Marco Ferrari
Ai Quartieri Airots di Napoli

Modello Tina Pica

A cinquant'anni dalla morte, una mostra curata da Giulio Baffi rende omaggio a Tina Pica. Grande caratteristica, temperamento da maschiaccio ma cuore da perpetua devota: la vera eroina di un'Italia passata

Cinquant’anni fa moriva Tina Pica, attrice di teatro e di cinema, formidabile “spalla” di Eduardo, Vittorio De Sica e Totò. Il suo volto unico e particolare compare in oltre 50 film che hanno fatto la storia del cinema italiano. Napoli la celebra con una esposizione, aperta da venerdì scorso, nell’ambito della “sezione mostre” del Napoli Teatro Festival Italia. Tina Pica 1884-1968 è curata da Giulio Baffi e realizzata dallo scenografo Luigi Ferrigno, allestita nello spazio Quartieri Airots (l’antica Chiesa della Congregazione dei 63 Sacerdoti) in via Carlo De Cesare 30 nei Quartieri Spagnoli di Napoli.

Tina Pica, nome d’arte di Concetta Annunziata Pica (Napoli, 31 marzo 1884 – 15 agosto 1968), nacque nel quartiere Borgo Sant’Antonio Abate di Napoli da Giuseppe Pica, già attore capocomico interprete del personaggio don Anselmo Tartaglia, e l’attrice Clementina Cozzolina. Ancora bambina, la piccola Tina cominciò a lavorare come attrice con i suoi genitori nella compagnia teatrale girovaga a Napoli e dintorni. Debuttò nella popolare Compagnia Drammatica diretta da Federico Stella, formazione che, in pianta stabile, al Teatro San Ferdinando di Napoli, portò in scena drammi firmati da Eduardo Minichini, Luigi De Lise, Francesco G. Starace, Crescenzo Di Maio e lo stesso Federico Stella. Quindi, l’attrice fondò una sua compagnia negli anni Venti, il Teatro Italia, scrivendo anche i testi degli spettacoli. Negli anni Trenta l’incontro con la compagnia di Eduardo De Filippo, con il quale iniziò una collaborazione artistica che la vedrà partecipare a spettacoli storici come Napoli milionaria, Filumena Marturano e Questi fantasmi.

Dopo l’apparizione in due film muti di Elvira Notari del 1916, il suo vero esordio sul grande schermo fu in Il cappello a tre punte (1934), di Mario Camerini, seguito da Fermo con le mani! di Gero Zambuto del 1937 con Totò. A 69 anni interpretò il ruolo di Caramella in Pane, amore e fantasia (1953) e nei seguiti Pane, amore e gelosia (1954), con cui vinse il Nastro d’Argento alla migliore attrice non protagonista, e Pane, amore e… (1955). Con questi film divenne una delle caratteriste comiche più amate del cinema italiano del dopoguerra. Ebbe anche l’onore di un film a lei completamente dedicato La Pica sul Pacifico (1959). Il suo ultimo lavoro, all’età di 79 anni, è stato Ieri, oggi, domani nel 1963.

Nella vita privata Tina si sposò due volte: la prima con un certo Luigi, che però morì giovanissimo, dopo soli sei mesi di matrimonio. Qualche anno dopo morì pure la loro bambina. Dopo molti anni, Tina decise di risposarsi con un appuntato della polizia municipale, Vincenzo Scarano. Con lui scrisse anche alcuni testi teatrali. Rimasero insieme fino alla morte. Tina Pica si spense a 84 anni a Napoli, a casa di un nipote. Successivamente, a Roma le fu intitolata una via, mentre a Napoli un giardino.

A tanti anni di distanza la sua immagine e il suo fascino restano immutati. Come mai? «Tina Pica – sottolinea il curatore della mostra Giulio Baffi –  ha lasciato il segno della sua forte personalità nella memoria di generazioni di spettatori e di attori. Riapriamo per l’occasione l’antica Chiesa dei 63 sacerdoti, da tempo in disuso, che diverrà a breve uno spazio teatrale e culturale. Nella Smorfia napoletana alla chiesa è attribuito il numero 84 , Tina Pica è nata nel 1884 ed è morta a 84 anni… così ho voluto costruire questo percorso dedicato a Tina Pica attraverso 84 testimonianze, tra fotografie di famiglia, immagini dai set cinematografici, ritratti, locandine, articoli, copioni, oggetti appartenuti alla grande, popolare ed amata donna-personaggio». Tra questi strumenti da toeletta, due cappellini, un cappotto di velluto, un portasigarette, un lungo bocchino di bachelite, gli occhiali del balbuziente prototipo di Don Anselmo Tartaglia, appartenuti al padre: «Materiali messi a disposizione dai nipoti Franco e Francesco Pica, da Gioconda Marinelli, dall’Archivio del Teatro Diana, dalla Libreria del cinema e del teatro di Napoli e da tanti altri collezionisti». La sua immortalità è dovuta al carattere brusco e burbero (ovviamente sulla scena) ma in fondo dotato di umanità. Ma anche il suo volto spigoloso e la sua voce cavernosa restano indelebili nella memoria del cinema italiano. Ce lo spiega anche il docufilm Fratello ricordati di Tina Pica di Lucilla Parlato e Federico Hermann, prodotto da Identità Insorgenti.

Così, a distanza d’anni, mentre i protagonisti maschi di certi film sono quasi dimenticati o messi in secondo piano, lei resta nell’olimpo del cinema. E pensare che Eduardo era certo che sarebbe tornata sui palcoscenici. Invece lei continuò a fare film come spalla, caratterista e protagonista, al punto che gli autori scrivevano sceneggiature proprio per lei marcando anche il suo lato autoritario, forse maschile. Non a caso esordì a sette anni in panni di maschietto nella compagnia di Federico Stella, poi ingaggiata per un Amleto in versione napoletana, arrivando a sostituire il padre nel ruolo di Tartaglia, senza che nessuno se ne rendesse conto. Anche per questo, nel mondo del cinema venne chiamata “Totò in gonnella”: fumava in maniera accanita, giocava a carte, aveva una certa grinta e mostrava più anni di quello che aveva. Ciò non le impediva di essere molto devota al punto di possedere una cappella privata in casa. Un volto indimenticabile, quindi, che ancora adesso rende perfettamente l’idea di una grande interprete del cinema italiano.

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