Valentina Fortichiari
A proposito di Michela Monferrini

Muro, magister vitae

Un assaggio del nuovo libro di Michela Monferrini: "Muri Maestri", edito da La Nave di Teseo. Un racconto tra suggestioni artistiche e letteraria, una raccolta iconografica attraverso le parole dei significati e dei significanti del muro

L’altro giorno, china sulle carte zavattiniane del testo teatrale Come nasce un soggetto cinematografico, mi sono imbattuta nella parola muricciolo e poco dopo muro, ho pensato subito per associazione a Michela Monferrini e al suo recente libro Muri maestri (ed. La nave di Teseo, pp.142, €18), la cui lettura mi ha regalato momenti di sorpresa, stupore, gioia. Che a una studiosa e scrittrice, la quale in pochi anni ha già dato prove letterarie eccellenti, sia venuto in mente un tema tanto singolare, nuovo, metafora contemporanea più che mai significativa e significante, fa sperare che alcune giovani intelligenze siano vivaci, controcorrente rispetto al silenzio di intellettuali che paiono non trovare più qualcosa di originale da dire, qualcosa che ci faccia sobbalzare rispetto alla modesta uniformità della produzione editoriale italiana.

Il suo è un piccolo libro che parte subito in accelerata: in me ha evocato l’irruenza di una marea in crescita, travolgente, tenace, inarrestabile. Immagini, nomi, concetti, eventi, sogni, ricordi, sono tappe progressive di un viaggio che fa il giro del mondo, in un accumulo esorbitante di Persone che vogliono uscire dalla norma comune con progetti folli, o semplicemente fantasiosi, pur di lasciare un segno nelle coscienze, pur di muovere l’umanità al riso o al pianto, all’indignazione. Si passa del resto, leggendo, in mezzo a categorie, archetipi dell’umano esistere e di sentimenti condivisi, che Michela suggerisce in testa ai vari capitoli, non scegliendoli a caso: fratellanza, desiderio, amore, sensibilità, impegno, giovinezza, dolore, fede. Perché il libro dei muri è anche e soprattutto una storia, un viaggio attraverso i sentimenti. Lei stessa, nei suoi trentadue anni trascorsi viaggiando nel mondo, nella letteratura, nella vita, con i pensieri in subbuglio, mai appagati, deve essersi mossa fra queste ‘corsie’ come un nuotatore in piscina, guidato da confini certi nel suo girovagare inquieto, nel suo fluttuare in acqua (va detto che Michela ama il nuoto, che qua e là nel libro fa capolino).

Tutto nasce da una idea bizzarra: «Immaginate di rinascere rondone» è una sorta di invito contenuto in apertura al libro. Un rondone capace di diventare scalatore di muro, grazie a un volo che non conosce motori, ma il silenzio dell’aria e il galleggiamento di un deltaplano sospeso nel vento. Il rondone raggiunge quote elevate e plana ad ali spiegate, senza mai atterrare. Di volo in volo, il rondone e, insieme, lo sguardo dell’autrice si elevano, scendono, risalgono: con un procedimento per associazioni mentali, con virate veloci e pause, sorvolano muri, alla ricerca di quei muri speciali che sono il contrario della separatezza. Muri che parlano, muri dipinti, opera di mani che desiderano, che lottano, che pregano, che sperano «da qualche parte del mondo». Muri pretesto per raccontare le storie degli altri. Muri che hanno contribuito a creare una storia dei luoghi e dei cambiamenti, e soprattutto originalissime storie di liberazione.

Storie di muri sono finite – nel corso del tempo – dapprima in un raccoglitore azzurro; successivamente Michela ha avuto bisogno di differenziare e categorizzare i muri con cartelline differenti, sempre più numerose da quando anche gli amici si sono messi a chiederle: «Questo muro lo hai già?», prendendo gusto a segnalare storie di confini, di barriere, oppure di tutto ciò che ha contribuito ad abbatterle. E l’archivio intanto ingrossava. «Io li ho visitati tutti – dice Michela -, ho appuntato – assieme ai desideri ultimi che andavo chiedendo ai miei amici – quelli della gente che non conoscerò mai, i più irrealizzabili, i più commoventi, i più divertenti, i più strani. I più umani». Così, assecondando il gioco suggerito, il lettore che si fa rondone, passa dal muro di Berlino a quello del Pianto, da Wall Street ai muri dell’artista Candy Chang, che, sui muri, prima a New Orleans poi in tutto il mondo, va a caccia dei desideri più importanti prima di morire (Before I die: formula capace di dare ali alla fantasia della gente), quelli che è assolutamente necessario realizzare prima che sia troppo tardi: Conoscere mio padre. Avere un figlio. Tornare a nascere. Scrivere un libro. Vedere un fantasma. Leggere nella mente delle persone. Inventare qualcosa che cambi la vita delle persone. Vivere amare ridere. Vedere Lenin resuscitato. Combattere contro uno squalo. Rivedere mio padre. (Sono esempi fra i più interessanti.)

E poi, ancora, scritte, slogan, messaggi, ferite, possono a volte mutare lo sguardo, il pensiero dell’umanità: dal muro di John Lennon a Praga sino a quello di Hong Kong, dal muro spezzato della stazione di Bologna, passando per Lisbona, Zurigo, Londra, Parigi, approdando a Pechino, ovunque i muri maestri siano spazi di memoria, simboli di fratellanza universale, manifesto di ribellione, di amore e di gioventù. A volte basta una parola a far crollare un muro, come quella che, pronunciata avventatamente la sera del 9 novembre 1989, ha cambiato la storia del muro di Berlino. Oppure un imperativo, «Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori»: sono le parole di Cosimo nel racconto di Italo Calvino, Il barone rampante. E poi c’è Lata 65, novant’anni, che, grazie a una bomboletta di colore, ha trovato un modo di continuare a esserci, di sottrarsi all’oblio, disegnando un murales a Lisbona, che starà lì per sempre, anche dopo che lei non c’è più. Qualcuno i muri li disegna, qualcuno li ripara, qualcuno li distrugge, oppure i muri scadono, si ricoprono di crepe (Erri De Luca).

Michela ha scelto di chiudere il suo libro con una immagine bellissima, il dipinto di un muro, o meglio un dettaglio, “quella piccola ala di muro giallo” nella Veduta di Delft del pittore Vermeer (foto di copertina): un dettaglio sul quale si posa lo sguardo di Bergotte morente nella , affranto, pieno di stupore per non averla notata prima. Perché quella piccola ala di muro giallo si fa pensiero e metafora di una scrittura che avrebbe potuto essere diversa, più preziosa e colorata. Ma questa non è che un’altra delle innumerevoli storie del suo piacevolissimo libro.

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