Teresa Maresca
Sulla mostra “Song of Myself” /2

Canto di me stesso

Anticipiamo dal catalogo della personale di Maresca, la nota dell’artista che ha radunato nel catalogo anche “vecchie parole” a lei dedicate nel tempo da scrittori e poeti, che si sono accordate perfettamente alle nuove opere. Anzi, come per magia ne hanno chiarito ancora meglio il senso…

Song of Myself. Ho pensato che questo semplice quanto intraducibile titolo del poema di Whitman fosse perfetto anche per me, che potesse raccogliere “il canto di me stesso”, o “il mio canto”. Lavorando in studio ai quadri per questa raccolta tematica, i miei “possenti” che si bagnano nel fiume e tra gli alberi, ho ripensato ad alcuni testi critici, o poesie, o anche brevi e-mail, che hanno aiutato e incoraggiato il mio lavoro di questi anni. È così che è nata l’idea di metterli assieme, parole di vecchi e nuovi conoscenti, nuove e più vecchie parole, e queste magicamente avevano un senso accanto ai “possenti”, anche se originariamente accompagnavano e si riferivano ad altre raccolte, ad altri temi, ad altri quadri.
Io che passo attraverso motivi diversi, le caverne, le cattedrali, le fabbriche abbandonate, le vecchie stazioni, i motel nel deserto americano, le piscine colorate della California, i fiori ossificati e le ossa, e ancora le caverne della preistoria e i suoi déi animali.
Io che arrivo a questi bagnanti tra acqua e bosco.
Mettendo assieme i nuovi quadri e le vecchie parole ho visto che si accordavano perfettamente, e con esse anche le nuove parole, quelle scritte per i bagnanti.
Chiusi così, in un’unica cornice, il vecchio e il nuovo, si chiariva il senso di tutto il mio lavoro, di quello che si viene facendo in studio dall’inizio, senza un progetto volontaristico, se non quello dell’ultimo tema che devo svolgere, fino a quando non l’ho esaurito.
Collocare i vari testi tra le pagine del catalogo (edito da Stampa 2009, ndr), accanto a quella o a quell’altra immagine, è stato molto facile, e le parole di Lalla Romano, di Roberto Sanesi, che non sono più tra noi, e che erano state scritte per altri quadri, hanno acquistato nuova forza e un’altra vita.
Il testo di Paolo Biscottini, con cui ho un importante dialogo da tempo, e per il quale gli sono grata, mi restituisce indagatrice del “senso del sacro”.
Sergio Givone ha rintracciato nella “linea d’ombra” il «motivo indicibile, altro», che muove i miei possenti.
I saggi di Carlo Sini, di Ettore Canepa e di Roberto Carifi, hanno illuminato i miei quadri alla luce di Peirce, di Emerson e di Heidegger.
I testi di Ken Shulman e Leopoldo Carra, innamorati delle piscine e degli acquari, hanno tessuto trame misteriose tra le mie piscine e i miei nuotatori.
Il dialogo teatrale del premio Pulitzer Navarre Scott Momaday, scritto per me e che qui si legge per la prima volta, mi ricorda la mia fiera appartenenza alla Terra, così come la intendono i Nativi, ma anche ai mondi sottili, inafferrabili e presenti, del Grande Spirito.
E ancora le e-mail dei poeti, quelli vicini, come Emilio Zucchi, con cui condivido la memoria della Resistenza, e quelle dei poeti lontani, da Parigi, da Caracas, da Perth, che hanno ricevuto per posta le immagini delle mie opere: Yves Bonnefoy, il molto amato; Santos Lopez, el brujo poéta, fratello; John Kinsella, anarchico pacifista, gli affiderei il governo del mondo sapendo che lo restituirebbe ad ogni singolo essere vivente.
Poi «La trasparenza e le acque», «i corpi di un classico disegno/ in un tempo di pausa o di attesa» della poesia di Maurizio Cucchi.
E per restare ancora in questa grande straordinaria famiglia, la poesia d’amore del “bagnante nudo” di Roberto Mussapi, che porto nel cuore.

(Nella foto Teresa Maresca, e vicino al titolo una sua opera della serie “Swimming-pools”)

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