Tina Pane
Viaggio in Irlanda

Turisti a Dublino

Piccola visita guidata alla città di Wilde e Yeats, di Joyce e Beckett: una sorta di parco letterario, ben gestito e senza storia (eccessiva). Nel quale scorrono continuamente fiumi di birra

Gli autobus a due piani, i buttafuori davanti ai pub e i negozi della catena Carrols Irish Gifts sono i primi elementi che spiccano nel panorama urbano di Dublino. A questi vanno aggiunti i gabbiani, che riempiono di strilli e voli radenti anche le strade più lontane dal fiume e, in determinati orari e zone, i Dubliners che sembrano talmente tanti da far dubitare che la capitale irlandese abbia solo poco più di mezzo milione di abitanti. Poi c’è il fiume Liffey che taglia Dublino da ovest a est per gettarsi nel mare del porto, lasciandosi alle spalle la città e una sequenza di 17 ponti, e il gaelico che compare in tutte le insegne stradali come lingua ufficiale prima dell’inglese. Per motivi di identità nazionale è una materia obbligatoria a scuola, ma in pochi la praticano, e gli irlandesi sembrano più accomunati dalla Guinness, il cui consumo soprattutto nelle serate del fine settimana, nella zona di Temple Bar e dovunque, diventa compulsivo.

A completare il quadro visivo d’insieme ci sono le nobili facciate degli edifici di architettura georgiana, gli stretti vicoli completamente ricoperti di graffiti, le strade larghe punteggiate d’insegne e bandiere con le facciate ricoperte di pubblicità, le luminarie e gli addobbi che durante il Christmas time gareggiano tra di loro per splendore e raffinatezza. E ancora, le ricorrenti statue di eroi nazionali (Parnell e ‘O Connell su tutti), a gambe larghe e braccio levato a indicare la via dell’indipendenza, gli alberi in questa stagione completamente spogliati, gli incroci pazzeschi che si attraversano a tappe e sempre looking right, perché qui, anche se gli inglesi non li possono tanto soffrire, ancora conservano la guida a sinistra.

Qui, dove la storia comincia con le popolazioni celtiche e vichinghe per poi sedimentarsi nel lungo e sofferto dominio inglese, non ci sono stati i soliti Romani a lasciare tracce, così la cattedrale protestante di San Patrizio (più museo di storia patria che luogo di culto) risulta uno degli edifici più antichi della città, insieme al Castello e alla Christ Church; ma è tutta architettura medievale abbondantemente rifatta. Il sito più visitato della città resta però il prestigioso Trinity College, che nella sua sterminata Old Library custodisce il Book of Kells, una preziosa trascrizione dei vangeli ad opera di monaci irlandesi risalente a prima dell’anno Mille.

Ci deve essere qualcosa nell’atmosfera di Dublino che ispira gli artisti. La capitale, che ha il titolo di Città Unesco per la Letteratura, ricorda con statue, targhe e un Writers Museum i suoi figli scrittori più famosi: James Joyce, Jonathan Swift, Bram Stoker, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, William Butler Yeats. Per il Nobel Samuel Beckett c’è addirittura un ponte firmato dall’archistar Calatrava. I musicisti vengono invece onorati sul campo, dai buskers, gli artisti strada che nonostante il freddo si esibiscono per ore in veri e propri concerti da marciapiede, e nei pub, moltissimi dei quali attraggono frequentatori e turisti promettendo live music daily. I musei statali sono gratuiti, il costo della vita sicuramente più alto che da noi e gli efficienti trasporti su gomma (a Dublino non c’è la metro) si pagano in base al numero delle fermate ed esclusivamente con una carta ricaricabile o con moneta spicciola, perché banknotes are not accepted.

Per cambiare atmosfera e vedere un altro aspetto di Dublino si deve visitare il Phoenix Park, un enorme parco urbano circondato da una cinta muraria di 16 km di perimetro, dove insistono lo zoo, la residenza del Presidente della Repubblica, una colonia di daini in libertà e prati e alberi verdi come solo in Irlanda.

Mentre il centro storico è affollato di abitanti e turisti, i sobborghi vivono la quieta vita delle periferie del nord Europa: linde casette mono e bifamiliari, ampi spazi esterni, saltuari raggruppamenti di servizi e negozi oppure enormi centri commerciali che di fatto diventano l’agorà di riferimento. In direzione nord est, per esempio, a meno di 15 chilometri da Dublino, c’è l’amena penisoletta di Howth, dove – a parte mangiare dell’ottimo pesce al piatto o dell’altrettanto ottimo fish and chips – ci si può dedicare al golf, alle passeggiate e al trekking. Tra i tanti pescherecci che affollano il molo è facile individuare qualche foca che nuota placida in cerca di cibo.

L’estenuante dominazione inglese, la guerra civile, il terrorismo dell’IRA sembrano oggi eventi metabolizzati e superati anche grazie al boom economico che dalla metà dei ’90 fece rifiorire la città. E così si presenta oggi Dublino, come una città accogliente e pacificata, benestante ma non spaccona, rispettosa nel ricordare la sua storia e i suoi eroi, ma essenzialmente proiettata nel futuro. Due luoghi simboleggiano questo profilo: il recentissimo museo EPIC dedicato alla storia dell’emigrazione irlandese e ospitato negli ex magazzini della dogana, in un tratto di lungofiume che l’amministrazione sta cercando di riqualificare, e lo Spire (o Monumento alla Luce), una colonna d’acciaio alta oltre 120 metri posta sulla centralissima ‘O Connell Street.

Col buio, la luce posta sulla sua cima è diventata un punto di riferimento per orientarsi. Qui, fino al 1966, c’era una più modesta colonna di 37 metri con la statua dell’Ammiraglio Nelson. Ma l’IRA la fece saltare.

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