Paola Benadusi Marzocca
“Te la sei cercata” di Louise O'Neill

Stupro, non lieto fine

Storia di Emma e del suo calvario che la condanna a una esistenza di dolore e di rinuncia alla vita. Un romanzo disilluso che con l’intento di risvegliare le coscienze fa intravedere per le donne un cammino ancora lungo e pieno di ostacoli

Te la sei cercata, il titolo del romanzo di Louise O’Neill (Il Castoro, traduzione di Anna Carbone, 273 pagine, 16 euro) dice già tutto. Si svolge in una cittadina della provincia irlandese e la protagonista, Emma, una bella ragazza di 18 anni, ha tutto ciò che si possa desiderare. È brava a scuola, molto popolare, le ragazze cercano la sua amicizia e i ragazzi la corteggiano insistentemente. Ma una sera d’estate durante una festa Emma beve troppo, non si rende più conto di niente e viene violentata. Tutto finisce, Emma non ricorda nulla di quella maledetta festa, ma cominciano a girare foto imbarazzanti, terribili, nelle quali sembra consenziente perché la ritraggono in posizioni decisamente compromettenti mentre è solo ubriaca e incapace di ragionare. In una foto lei è per terra, distesa. «Dylan in piedi sopra di lei, il cazzo nella mano, un sottile flusso giallo che scorre sulla testa di lei». Il commento online: «Certa gente se la merita, una bella pisciata in testa».

Il fratello di Emma la convince a denunciare l’accaduto e qui comincia il calvario della ragazza. La sua voglia di vivere si spenge a poco a poco. Dopo la denuncia è una creatura umiliata, sottoposta a dileggi e critiche crudeli, sopraffatta dal senso di colpa. Te la sei cercata, eri troppo bella. «Com’eri vestita? Quanto avevi bevuto?»… «Comunque, è una buona cosa che il Pm abbia deciso di procedere. Non succede molto spesso, sapete? In questo Paese il tasso di condanne è tremendamente basso».

Emma non ha più voglia di studiare, non ha più voglia di frequentare la scuola, pensa che solo scomparendo, morendo possa recuperare la sua fisionomia. Non morirà, ma rinuncerà a dire quello che veramente è successo. Scrive l’autrice: i lettori avrebbero forse preferito vederla combattere, pretendere giustizia per quello che le era stato fatto. «Anch’io avrei preferito che andasse così, ma purtroppo non sarebbe stato realistico. Forse non sembra che la nostra società appoggi la violenza sessuale, ma basta andare sotto la superficie per constatare quanto banalizziamo lo stupro, e le aggressioni a sfondo sessuale».

Questo romanzo induce a pensare che dovrà ancora passare del tempo prima che le donne possano essere se stesse nella loro intatta, libera persona, non più considerate dall’uomo avversarie o prede, non più mitizzate o trasformate in simboli sessuali. Dopo tanti anni certamente nei Paesi che si dicono civili tante cose sono cambiate, tuttavia la mentalità maschile dominante è in parte rimasta immutata. Ancora troppi pregiudizi dominano la nostra società e le donne ne restano in gran parte vittime, costrette a ubbidire a una morale insincera costruita su misura per loro. Tacere e nascondere, un’aria malsana, anche se si intravede un inizio di rivolta, grava ancora sul loro destino.

(foto©#ManiInTasca Campagna di sensibilizzazione per la lotta alla violenza sulle donne)

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