Anna Camaiti Hostert
Cartolina americana

Trump, la Tav e la Cina

La liaison tra il nostro governo e la Cina ha messo in allarme Trump che vuole evitare l'ingresso in massa di Pechino in Europa. Ma, poi, come faranno a passare la frontiera italiani i cinesi, senza la Tav?

America, Cina e… Italia. Ma che c’entra l’Italia nella guerra tra questi due giganti? Il presidente XI Jinping sarà a Roma verso la fine di marzo per siglare con il primo ministro Conte un accordo importante con il nostro paese. L’Italia ha deciso, infatti, di sottoscrivere il patto soprannominato Via della Seta (in inglese Belt and Road Initiative – BRI) che dovrebbe aprire l’Italia a massicci investimenti cinesi sia sul piano delle infrastrutture che su quello del commercio. Interessato, tra gli altri, sarebbe il porto di Genova che dovrebbe fare un accordo con la China Communications Construction Company. Il porto di Venezia ha da tempo firmato un accordo con quello del Pireo già di proprietà di un’azienda statale di Pechino. Trieste e Ravenna potrebbero fare lo stesso in seguito, aprendo da sud un vero varco di penetrazione cinese verso l’Europa.

Ma questo passo del governo ha causato un vespaio nazionale e internazionale. Il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci ha dichiarato al Financial Times che l’Italia firmerà un memorandum di intesa per sostenere il massiccio programma di investimenti con cui la Cina vuole creare un’infrastruttura geopolitica per collegarsi all’Europa. L’Italia sarebbe, tra i G7, l’apripista di questa nova impresa. «Vogliamo essere sicuri che i prodotti made in Italy possano avere più successo in termini di volume di esportazioni in Cina, che è il mercato in più rapida crescita al mondo». Questa decisione che rimanda all’idea di Italia First ha provocato tuttavia dei malumori proprio dentro il governo e proprio da parte di quel ministro dell’interno Salvini (lui stesso ha proposto Geraci al MISE) che questo slogan l’aveva creato, mutuandolo da Trump e che, già ostile a quelle da lui definite forme di nuovo colonialismo della Cina in Africa, ha manifestato preoccupazione per questa decisione.

Il motivo?

Questa mossa non piace affatto alla Casa Bianca – a cui Salvini guarda come esempio – che ha già manifestato attraverso i suoi diplomatici a Roma il suo giudizio negativo su questa operazione. Inoltre Garret Marquis, il portavoce del consiglio per la Sicurezza Nazionale ha scritto su twitter: «L’Italia è un’importante economia globale e una grande destinazione per gli investimenti. Non c’è bisogno che il governo italiano dia legittimità al progetto di vanità cinese per le infrastrutture». E poi ha rincarato la dose: «Siamo scettici sul fatto che l’approvazione del governo porterà benefici economici sostenuti al popolo italiano e potrebbe finire col danneggiare la reputazione globale dell’Italia nel lungo periodo». Il motivo vero dell’ostilità americana sembra però essere un altro: la Casa Bianca sta per concludere con la Cina un accordo sul commercio. Tale accordo dovrebbe stabilizzare il deficit import/export spingendo Pechino anche a riforme interne. Il presidente Trump, che si incontrerà il 27 marzo con Xi Jinping in Florida nella sua residenza di Mar a Lago, teme infatti che l’accordo italiano con la Cina, possa indebolire questa manovra e, assieme a essa, anche quella di creare un blocco occidentale anti-Cina.

Ma c’è un altro versante che riguarda sempre l’Italia su cui si concentrano le paure americane: Il settore delle telecomunicazioni. L’Italia sta concludendo un accordo con il gigante cinese Huawei e gli americani hanno espresso la loro preoccupazioni per bocca del vicepresidente Pence il quale ha minacciato contromisure nei confronti delle nazioni che useranno tecnologia cinese 5G. E sempre Geraci ha affermato: «La questione non è Huawei sì, Huawei no. La vera questione deve essere quella sulle possibilità di accesso alla rete di competenze manifatturiere straniere. Non vedo Huawei come un caso – ha continuato – ma solo come uno dei 25 nomi di aziende manifatturiere che si possono scegliere a prezzi di qualità differenti». Nel frattempo le nazioni europee sono divise su come rispondere alla penetrazione in Europa di Huawei che è elemento di contesa tra americani e cinesi. Per questo Di Maio si è affrettato a rassicurare Lewis Eisenberg, ambasciatore americano a Roma, che il suo Ministero si occuperà di costruire una struttura di sicurezza per tutti gli equipaggiamenti nel settore delle telecomunicazioni. Il Governo tuttavia più che intensificare i controlli sulla sicurezza non potrà fare altro e non cancellerà i contratti esistenti. Ed è di nuovo Geraci che, parlando della cooperazione con la Cina, cerca di riassicurare gli Stati Uniti. «La Cina sta crescendo molto, ma ha una popolazione tra le più povere del mondo. È un paese pacifico che prova a nutrire il suo popolo. Noi all’ovest non capiamo cosa sta facendo e questo crea frizioni, ansia e sfiducia. Gli Usa non devono preoccuparsi della nostra lealtà nei confronti dell’Europa o della NATO. Non è mai stata in questione. Se c’è un problema possiamo essere aiutati a prendere la decisione migliore, ma questo non significa andare contro i nostri alleati americani» ha detto Geraci.

Eppure non sembra tanto rassicurato il Segretario di Stato, Michael Pompeo, che la scorsa settimana ha messo in guardia le nazioni europee dal comprare la tecnologia Huawei, pena l’essere tagliati fuori dalle iniziative sulla sicurezza messe in atto dagli Usa. C’è il pericolo che la Cina comprometta non solo la sicurezza individuale, ma anche quella nazionale dei paesi nei quali riesce a penetrare. Trump ritiene che assieme alla tecnologia si verifichino anche quei breach nelle informazioni riservate. I servizi segreti pertanto non comunicheranno più tra di loro e non si scambieranno informazioni confidenziali come hanno fatto fino ad ora.

Ma c’è ancora un problema che come una spada di Damocle pesa sulla testa del Governo italiano. E questa volta viene dalla Cina. Se l’intento del Xi Jinping è quello di penetrare capillarmente nel mercato europeo come si concilierà questo obiettivo con il blocco della TAV che quella stessa parte del Governo che vuole l’accordo sta mettendo in atto?

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