Delia Morea
A proposito de "La cantina"

Raimondi e lo sconosciuto

Mauro Fabi, attraverso il suo commissario Raimondi, racconta un mondo di misteri e incertezze in cui l'unico obiettivo è quello di farsi inghiottire dalle tenebre

Roma, agosto 1976, un caldo infernale, la città spopolata sembra un fantasma che non trova requie. In questa atmosfera metafisica, sospesa dal resto del mondo, accade un fatto strano. Un uomo scende in cantina per cercare il canotto del figlio di sei anni e trascorrere una giornata al mare con la famiglia, ma non risale più. Scompare. Il commissario Raimondi, che dovrebbe partire per le ferie, vi rinuncia per seguire il caso. Questo è il plot principale del romanzo La Cantina (Avagliano) di Mauro Fabi, di recente uscita, che racchiude in sé molto più degli stilemi del classico romanzo “giallo”.

Ricerca nei perché fondamentali dell’esistenza, s’interroga su quesiti che riguardano la vita, l’amore, la solitudine, la morte, e lo fa attraverso la tormentata ma splendida figura di Raimondi, in alcuni caratteri simile al tenebroso Marlowe di Chandler che, però, a differenza del detective americano, non beve e non fuma, soffre di una terribile cefalea che lo conduce ai limiti della sopravvivenza. Il commissario è uomo colto, di letture importanti (legge Buzzati) e vive un amore difficile con una donna sposata che avrebbe dovuto raggiungere in Sardegna.

Con una scrittura di grande attrattiva, chiara, senza fronzoli, che si fa leggere coinvolgendo, Mauro Fabi è abile nel sondare l’animo umano, nel raccontarne i malesseri e i momenti di bellezza, crea profonde atmosfere nella minuziosa descrizione della vita: l’approssimarsi di un temporale, la malinconia dei ricordi, la dolcezza di un luogo, la sua memoria.

Tutto un vissuto descritto con gli occhi del commissario Raimondi che è il perno fondamentale della vicenda: “Era solo. Poteva immergersi in quell’oscurità violata, divenirne parte, perdervisi. Sentì crescere dentro di sé una nostalgia infinita, antica. Generazioni sfilarono davanti ai suoi occhi. Uomini con gli sguardi remoti subito inghiottiti dalla notte nera dei tempi”.

Ogni pagina di questo romanzo ha una sua valenza, un suo significato, nulla è lasciato al caso, con un ritmo incalzante, sul filo del mistero. In questo, che possiamo definire “romanzo psicologico”, s’innesta la trama “gialla”, la ricerca attenta delle cause della scomparsa dell’uomo nella cantina. Una cantina tortuosa che regge le fondamenta di un palazzo alveare, che si snoda attraverso vari percorsi labirintici che sembrano raggiungere le viscere della terra. Ma perché lo scomparso vi ha relegato una parte importante della sua vita?

Negli scatoloni che Raimondi trova e fa requisire, sono chiusi pezzi importanti dell’esistenza di quest’uomo: una gigantografia in cui sono ritratti lui e la moglie felici, le videocassette che fermano nel tempo i momenti della crescita del figlio, una raccolta di fumetti (la moglie spiegherà a Raimondi che la raccolta di fumetti era una delle cose a cui lo scomparso teneva di più) tra cui campeggia “L’Uomo Mascherato” detto anche “L’ombra che cammina”, fumetto mito (anche per chi scrive!) di molte generazioni e riferimento importante per lo svolgersi della storia.

Mauro Fabi immerge il lettore in una atmosfera di pathos, ci viene da pensare che la cantina altro non sia che una metafora importante: scomparire, farsi inghiottire nelle tenebre di un luogo profondo (anche solo mentale) di cui non si conosce la fine e così allontanarsi per sempre dal quotidiano, dimenticandosi di sé, diventare un’ombra. Una metafora che, a nostro avviso, compare anche quando lo scrittore Fabi fa citare al commissario quel capolavoro che è “Memorie del sottosuolo” di Fëdor Dostoevskij. Attraverso questo rompicapo, questa misteriosa scomparsa, la vita di Raimondi subisce una serie di contraccolpi fisici e morali. In un finale forse aperto ma di grande suggestione, la scelta del commissario Raimondi, ci riserva una sorpresa amara e non svelabile, rispetto alla scomparsa dell’uomo che non tornerà.

Mauro Fabi, giornalista, scrittore, poeta, con un trascorso di collaborazioni presso l’Unità e Le Monde Diplomatique, direttore del magazine culturale Via Po del quotidiano nazionale Conquiste del Lavoro, ha costruito un romanzo visionario, scritto in maniera inappuntabile, con un coté decisamente cinematografico. Una storia misteriosa che “si vede”, s’immagina con gli occhi della mente, con accenti di malinconica esistenza, di riconoscibile umanità, che si fa leggere tutto d’un fiato, nella sua ammaliante geometria. Da leggere.

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