Sergio Buttiglieri
Al Piccolo di Milano

Il Natale di Slava

Ancora una volta, durante il periodo delle feste, torna in Italia con il suo "Snowshow" il clown russo Slava. Uno spettacolo tra circo e poesia che sa emozionare sia i grandi sia i bambini

Slava Polunin torna in Italia (dal 27 dicembre prossimo al Piccolo di Milano) anche quest’anno con il suo intramontabile Slava’s Snowshow: uno spettacolo costruito su una serie di gag poetiche e festose, che ricordano Chaplin e Marceau, e vanno ben al di là della tradizione del circo. Si tratta, infatti, di uno spettacolo travolgente, che attraversa l’anima dello spettatore adulto e bambino, che sorprende per poesia e precisione dei meccanismi teatrali. Slava’s Snowshow, giunto per la prima volta in Italia a Torino nel 2005, è stato visto in 25 paesi del mondo da oltre un milione di spettatori: è un carosello di trovate sceniche, di gestualità surreali che occhieggiano al grande Chaplin ma anche a Marcel Marceau.

Ne è ideatore, appunto, il russo Slava Polunin, uno dei più popolari clown del nostro tempo, formatosi alla scuola di mimo di San Pietroburgo. Un artista che con questo suo Slava’s Snowshow aveva vinto già nel 1997 l’Olivier Award come miglior spettacolo. Ancora oggi, fra l’altro, alcuni estratti dei suoi numeri sono parte integrante della produzione Alegria del Cirque du Soleil. Il suo è un teatro rituale e festoso, che crea un’unione epica, intimistica fra tragedia e commedia, assurdità e spontaneità, crudeltà e tenerezza. Una bufera di emozionanti situazioni sommerge lo spettatore, come durante il gran finale, quando una teoria di enormi, leggerissime sfere colorate invadono la sala e tutti gli spettatori si ritrovano di colpo coinvolti in un happening inaspettato e gioioso. Dalla tradizione circense alla rilettura felliniana del mondo dei clown, questo spettacolo ha il dono di alleggerire la mente dello spettatore e restituirgli la capacità di sognare ad occhi aperti.

I movimenti impacciati delle buffissime figure inventata da Slava non sono affatto casuali, ma frutto di una rigorosa ricerca sul movimento, sul gesto e sul coordinamento del corpo. Un corpo per tutto il tempo ironicamente travestito in scena nelle tradizionali fogge clownesche, mirabolanti moltiplicatori di segni: nasi rossi, capelli spiritati, piedoni lunghissimi, trucco spesso. Solo che qui non siamo al circo: Slava ama contaminare i generi. La sua è una eccentrica pantomima, definita dallo stesso artista, dostoevskijanamente, «idiozia espressiva». Insomma, è tutto qui  il motivo del successo planetario di Slava, che definisce il suo «un teatro che sfugge a qualsiasi definizione, all’interpretazione unica delle sue azioni e da qualsiasi tentativo di limitazione della sua libertà».

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