Valentina Mezzacappa
La gabbia delle definizioni

Schiavi del genere

Guida alla lettura di “The Well of Loneliness”, romanzo di formazione omosessuale di Radclyffe Hall che, ancora oggi, quasi cent'anni dopo, patisce il destino della "letteratura di genere"

Di cosa parliamo quando parliamo di gènere? Potremmo dire di categorie all’interno delle quali si raggruppano opere dai caratteri comuni, come forma, stile e argomenti. Si parla insomma di affinità, un’affinità che già è presente nella radice latina del termine, genus-genere. La catalogazione per generi può avere un effetto alquanto rassicurante, non solo perché appaga quell’esigenza tanto cara e forse anche un po’ ossessiva-compulsiva tipica dell’umana specie di incasellare, prevedere, controllare, ma anche perché una volta individuato il genere un po’ si sconfigge anche l’ignoto, un po’ si sa in quali terre ci si sta per avventurare. Per non parlare di quanto funzioni a meraviglia la catalogazione per genere nell’organizzare gli scaffali di quei supermarket del libro che stanno spiazzando via le librerie di una volta, dove gestori lo si era per vocazione.

Individuare il genere oggi è condicio sine qua non, perché questa piaga dei giorni nostri che è la mercificazione della creatività e dell’opera intellettuale vuole (nonostante l’erba voglio non cresca nemmeno nel giardino del re) che si rispettino meticolosamente le peculiarità di genere affinché l’opera risulti facilmente e velocemente riconoscibile, rassicurante e conseguentemente vendibile a qualsiasi livello della filiera. Che genere è? A quale genere fa riferimento? Qual è il target? questo il nuovo mantra infatti di un’altrettanta nuova industria, rea di aver quasi del tutto soffocato lo scambio fra menti e creato figure satellite armate di misure standard da usare come machete.

Il genere è anche diventato sinonimo di valutazione, legittimazione, di alto e basso. Insomma, pare vi siano generi più nobili di altri anche se negli ultimi anni, sotto questo versante la situazione risulta più incoraggiante dopo che sono stati riconosciuti i meriti, i tratti pioneristici, le proto-tematiche di opere per decenni ritenute di serie B. Un fenomeno che potrebbe a pieno diritto anche definirsi un movimento e che in particolar modo sembra godere di grande vitalità in campo cinematografico. Quante opere sono andate perdute, o sono lì, proprio davanti ai nostri occhi, nascoste in bella vista perché limitate, castrate da questa esigenza di catalogare, questa paura di abbandonarsi all’ignoto, all’endorfinica esperienza della scoperta?

Tante. Forse troppe.

E una di queste è senz’altro un romanzo inglese del 1928, The Well of Loneliness (Il pozzo della solitudine) di Radclyffe Hall. Radclyffe Hall nasce come Marguerite Radclyffe Hall nel 1880 in una ricca famiglia del Dorset. Lesbica, autodefinitasi invertita congenita, termine che prende dalla letteratura di Havelock Ellis, medico, intellettuale progressista e socialista autore nel 1897 del primo manuale scientifico sull’omosessualità, dopo una realtà familiare burrascosa e diverse esperienze sentimentali fallimentari trova finalmente una stabilità affettiva al fianco di Una Troubridge, che durerà fino alla sua morte nonostante le numerose infedeltà. Il suo esordio letterario arriva con The Unlit Lamp, storia di una giovane donna dal nome di Joan Ogden, aspirante medico intrappolata in un rapporto claustrofobico con una madre manipolatrice. Ma è The Well of Loneliness la sua opera più importante. È infatti con questo romanzo che la scrittrice affronta apertamente il tema dell’omosessualità identificandosi con la protagonista Stephen Gordon. Nonostante l’assenza di contenuti espliciti, il romanzo subisce comunque un processo per oscenità al termine del quale viene ordinato di distruggerne tutte le copie. Verrà ristampato negli Stati Uniti dopo una lunga battaglia legale.

Nel 1999 The Well of Loneliness entra nella top 100 redatta da The Publishing Triangle dei migliori romanzi lesbici. Sfortunatamente emerge un dato sconfortante: il romanzo in questione è incluso esclusivamente nelle classifiche di genere quando meriterebbe di essere patrimonio dell’umanità intera, indipendentemente dal palese contenuto saffico.

The Well of Loneliness è un’opera intrisa di grande sensibilità e in essa figurano tutti i temi del grande romanzo di inizio secolo: la lotta alla claustrofobica eredità vittoriana in campo di convenzioni sociali, la grande guerra, la rivoluzione culturale post-bellica degli anni che precedono il secondo conflitto mondiale e il tramonto della vecchia classe dirigente che si manifesta attraverso un’industrializzazione sempre più sofisticata, l’emergere di nuovi movimenti politici e nuove consapevolezze sociali, l’estinzione lenta e dolorosa delle tradizioni rurali inglesi. Lo stile di Hall e i contenuti del suo romanzo toccano nel profondo il lettore, commuovono, irritano, appassionano e il risultato finale è un’opera che nulla ha da invidiare ad altri come Forster, Wharton, Woolf, Ford, Lawrence, Hemingway e molti altri.

Uno non può fare a meno di domandarsi dunque se in un mondo libero dalla schiavitù del genere una simile gemma avrebbe potuto avere un destino più felice e il dovuto riconoscimento.

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