Paola Benadusi Marzocca
“La marmellata di Nostradamus”

Predizioni ai fornelli

Storia e ricette in un singolare libro edito da Jaca Book e firmato da quattro autrici russe. Che racconta del talento culinario dell'indovino più famoso del mondo, Michel de Notre-Dame. Sapiente in decotti e in squisite marmellate, previde molto in anticipo il successo di “Master Chef”

“La marmellata di Nostradamus” (Gelija Pevzner,Tatiana Nikitina, Maria Maramzina, Olga Zolutuchina, Jaca Book, trad. dal russo Corrado Piazzatta, 65 pagine, 16 euro) è un libro singolare di storia e di ricette di cucina con smaglianti illustrazioni e raffinati disegni in bianco e nero. E soprattutto è divertente e ricco di notizie anche riguardo alle marmellate. Sapevate ad esempio che la più costosa confettura del mondo, quella di ribes rossi e bianchi, fu inventata nel Medioevo nella deliziosa cittadina francese di Bar-de-Luc? Proprio qui già dal XIV secolo i signori del castello di Bar spedivano alla corte di Versailles questa pregiata marmellata dal sapore squisito che richiedeva un’accurata e lunghissima preparazione e la cui ricetta ancora oggi è segreta.

Ed eccoci a Nostradamus, l’indovino più famoso del mondo, Michel de Notre-Dame, astrologo, alchimista, medico francese che visse nella seconda metà del XVI secolo. Le sue predizioni contenute nelle quartine delle Centurie astrologiche lo resero famoso più delle sue marmellate, raccolte nel primo ricettario al mondo non proprio facile da leggere perché a Nostradamus piaceva «cifrare i propri scritti». Divenne medico di corte di Caterina de’ Medici curando in particolare Carlo IX. Caterina era la regina di Francia e si era ricordata di lui perché il famoso mago aveva chiaramente previsto la morte di suo marito, il re Enrico II, durante un duello in un torneo voluto da lui stesso con il conte di Montgomery. Nella fatale cavalcata Enrico era stato disarcionato dall’avversario e una scheggia di legno della lancia gli era entrata negli occhi attraverso la visiera dell’elmo condannandolo a una lunga e inevitabile agonia. «Il giovane leone il vecchio sormonterà/ Nel campo bellico in singolar tenzone/ Nella gabbia d’oro gli occhi perforerà…». Più chiaro di così. Caterina da allora ebbe una fiducia incondizionata in Nostradamus. Ancora oggi a Salon-de Provence si racconta la storia di quando la potentissima regina andò a visitare Michel de Notre-Dame nella sua modesta dimora.

Giovanissimo, Michel si era dedicato all’alchimia, la scienza più progredita del suo tempo dopo essersi laureato in medicina all’università di Montpellier nello stesso periodo più o meno di Rabelais, il creatore di Gargantua e Pantagruel. Entrambi erano amanti del cibo e si divertivano a fare scherzi e a deridere manigoldi e scocciatori. Da leggere la parodia che scrisse Rabelais a proposito di astrologi e indovini. «I ciechi, quest’anno, ci vedranno ben poco, i sordi ci sentiranno maluccio, i muti non saranno granché loquaci, i ricchi se la caveranno un po’ meglio dei poveri e i sani meglio dei malati…». Si riferiva forse a Nostradamus? Fatto sta che quest’ultimo era molto interessato ai misteri, ai segreti nascosti nell’universo. Quindi non poteva mancare di occuparsi di astrologia che godeva nel Cinquecento di grande considerazione perché in base alla posizione in cielo delle stelle e dei pianeti si riusciva a prevedere il futuro. All’epoca le scienze non erano ancora separate dall’arte né dalla magia e nel mondo conosciuto ogni cosa era legata all’altra con molto sospetto della Chiesa che riteneva spesso gli esperimenti degli alchimisti veri e propri atti di stregoneria.

In realtà le ricerche di Nostradamus partivano da una base scientifica; egli era, per i suoi tempi, un grande medico esperto di erbe, in grado di curare persino la peste, la cosiddetta “morte nera”, il più terribile morbo del Medioevo, giunta da Oriente attraverso le spedizioni e i commerci dei mercanti e navigatori. Ma se lui non la contrasse, di peste morirono ad Agen sia sua moglie che i suoi due bambini. Con lo stesso impegno con cui faceva le sue marmellate e sceglieva le erbe per farne decotti per il mal di pancia e la tosse, si mise a cercare il magico elisir della vita eterna: la pietra filosofale. Nel suo grande giardino a Salon-de-Provence coltivava innumerevoli alberi da frutta e spesso andava al mercato a osservare l’esposizione di frutta e verdura. Anche per preparare marmellate e canditi occorreva conoscere complicate formule e avere molta perizia; non a caso conosceva benissimo il poema di Oddone intitolato Virtù delle erbe. Per finire, oltre le sue oscure profezie che dovrebbero prevedere l’accadere degli eventi fino al 3797, Nostradamus aveva compreso anzitempo il trionfo del cibo nel futuro degli uomini, l’importanza dei laboratori e degli strumenti da cucina e della convivialità. Anche in questo caso la sua predizione si avverò.

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