Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Il soffio di Wright

L’autore americano che si scoprì poeta leggendo Pound sulle rive del Garda, e che ha eletto a suoi maestri anche Dante e Montale, ha una voce che “suona come vento da una caverna”. Tra i maggiori nel panorama poetico americano spesso dominato dal minimalismo

La lingua di Charles Wright ha una magmaticità evocante quasi intraducibile, il suo americano suona come vento da una caverna. La seria e onesta traduzione dei suoi versi ne rende il senso e il pensiero, ma solo una riscrittura di anima affine potrebbe coglierne il soffio onirico e plasmante.
Nel mese di marzo del 1959, a Sirmione, l’americano Charles Wright, leggendo Blandula, Tenulla, Vagula, la celebre poesia in cui Ezra Pound definisce Sirmione la più bella del Paradiso, scopre la sua vocazione. Immerso nel paesaggio del Garda, tra gli ulivi e le acque azzurre del lago, da quel momento folgorante ha inizio la scoperta dei suoi maestri: Pound, Montale, Dante.
“Battesimo per immersione totale” nel paesaggio italiano: conscia di questo rito equoreo assoluto, la voce di Wright diventa la maggiore della poesia americana di oggi, non priva di pochissime altre voci vocanti, ma dominata dal virus, e dalla moda, suo sinonimo, del minimalismo.

 

 

Guidando in Tennessee

Strano quel che riporta il passato.

I genitori, ad esempio, come si profilano fervidi

nei brevi e istantanei

lampi di memoria, un piede davanti all’altro

perfino a ritroso, e così inaccusabili.

 

E le città in cui vivemmo un tempo

e chi eravamo allora, le vie percorse su e giù,

ritornano davanti a noi come brina

su cui batte la luce della luna, e ritorna Gesù, Stefano Martire

e San Paolo della Spada…

 

– Io sono la loro musica,

madri e padri e luoghi dove ci affrettammo nella notte:

accosto la bocca alla polvere e canto la loro canzone.

Ricordati di noi, Galeotto, e fischietta il nostro motivo

quando verrà l’ora,

per amore di carità.

Charles Wright

(Da Charles Wright, Crepuscolo americano, Jaca Book, 2001, traduzione di Antonella Francini)

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