Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Natività

La nascita di Cristo narrata da un angelo testimone. Da “Frammenti dall’esistenza di Maria” di Roberto Mussapi, un monologo sull’esistenza della Madre di Dio, dove si condensa la concezione che l’autore ha della poesia: una realtà in cui perde certezza la divisione tra sacro e profano…

Frammenti dall’esistenza di Maria è un monologo in versi costituito di sette parti, sette poesie autonome ispirate a momenti dell’esistenza di Maria di Nazareth, attinti alle poche citazioni evangeliche, alla tradizione o di pura invenzione dell’autore. La voce narrante, o recitante, impersona un angelo, che racconta vari momenti della vita della madre di Cristo. Questo angelo che narra episodi di cui fu attore e altri in cui è stato testimone, evoca immediatamente l’Annunciazione e il ciclo mariano di Rainer Maria Rilke, poeta da me molto amato, ma anche gli angeli di Wim Wenders e la realtà angelica in Miracolo a Milano di De Sica.
La mia opera, qui come e più che altrove visionaria e narrante, è legata al cinema, per affinità di ritmo e incantamento, come la sua rappresentazione dei temi sacri è sempre veicolata, almeno nelle intenzioni, da una caravaggesca carnalità metafisica. Qui, come e più che altrove, appare la mia concezione della poesia, una realtà in cui perde certezza la divisione tra sacro e profano.
Questo confine che esiste e perennemente dilegua, mi pare un fondamento della vita stessa, e la nascita di Gesù -segnata da una stella che incantò i pastori analfabeti e i Magi, supremi sapienti zoroastriani d’Oriente, unificando ingenuità e conoscenza – immagino manifesti questa gloria del terreno e del quotidiano nel mistero del divino.
Buon Natale, con le parole di Baudelaire, «lettore recitante, mio simile, fratello!».

 

La nascita

Faceva troppo freddo quella notte,

la folla in viaggio, sparsa, si era ritirata negli alberghi

prima del tramonto, per proteggersi dalla brina nascente

che scintillava sulla sabbia come nevischio.

Mentre il buio scendeva la morsa li strinse,

non avevano trovato alloggio, lei vacillava

sul dorso dell’asino, ma sorrideva a Giuseppe

a cui negli occhi cresceva l’angoscia della notte

con il suo gelo già dal tramonto bruciante.

Fu lei, con la mano destra, che indicò la grotta,

un anfratto poco distante, interrato.

Si intravedeva un’apertura, la raggiunsero.

“Impossibile – disse lui – È troppo fredda.”

“Ci è stata data, sulla strada” rispose la donna

e sorrideva, già nelle doglie.

“Adagiami qui, ora accade.”

Poi tutto fu buio a me quello che avvenne dentro,

la conoscenza astrale e la carne divina

di cui siamo tessuti fibra per fibra

ha zone di buio, isole d’ombra:

il vuoto della caverna, il cuore della roccia…

A noi nutriti di luce siderea

sfugge il mistero ultimo dell’uomo,

che solo lui conosceva, lui nascente,

lo splendore del buio.

Ma io sentivo il respiro nella grotta,

là fuori, sulla soglia, in alto, a fare da scolta

ero nutrito da un respiro profondo

che gonfiava la terra di luce e vento

e rianimava le zolle salendo dagli inferi,

arando per la semina celeste.

 

Allora quando sentii la sua voce,

simile a un sorriso se il sorriso l’avesse,

confusa col belato di un agnello,

una voce radiante di regina,

sì, di regina nello stesso tempo,

allora fui libero di annunciare al mondo

che in quell’anfratto a bacino nella grotta

simile a una mangiatoia di pietra era nato

il cibo sognato per tutti i viventi

e i morti e i nascituri congiunti per sempre.

Nel mio fiato arcangelico, nell’abbagliante

luce che sprigionava dalle mie fibre e dagli occhi,

io li vedevo avvicinarsi, timidi,

poi sempre in numero e intensità crescenti,

in un buio che era divenuto di cobalto

sul pavimento di brina che splendeva sotto le stelle,

e mentre di fronte a lei e al bambino scaldati dall’asino

si buttavano in ginocchio per terra

io ora vedevo alle mie spalle, vedevo nel buio della grotta

sfericamente baciante la mia sfera celeste,

e non cessavo più di gridare e splendere

preso da un’euforia che non conoscevo dall’attimo

in cui ero venuto alla luce e all’universo.

Se fossi stato umano, avrei pianto.

Roberto Mussapi
(Da Frammenti dall’esistenza di Maria, in La piuma del Simorgh, Mondadori)

 

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