Lidia Lombardi
A proposito di "Gloria Bell"

Gloria reloaded

Sebastian Lelio ha girato il remake del suo film di culto con Julianne Moore. Un ritratto a tutto tondo, aggiornato e rivisto, di una cinquantenne del nostro tempo: tutta delusioni e incertezze

Provate a canticchiare uno dei ritornelli più travolgenti del pop italiano, che compie quarant’anni e ha conquistato sette dischi di platino: è Gloria, di Umberto Tozzi, che nel refrain suona così: “Gloria, manchi tu nell’aria, manchi come sale, manchi più del sole…”. Ebbene, queste note in exploit siglano nella cover Usa di Laura Branigan la sequenza conclusiva del remake che il regista premio Oscar Sebastian Lelio ha realizzato – situazione singolare nella storia del cinema – di un proprio film del 2013. Che cosa vuol dire tanto insistito replay? Che la protagonista di entrambe le pellicole e della canzone di Tozzi è così iconica da costituire un punto fermo nell’immaginario collettivo. Il motivo? La sua vitalità che schizza via pur nel tran tran quotidiano, nei passi falsi, nei dispiaceri. Sicché ogni donna può immedesimarsi nella sua eroica normalità. “Scappa senza far rumore dal lavoro e dal tuo letto”, dice il testo di Tozzi-Bigazzi. E in questo Gloria Bell la protagonista è appunto un tipo da porta accanto: cinquantenne, divorziata da dieci, bella senza ritocchi, una che esce di casa la mattina per andare in ufficio, ha l’amica del cuore, due figli sposati e un nipotino al quale si dedica volentieri, le sedute di yoga. Ma in questa inossidabile medietà lei si ritaglia spicchi di esuberanza e di inventiva che soltanto levità femminile può permettere: adora ballare, la Gloria 2019 che vive a Los Angeles (quella del primo film era cilena) e lo fa divertendosi un sacco in club per single, dove le può capitare di trovare partner non solo per una sera. Perché l’amore per un uomo s’identifica con quello per la vita. E infatti si innamora, appassionatamente, di Arnold, fresco di divorzio e come rigenerato dalla liaison che fa scemare la pressione sulle sue giornate dell’ex moglie e delle due figlie.

Slanci, affetti, emozioni, ricordi, sensualità – e in filigrana la malinconia – li ritaglia per Gloria Bell una umanissima Julianne Moore, attrice premio Oscar che ha convinto Lelio al remake (“Rifarei il film solo se lo dirigessi tu”, racconta il regista dell’attrice, incontrata a Parigi nel 2015. “E io – risposi – lo dirigerei solo se nel cast ci fossi tu”). Il movie è magnetico mentre tallona la protagonista. La cinepresa la insegue da quando spegne la lampada sul comodino dopo aver mandato giù un sorso d’acqua e una pillola al risveglio dei giorni feriali. Eccola, metodica che si lava i denti e piega gli asciugamani. Ma eccola anche, fantasiosa, cantare a squarciagola mentre guida sulle vecchie canzoni rimandate dall’autoradio. Vive di squarci sulla gente comune, la pellicola: senza una sbavatura, tra le altre, la scena sul pranzo di compleanno a casa del figlio. Gloria si porta appresso il nuovo fidanzato ed è tutto uno scambio di complimenti con l’ex marito e la sua nuova moglie, con la figlia legata a un ardimentoso surfista, con il figlio mollato dalla madre del piccolino che dorme nell’altra stanza. In un crescendo di ricordi, complicità, risate convenzionali che poi si increspa di qualche imbarazzo, specie quando Arnold, sentendosi escluso dal clan familiare per due ore ricomposto, sparisce. È il primo dei forfait dell’ondivago partner, incapace di dare un taglio alla rete dell’ex famiglia che lo soffoca, col cellulare che squilla comunque. Neanche una riconciliazione con tanto di week end kitsch a Las Vegas finisce bene. Lui si rende all’improvviso uccel di bosco e Gloria annega la disillusione nel casinò e in una sbronza. Poi si riappropria di se stessa, consapevole che le relazioni interpersonali non sono mai semplici. Riprendendo a ballare, da sola. Chissà, potrebbe venirle in mente quel “domani è un altro giorno” dell’indomita Rossella O’Hara. Fatto sta che Moore-Bell è destinata a diventare personaggio di culto, perfetto per presentarsi alle donne alla vigilia dell’8 marzo. Arnold la aiuta nella “scalata” con lo sguardo acuto e insieme introverso di John Turturro, sempre più divo nel Bel Paese ora che lo vediamo anche sul piccolo schermo nei panni di Guglielmo da Baskerville per Il nome della rosa.

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