Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Tra lingua e lingua

La traduzione che supera se stessa, scaturita dalla magia del fare poesia da altra poesia. Omaggio a Salvatore Quasimodo, autore ingiustamente sminuito, a 40 anni dalla morte. E ai suoi “Lirici greci”, puro incanto dove il greco si fonde con l’italiano del magno greco siciliano. A cominciare da Saffo...

Nel 1968, quarant’anni fa, moriva Salvatore Quasimodo. Uno dei grandi poeti italiani del Novecento, premio Nobel, letto molto e molto amato in vita, punito con un errato ridimensionamento critico dopo la morte. Certo Quasimodo apparteneva alla triade includente Ungaretti e Montale, più grandi, ma non ho mai compreso il modo di ragionare da Bar Sport di tanti critici, di allora come d’oggi. Ungaretti mi commuove più di Montale, che a tratti mi sembra superarlo per visione del mondo. I poeti sono come le stelle, alcune brillano i più, ma nessuna offusca l’altra. Noi possiamo amarne una e prediligerla, ma questo è un fenomeno di affinità elettive, non un giudizio sulla lucentezza.
Salvatore Quasimodo ha un incontro fatale con i lirici greci, poco noti se non agli eruditi. È incantato. Non ha potuto frequentare il Liceo classico e l’Università, per le modeste condizioni della famiglia. Studia il greco privatamente, grazie a amici. Anche il ricco Leopardi lo studiò così, con un precettore. Alcuni professori espressero sdegno verso questo poeta, non fornito di studi regolari, che regalava alla lingua italiana, la lingua di Dante, il tesoro della lirica greca. Quasimodo crea, con la sua scelta e traduzione, un libro meraviglioso.
Provate a leggere i lirici greci nelle traduzioni degli accademici autorizzati. Lasciamo perdere. Qui, puro incanto. La poesia di Saffo, che sarà ripresa da una non certo inferiore di Catullo, splende della lingua che immaginiamo marina, albare e rilucente dei lirici greci. Quasimodo la fa suonare come su una cetra. Fonde il greco di Saffo con l’italiano del magno greco siciliano Quasimodo (“magno greco siciliano” vuol dire internazionale, l’opposto di “siculo”).
Vediamo lo stupore, l’incanto del poeta che vede apparire la persona subito amata, che rende sovrano chi le è accanto.
Alcuni affermano che Lirici greci è il libro più importante del poeta Quasimodo. Con malizia, per ridimensionare quelli da lui firmati in prima persona. Anch’io credo sia il suo libro più importante, ma, a differenza dei piccoli invidiosetti, non certo per ridurre il peso dei libri firmati i prima persona. No, Lirici greci è opera eccezionale per quanto avviene a livello di comunicazione tra poeta vivo e poeti morti, tra tempo presente e tempo passato, tra lingua e lingua.
Perché fare poesia da altra poesia significa creare la magia della traduzione che supera se stessa. Da tempo scrivo, predico e pratico, che la scrittura poetica è una traduzione incessante. La ricerca della propria voce traverso quella degli antenati. L’importante è riconoscerli, Quasimodo lo ha saputo fare. Necessaria la pubblicazione, ora, a quarant’anni della sua morte, dei suoi Lirici greci nello Specchio Mondadori, con l’introduzione profonda di Giuseppe Conte.

 

A me pare uguale agli dei

A me pare uguale agli dèi

chi a te vicino così dolce

suono ascolta mentre tu parli.

 

E ridi amorosamente. Subito a me

Il cuore si agita nel petto

solo che appena ti veda, e la voce

si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

e ho buio negli occhi e il rombo

del sangue alle orecchie.

 

E tutta in sudore e tremante

come erba patita scoloro:

e morte non pare lontana

a me rapita di mente.

Saffo

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

 

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