Roberto Verrastro
A cinquant'anni dalla morte

Le donne di Woolrich

Cornell Woolrich, lo scrittore preferito da Hitchcock, ha raccontato le ossessioni e le paure del Novecento. Dimostrando che il caso sta sempre dalla parte del più forte

All’inizio ci fu musica, che alla fine divenne un’ondata travolgendo ogni altro pensiero. Cinquant’anni fa, il 25 settembre del 1968, morì a New York all’età di 64 anni Cornell Woolrich, il maestro del genere noir a cui più di ogni altro hanno attinto il cinema e la televisione nel Novecento, con il picco di celebrità raggiunto nel 1954 con La finestra sul cortile, il capolavoro di Alfred Hitchcock basato sul racconto che Woolrich scrisse nel 1942 con il titolo It Had to Be Murder. Un interesse per la sua opera che continua a mezzo secolo dalla scomparsa: la Phoenix Pictures, compagnia cinematografica statunitense che ha prodotto film di registi blasonati come Zodiac di David Fincher e Shutter Island di Martin Scorsese, sta avviando un progetto televisivo per la realizzazione di una serie ispirata ai racconti di Woolrich. Lo scrittore si spense mentre era al lavoro su due romanzi, uno dei quali, intitolato Dentro la notte, fu pubblicato postumo negli Stati Uniti nel 1987 e nello stesso anno in Italia, nella traduzione di Tina Honsel (Mondadori, 239 pag., 9,99 euro).

Il romanzo fu completato dal giallista statunitense Lawrence Block, oggi 80enne, che fu impegnato soprattutto a scrivere la sequenza iniziale di 25 pagine, visto che del finale, per altro quasi obbligato dall’impianto narrativo, tra le carte di Woolrich fu ritrovato un abbozzo, come confermò Francis M. Nevins, autore della biografia dello scrittore dal titolo Cornell Woolrich: first you dream, then you die, apparsa negli Stati Uniti nel 1988, che racconta un destino di tormenti e solitudine, simboleggiato dalla presenza di appena cinque persone al suo funerale. Lo stesso destino che traspare dalle sue ultime pagine, una storia di donne dannate in cui la musica all’improvviso si interrompe. Madeline Chalmers, una ragazza senza identità sociale che vive in un luogo transitorio per definizione, una camera d’albergo nella New York del 1961, si rende conto che la sua unica compagnia è una pistola ereditata dal padre morto alcolizzato. Madeline spegne la radio per suicidarsi nel silenzio assoluto: «Si mise la canna in bocca, la sua lingua percepì il sapore dell’acciaio». È l’inizio dell’unica fase di gioia della sua vita, che a Madeline appare un istante dopo come l’esito fortunato di una roulette russa: «Il percussore colpì una camera di caricamento vuota».

Incapace perfino di suicidarsi, Madeline assapora almeno la sensazione esaltante della sopravvivenza, al punto di riaccendere la radio per mettersi a ballare, senza accorgersi di avere ancora la pistola in mano, di cui si sbarazza buttandola distrattamente su un tavolo. «Forse il ritmo della musica e la gioia di vivere la spinsero a gettare enfaticamente la pistola. L’impatto fece partire il colpo… i suoi occhi furono attratti dalla finestra aperta. Mentre la stava fissando, sentì qualcuno gemere fuori». Un incipit che sarebbe piaciuto a Hitchcock che, in un ribaltamento dei ruoli, pare aver ispirato molti dettagli del romanzo. Al posto di Madeline, viene uccisa dal proiettile vagante una sua alter ego: la 22enne Starr Bartlett, come lei figlia di un padre morto alcolizzato. «Starr, volevo morire perché la mia vita era senza scopo, pensò. Adesso troverò uno scopo vivendo per te». L’assurda morte di Starr viene archiviata dalla polizia tra i delitti insoluti, accentuando il senso di colpa di Madeline, che va a trovare la madre della ragazza, Charlotte, fingendosi una conoscente della figlia.

È il momento delle confidenze tra donne, di «quella tipica massoneria femminile che emerge quando l’argomento è una vicenda sentimentale». Charlotte rivela a Madeline di avere perso in precedenza anche suo figlio, sparito in circostanze misteriose quando il piccolo non aveva nemmeno cinque anni. Il corpo non fu mai ritrovato. Quanto a Starr, era innamoratissima di Vick Herrick, il marito trentenne la cui prima moglie, Adelaide Nelson, una cantante di night club, non aveva accettato pacificamente il divorzio: la donna fece una volta nel cuore della notte una telefonata a Starr, che aveva sconvolto la vita di quest’ultima tanto da indurla a dirigersi a New York dai sobborghi in cui viveva, per uccidere Vick, se non avesse incontrato lei stessa la morte prima di realizzare il suo proposito. Il piano probabilmente sarebbe comunque fallito, perché Charlotte fece in tempo a levare dalla valigia della figlia la pistola che è ben lieta di cedere a Madeline, dopo averla raggelata con un’intuizione: «È stata lei… l’ho capito quando non è voluta venire in chiesa con me», dice Charlotte riferendosi a una messa per la povera Starr alla quale Madeline ha rifiutato di presenziare.

Madeline, la donna che vive solo attraverso le maschere, si finge ora un’aspirante cantante ammiratrice di Adelaide Nelson, alla quale sottopone una sua canzone dal titolo beffardo, Abbi un cuore: prendi il mio. Tra le note del pianoforte le due donne coltivano un’amicizia che sembrerebbe sincera, se Madeline non avesse annotato su un taccuino le due fasi del suo progetto: 1) fare i conti con una donna; 2) uccidere un uomo. A regolare per primo i conti con Adelaide è però un suo amante geloso con un passato nella malavita, Jack d’Angelo, che la uccide nella vasca da bagno, confessando il delitto. A Madeline non resta che fare la conoscenza di Vick, facilitata dal fatto che si tratta di un fotografo che ama mettere in posa le belle donne di New York. I sorrisi di fronte all’obiettivo non evitano alla ragazza l’ennesimo orrore, scoperto frequentando l’uomo: la telefonata notturna che aveva sconvolto Starr Bartlett, era la rivelazione da parte di Adelaide Nelson che Vick non era altri che il fratello di Starr scomparso misteriosamente da piccolo. Un incesto di cui Vick era per giunta consapevole, a differenza della sorella.

Nell’intimità Starr aveva raccontato a Vick la storia di suo fratello, ignorando di averlo di fronte e indicando con precisione l’indirizzo al quale viveva da piccola, coincidente con quello che a Vick, sette anni prima, quando non conosceva Adelaide Nelson né Starr, svelò in punto di morte la donna che egli credeva sua madre e che, negli anni Trenta, lo aveva sequestrato alla famiglia dileguandosi nel nulla e facendola franca con la polizia, dopo che il suo vero figlio era nato morto. Ma alla radio va in onda una canzone scritta da Madeline durante l’amicizia con Adelaide Nelson: «io e te insieme in un piccolo paese, dove c’è posto solo per due…». La pistola viene riposta, perché ci fu musica anche alla fine, quella nel cuore di Vick e Madeline, due solitudini disumane che diventano la più singolare delle storie d’amore grazie agli atti mancati di un’altra donna che visse due volte.

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