito, che del Corriereè stato vicedirettore e adesso è editorialista. Il muro che cadde due volte (192 pagine, 16 euro) è sì anche una riflessione dell’autore sul proprio percorso ideologico (da comunista negli anni Settanta a liberale, come tanti della sua generazione, fino all’odierno stato di perplessità ben sintetizzato dal sottotitolo del volume: Il comunismo è morto, il liberalismo è malato, e neanche io mi sento troppo bene). Ma è una analisi precisa e soprattutto schietta che partendo dal racconto del fatale novembre 1989 – quando si sbriciolò con il Muro il sogno marxista e su quelle rovine Polito ci passò il Capodanno – si dipana attraverso le illusioni perdute che vennero dopo: la costruzione di una democrazia liberale e di un libero mercato, in un mondo che si immaginava illuministicamente potesse essere il migliore di quelli possibili. Invece il nuovo sogno europeo si è mutato in incubo, la Terza Via non ha attecchito, la politica non ha saputo inventare risposte adeguate, lo scontento ha alimentato il populismo e il nazionalismo, ovvero il contrario dell’Europa immaginata. Dall’Inghilterra di Blair alla Brexit, insomma, all’Ungheria di Orban, alla prevaricazione tecnologica della Cina, alla chiusura nei proprio ego dell’America di The Donald. Ce n’è per guardarci in cerca di un bandolo.

Ancora autobiografia ragionata del percorso di crescita professionale e intellettuale in Italiani si rimane (288 pagine, 17,50 euro) di Beppe Severgnini, che del Corriere dirige il magazine 7. È la solita scrittura di Servegnini: leggera, spiritosa, ammiccante, soddisfatta delle proprie esperienze internazionali. Con la consolatoria e facile morale che qualunque cosa si faccia e qualunque cosa succeda, appunto italiani si rimane.

Italia in cucina, senza personalismi ma con rispetto della tradizione: ecco, nella collana Food di Solferino, il ricettario di Angela Frenda, nume del settore gourmet del Corrierone. Una partenopea che si svincola dalla zavorra delle rigaglie e rilancia come si deve la geniale e sapiente leggerezza tra i fornelli. Così ne I (miei) grandi classici (248 pagine, 18 euro) propone ottanta ricette, spaziando dal timballo di ziti ai risotti mantecati, dallo sformato di patate ai bianchetti fritti. A tavola, si sa, il mondo si pacifica.

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