Attilio Del Giudice
Una normale storia di umane miserie

Super bignè

«Ieri, verso mezzanotte, ho sentito dalla mia stanzetta che mia madre piangeva e gridava: “Con quale cuore, disgraziato, metti in mezzo un bambino innocente! Che ci hai in petto una pietra?”»

Il mio compagno di banco si chiama Tullio, non ce ne tiene di studiare tanto, però è una lenza e capisce tutte le cose. Quando gli ho raccontato il fatto, subito ha detto quello che c’è nei pacchettini e si è fatta una risatella. “Non l’avevi capito?”.
“No!”
“Ma, allora, sei proprio fesso!”.

Tullio quasi ogni giorno dice che sono fesso e siccome è lui che comanda, quando facciamo le partite a me mi mettono sempre in porta. Però mi piace lo stesso stare con Tullio, perché lui, ve l’ho detto, è una lenza e mi fa pisciare sotto dalle risate quando chiama il signor direttore per la strada e dice: “ Diretto’ ‘a capocchia!” Si nasconde e fa una pernacchia lunga lunga. Il direttore, che è uno chiatto e tiene una voce che si sente da lontano, grida come un pazzo: “Pezzo di merda! Vigliacco, fatti vedere!”

Mio padre mi manda a casa di un avvocato, mi dà un pacchettino chiuso con lo scotch marrone e mi dice: “Questo lo devi consegnare solo all’avvocato e a nessun altro, vedrai che ti darà una bella mancia. A mamma non devi dire che ti ho mandato dall’avvocato, guai a te se no. Devi andare dritto là, non ti devi fermare a parlare con nessuno! Hai capito bene?”
“Sì, ho capito bene.”
Io dico sempre che ho capito, perché se no lui dice che so’ strunzo. Però avevo capito veramente.

Ogni volta che ci vado mi viene sempre ad aprire uno con una canottiera nera, con certi muscoli, mannaccia, beato a lui! Poi viene l’avvocato di persona, è un tipo alto, coi capelli lisci neri, tutti azzeccati col gel. Porta una vestaglia gialla, lucida. Non se la chiude e sotto sta nudo. Mi fa sempre una carezza, dice che sono carino e mi regala due euro.

Ieri ha detto: “Guaglio’ oggi i due euro non li tengo, ti dispiace?”
Che dovevo di’? “No, avvoca,’ non fa niente, non vi preoccupate”.
“Bravo, sei un bravo ragazzo. Dammi un bacio”. Lui s’è calato e io ci ho dato un bacio sulla fronte.
“Ma che fai? Che mi devo fare la prima comunione? Dammi un bacio come si deve, in bocca.” Io ce l’ho dato e un po’ mi faceva schifo, che puzzava di cognac. Lui si è messo a ridere. “Non è più bello così? Aspetta, ora ti do cinque euro, però la prossima volta non ti dò la mancia, va bene?”
“Sì, va bene!
Di corsa mi sono andato a comprare un super bignè con la crema, che mi piace da morire e mi sono pure conservato tre euro.

Ieri, verso mezzanotte, ho sentito dalla mia stanzetta che mia madre piangeva e gridava: “Con quale cuore, disgraziato, metti in mezzo un bambino innocente! Che ci hai in petto una pietra?”
“Statti zitta, cretina, che svegli tutto il palazzo!”
Allora mia mamma lo ha chiamato con una brutta parola. Si vede che mio padre si è incazzato e credo che ci ha dato un cazzotto in faccia. Mia madre ha singhiozzato forte un altro poco, poi si sono stati zitti tutti e due.
A me è venuto da piangere e tenevo la voglia di abbracciare mia mamma e stare con lei stretti stretti.
Ho penzato che se mio padre mi manda un’altra volta dall’avvocato io dico che non ci voglio andare, ce lo dico e non mi devo mettere paura.

Però so’ sicuro che mio padre si incazza un sacco e se la piglia con mia madre perché dice che lei mi sta facendo crescere come quella recchia di zio Ginetto, il fratello di mammà, che è un tipo pipì e lo sfottono tutti quanti. Allora forse è meglio che non dico niente e ci vado lo stesso dall’avvocato, pure perché può darsi che l’avvocato vuole un altro bacio in bocca e mi dà un’altra volta cinque euro, così mi compro il super bignè (su questo non ci piove) e mi conservo altri tre euro.

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Accanto al titolo, un’opera di Pablo Picasso

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