Luca Fortis
In Siria, dopo l'aggressione turca/3

Il puzzle di Aleppo

Aleppo è stata al centro della terribile guerra civile con le forze governative chiuse nella Cittadella assediata dagli islamisti. Ora, mentre la Turchia vuole spaccare con la forza la comunità curda, qui la vita torna alla normalità. Con infrastrutture e palazzi pronti a essere ricostruiti

L’autostrada per Aleppo non è sicura perché troppo vicina alla zona di Idlib, ancora controllata dai ribelli e dalle forze turche. Per arrivare in città bisogna prendere la strada che costeggia il deserto a est. A sentire solo le televisioni italiane (e non solo loro) sembra che tutto il paese sia ancora in guerra, ma non è così, lo è solamente la parte a ridosso del confine turco. Qui, verso Aleppo, si procede lentamente per i tanti posti di blocco che rallentano il viaggio. Quando si arriva finalmente alle porte della città si viene accolti da una grande autostrada in parte abbandonata, da enormi tralicci ad alta tensione per l’elettricità, di quelli che un po’ ricordano la Tour Eiffel, i cui cavi però pendono giù ai lati perché tagliati durante la guerra civile. Gli alti palazzi in cemento armato intorno all’autostrada devastata sono completamente distrutti, a tratti piegati su se stessi come wafer schiacciati.

Dopo qualche chilometro, la situazione cambia: le cicatrici della guerra pian piano scompaiono e la vita scorre come sempre. Durante la guerra, la città di Aleppo è rimasta sempre divisa in aree controllate dal governo e altre dagli oppositori. Si erano formate delle vere e proprie trincee interne. Quelle rimaste sotto il controllo governativo sono ancora in buono stato, quelle finite sotto l’opposizione sono state distrutte durante la riconquista del governo Siriano, aiutato dai russi. Il fronte dell’opposizione aveva visto l’indebolimento dell’Esercito Siriano Libero e un rafforzamento dei gruppi islamisti. La parte del centro storico intorno alla piazza dell’orologio presenta i segni della guerra, ma i palazzi non sono distrutti. Più ci si avvicina alla Cittadella e alla parte medioevale della città, più la guerra si fa evidente.

All’imbrunire, l’isola pedonale sotto la Cittadella è piena di persone che riempiono i bar alla moda o che passeggiano tra i venditori ambulanti. Sembra quasi uno spettacolo onirico, la Cittadella è illuminata e per fortuna completamente conservata, ma il bazar e il vecchio centro antico sono invece molto danneggiati. Per fortuna non sono persi per sempre, sembrano terremotati. Ogni cinque palazzi, tre sono a terra, ma fortunatamente le pietre che li formavano possono essere utilizzate per ricostruirli identici. Il governo per ora le ha ammonticchiate ai lati, in attesa di ricostruire utilizzando la tecnica dell’anastilosi.

Probabilmente per scelta si è data la precedenza alla ricostruzione dei ristoranti e bar, per aiutare le persone che sono rimaste e non sono emigrate all’estero a tornare a vivere. Si tratta di un fattore psicologico: dare l’impressione che la vita e i suoi piaceri, siano tornati dopo la guerra civile e l’islamismo che aveva guadagnato potere nelle zone che erano in mano all’opposizione. Anche la riapertura di alcuni musei, come la Cittadella, fa parte del tentativo di Assad di presentarsi come l’uomo che può garantire il ritorno alla convivenza pacifica e della cultura nel paese.

Certo, tutto questo non prevede la democrazia, ma non la prevedeva nemmeno l’opposizione islamista.

Gli unici davvero democratici sono i curdi, i quali però ora hanno un bisogno disperato della protezione di Bashar al Assad e dei russi, dopo il tradimento americano e il tentativo turco di colonizzare i loro territori. Il piano turco prevede infatti di mandare i profughi siriani di religione sunnita e cultura araba o turca non nei loro territori di origine, ma al confine con la Turchia, così da dividere il Kurdistan turco da quello siriano con una fascia di popolazione siriana di cultura turca e arabo sunnita. Un piano appoggiato dal cosiddetto Esercito Libero Siriano. Ma questa è una politica che ha poco di democratico e ricorda più la colonizzazione culturale.

La Cittadella di Aleppo, zona in cui erano asserragliati i soldati governativi, assediati dagli oppositori che erano nella città vecchia, si è per fortuna salvata, tranne pochi danni. Il museo ha già riaperto e ci sono già i primi turisti. Il bazar sotto è invece molto più distrutto, a tratti è annerito a causa di un grande incendio, ma ancora intero, mentre in altre zone è crollata la volta. La vita però è tornata anche qui, cento negozi hanno già riaperto e una piccola zona, un caravanserraglio, è stato già restaurato. Per il resto, le pietre delle parti crollate sono state raccolte e ammonticchiate per rimontare tutto. È impressionante la quantità di casseforti aperte che si vedono tra le rovine, lasciate così dai negozianti che le hanno aperte prima di scappare. In molti cortili si vedono ancora i sacchi di sabbia usati dai cecchini per nascondersi.

I pochi negozianti che hanno riaperto mostrano fieri i loro nuovi negozi e sperano che piano piano la situazione torni come prima. La zona del centro in cui un tempo si concentravano gli alberghi nei palazzi storici è stata pesantemente colpita dal conflitto. Molte zone sono state distrutte, ma per fortuna potranno essere ricostruite, perché le pietre che formavano i palazzi sono ancora intere e in attesa di essere rimontante come un puzzle. Un tentativo di riportare indietro le lancette al periodo prima della drammatica guerra civile, un conflitto che però non potrà essere cancellato dall’animo delle persone, ma solo metabolizzato.

All’imbrunire, le persone affollano i ristoranti sotto la Cittadella, allo stesso tavolo vi sono donne velate e altre no. La gente passeggia nell’isola perdonale, un ambulante gonfia palloncini e crea con essi animaletti che dà ai bambini. I ragazzi siedono sul muretto e chiacchierano. Una folla compatta si muove, tra di loro ambulanti di ogni genere vendono dolci e giocattoli. Di fronte, un lungo serpentone di ristoranti e bar lussuosi separa la collina con sopra la Cittadella, tornata illuminata, dalle le rovine del bazar e del centro storico. La vita nonostante tutto è tornata, la folla per strada lo dimostra.

Facebooktwitterlinkedin