Mario Di Calo
Visto al Teatro de' Servi di Roma

La famiglia imperfetta

Con il suo "Vox family", Francesco Petruzzelli svela i classici vizi e virtù di una famiglia imperfetta. Il tredicenne ragazzo prodigio incompreso, la madre tiranna verso il figlio e verso il padre con il quale quel figlio ha generato. Una storia quotidiana resa universale e senza tempo

Francesco Petruzzelli, classe 1989, si forma presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” negli anni 2009-2012. La sua è una formazione prevalentemente attoriale, ma è proprio in quel luogo di studio, approfondimento e laboratorio che produce in forma embrionica Vox Family (scritto a soli ventidue anni). Nel 2017 lo porta in scena partecipando alla prima edizione della rassegna inDivenire diretta da Alessandro Longobardi e Giampiero Cicciò presso lo Spazio Diamante di Roma nell’ottobre del 2017  riesce dunque a portarlo in scena con la sua regia e vince, inaspettatamente, come miglior testo, migliore spettacolo e migliore attrice protagonista. Ora grazie al Teatro de’ Servi che lo inserisce in stagione come proposta Fuoriclasse, lo spettacolo ha registrato un buon successo di pubblico nelle tre serate programmate dal 13 al 15 maggio.

Quando il sipario si alza, troviamo distribuiti per lo spazio scenico sette derelitti, sette superstiti, sette membri, vittime di quello stesso sistema che un tempo poteva definirsi “famiglia tradizionale”, giuridicamente denominata “matrimonio”, ovvero un negozio fra due persone, a fini civili, comportando diritti e obblighi fra marito e moglie e nei confronti dell’eventuale prole. Ebbene di tutto ciò in scena non rimane nulla, solo zombie senza età sopravvissuti a quella vecchia struttura aggregativa verosimilmente esplosa in quello che sembra risultare un’apocalisse dei rapporti affettivi. Non vi è alcuna forma di ricostruzione.

Il protagonista Astro – diminutivo di Disastro – è un giovane tredicenne che si trova a fare i conti con la sua genialità, la sua prodigiosità e, per racimolare un po’ di affetto filiale da una madre che lo vorrebbe tale, poiché anch’essa genio e prodigio, è costretto a mentire. Genio e prodigio di figlia anch’essa cui ha dovuto rinunciare proprio in virtù di quel giovane virgulto arrivato in un momento sbagliato, trans/ferendo su suo figlio un desiderio di riscatto e rivalsa verso una società che volge verso un risucchio di se stessa. E di questo stato di cose ne è vittima il padre del ragazzo, nel volantino distribuito in teatro presentato come codardo, lo definirei vittima piuttosto, allontanato fin dai primi passi del bambino, giacché scomodo, sfruttato e spremuto all’osso solo per alimenti, e chissà cos’altro. Al padre viene impedito di incontrare, conoscere, frequentare suo figlio. Petruzzelli sembra volerci mostrare una società matriarcale subentrata a giusto diritto a quella patriarcale, incapace però di gestire un gravoso impegno fatto di rapporti complicati e relazioni sociali complesse. Lo svincolo e la redenzione vigono sovrane in questa collettività precaria. Astro, nonostante la sua giovane età, saprà mettere a posto le cose. Mentendo sulle sue reali capacità intellettive, riesce così ad avere le meritate attenzioni di sua madre, e di una nonna immaginaria che gli sta appiccicata come un alter ego, un amico immaginario, un altro da sè, più saggio e attempato. Il suo gioco tuttavia non può durare in eterno. Ben presto un test scolastico-attitudinale brillantemente superato, svelerà il suo tranello. E da lì in poi la situazione precipita clamorosamente in un finale inaspettato, sorprendente, che rimetterà a posto le cose. A fare da fermo immagine a questa struttura narrativa che s’imparenta con prepotenza a un genere di favola noir per adulti, adulti consenzienti, conniventi, prematuri, ci sono delle piacevoli decifrazioni di favole ben note come Biancaneve, Sirenetta, Hänsel e Gretel… attraverso un librone che passa di mano in mano fra i protagonisti di questa storia.

Encomiabili e prodighi gli interpreti tutti, in particolare le due nonne per la straordinaria caratterizzazione, Lorenzo Parrotto, Carlotta Mangione, Michele Lisi, Roberta Azzarone, Luigi Biava, Giulia Gallone e Irene Ciani, tutti e sette bravissimi per adesione e immedesimazione. Come un fumetto manga i personaggi non hanno una veridicità fisica. Tutti coetanei, in quanto ex compagni di corso, una biacca bianca sul volto e occhi cerchiati di nero annullano ogni verità anagrafica lasciando spazio alla sola disarmante crudeltà presentata senza filtri allo spettatore. Francesco Petruzzelli si attesta come un autore davvero perturbante. E il teatro ha bisogno di essere scomodo.

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