Marco Ferrari
Trent'anni dall'Ottantanove/2

Il prato di Berlino

Ricordo di una notte a Berlino Est, in viaggio verso L'Avana, negli anni Settanta. Il Muro comparve all'improvviso dietro una distesa di cavalli di frisia, contornato da un prato che sembrava un campo di calcio. E che ci difendeva dal suono scomposto di una pessima band rock

La prima volta che ho visto il Muro di Berlino è stata dall’altra parte, quella esterna, cioè dalla Germania Est. Era una notte buia a tempestosa e io viaggiavo con altri compagni, un gruppo di ragazzotti allegri e scherzosi, verso la calda Cuba passando per la fredda Berlino Est. Allora, eravamo negli Anni Settanta, non esistevano tratte dirette e solo le compagnie appartenenti al blocco dell’Est Europa raggiungevano l’isola di Fidel. E pure il volo della compagnia Interflug fece uno scalo successivo a Terranova, in Canada, per il rifornimento passando poi al largo degli Stati Uniti, cioè in pieno oceano. Invece di essere un volo in linea diritta, la rotta faceva due semicerchi, uno rivolto a nord e l’altro rivolto a est, pur muovendo verso ovest.

Quella notte dello scalo di Berlino Schönefeld, la compagnia ci offrì un dormitorio, in una trasversa alberata dell’ampia arteria che dall’aeroporto conduceva in centro città, credo la Karl Marx Allee. Era una palazzina elegante con un portone grande in legno, pavimento in parquet e una scala che portava al primo piano dove esistevano due cameroni, uno per gli uomini e uno per le donne. Ma quando fummo sul punto di separarci in due gruppi, un giovane di Livorno confessò che si era sposato quel giorno con sua moglie che gli stava accanto. Ci fermammo a pensare come risolvere quel dilemma. Noi uomini ci sacrificammo, pur essendo pieno inverno, credo febbraio. Un gesto da compagni, si diceva allora.

Quindi il drappello maschile posò le valigie e lasciò la camerata alla giovane coppia che la trasformarono nella loro prima intima alcova. Con una avvertenza: alla due in punto saremo tornati per dormire qualche ora prima del volo per l’Avana.

In compagnia di qualche ragazza avventurosa, ci trovammo costretti quindi a muoversi dalla zona, prendemmo un bus, quindi la metropolitana e arrivammo infine a Alexanderplatz, dominata dalla Torre della Televisione di Berlino (Fernsehturm), che ancora oggi continua ad essere uno degli edifici più alti d’Europa. Mangiammo in un ristorante ordinando carne di maiale e patate e bevendo un buon vino rosso e finimmo la serata in una birreria dove come sottofondo si ascoltava musica classica. Purtroppo non facemmo in tempo a visitare il Centrum Warenhaus, (oggi Gruppo Kaufhof), il principale grande magazzino di Berlino est. Ci sedemmo a lungo nella grande piazza ai bordi della Brunnen der Völkerfreundschaft (fontana dell’amicizia tra i popoli) tenendo gli occhi sul Weltzeituhr (orologio mondiale). C’erano poi delle transenne basse che ci tenevano lontano dal Muro, ma noi ci spostammo più a nord e giungemmo in una strada di media dimensione, piena di Trabant di vari colori. In fondo vedemmo una fila di dei cavalli di Frisia, poi una barriera metallica e quindi il famoso Muro. Notammo che tra la prima barriera e il muro, il campo era ben curato con l’erba tagliata, quasi si trattasse di un terreno per il calcio. A noi ci parve tutto in regola, direi ben tenuto. Dall’altra parte del Muro, del resto, rimbombava una musica rock da discoteca, assordante e disturbante, che voleva dimostrare la modernità e l’effervescenza notturna di Berlino Ovest. Ovviamente in noi non fece grande effetto, proiettati già nei ritmi della Trova cubana, abituati ad ascoltare le bellissime e armoniose composizioni musicali di Silvio Rodríguez e Pablo Milanés che si trovavano nelle librerie Rinascita. Per perdere tempo e attendere il secondo tocco della notte, oramai in un clima di sottile pioggia, ci incamminammo verso il residence della Interflug transitando per il Duomo e la Rotes Rathaus con l’imponente statua in bronzo dedicata a Karl Marx e Friedrich Engels. Passammo poi per quartieri di edilizia popolare e quindi ritrovammo la grande arteria con i suoi possenti Plattenbau, enormi e solenni edifici che testimoniavano la capacità architettonica dell’edilizia socialista e con famosa Karl-Marx Buchhandlung, la grande libreria della Ddr. Alle due del mattino conquistammo il letto. La camerata era ben riscaldata. I sogni furono sereni. Il socialismo funzionava. Cuba era vicina.

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