Raffaella Resch
Aspettando la grande esposizione milanese

Caravaggio, la star

La popolarità di Michelangelo Merisi travalica le epoche storiche e oggi è più che mai un fenomeno di massa. Lo testimoniano gli studi, gli eventi, i libri e le innumerevoli mostre che si sono susseguiti negli ultimi anni. Il prossimo appuntamento il 29 settembre a Palazzo Reale...

Sorprendente mainstream dell’arte dei nostri giorni, Michelangelo Merisi da Caravaggio gode di una fortuna più viva che mai. La prossima ma di sicuro non l’ultima delle iniziative a lui dedicate sarà Dentro Caravaggio, una mostra che Palazzo Reale di Milano presenta dal 29 settembre (fino al 28 gennaio 2018, una coproduzione Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira), nel giorno della sua nascita, nella sua città natale. In proporzione ai suoi anni di vita burrascosa, solo 39, di cui appena 15 di attività nella pittura, la gloria di quest’artista è incommensurabile, seppure con sorti alterne.

Roberto Longhi è il primo grande studioso del ‘900 a tracciare la storia della critica caravaggesca influenzata dagli aspetti travagliati della sua biografia e dalla drammaticità della sua pittura. Fin dagli anni immediatamente posteriori alla sua morte, di Caravaggio si costruisce un ritratto popolare, nonché torbido, come conseguenza o giustificazione della spregiudicata naturalezza della sua arte: l’immagine di artista «lercio e irregolare» (Longhi) si attaglia alla forza delle figure non convenzionali, all’uso magistrale della pittura contrastata, alla ricerca della rappresentazione fedele della realtà: «fu così – scrive Longhi – che Caravaggio, già da ragazzo, in Lombardia, si tramutò in figlio di muratore, in rimestatore di calcine e preparatore di colle per gli imbianchini milanesi. Il resto della sua vita, soprattutto negli anni di Roma, Napoli e Malta, non aveva certo bisogno di esser rinforzato nelle tinte, ma pure non si mancò di farlo e persin la sua morte, per ragioni di corrispondenza simbolica, si amò fissare un anno prima del vero». Se si pensa che di un errore di questa o altra natura incorreva tuttavia lo stesso Longhi che, all’epoca di questo scritto, riportava la data di nascita di Caravaggio due anni più tardi, ci si può rendere conto di quanto lavoro sia stato fatto per mettere ordine nelle fonti e nei documenti che riguardavano la vita del pittore. Ma, se di questi aspetti biografici talvolta romanzeschi si è poi fatto ammenda nel corso del tempo, una considerazione matura dell’opera del Merisi arriva in Italia solo a Novecento inoltrato, osserva Longhi. Gli studi sulle attribuzioni, sulla tecnica pittorica e lo spoglio oculato delle fonti portano progressivamente alla luce un ritratto più completo, dell’uomo e dell’opera, che sembrano renderlo contemporaneo agli osservatori di tutte le epoche non solo per il carattere esplosivo della sua pittura, ma anche per il fascino della personalità. Caravaggio sarà subito preso a modello da molti artisti del Seicento in Italia e in tutta Europa, creando il fenomeno del caravaggismo, e successivamente non smetterà di esercitare la sua influenza, fino ai giorni nostri.

Come sottolinea Tomaso Montanari nell’introduzione alle sue 12 lezioni su “La vera natura di Caravaggio” per Rai 5, l’artista è assurto all’importanza di una pop star e, quale redditizio prodotto di mercato, alimenta un’industria di falsi e storie farlocche, al suo nome le agenzie di stampa mondiali sussultano e intorno a lui si è sviluppato uno spettacolo mediatico a ciclo continuo. Con molta cautela, proporrei dunque un tracciato delle più importanti e nello stesso tempo popolari rievocazioni del Merisi: oltre agli autorevoli e numerosi studi su Caravaggio di questi ultimi anni, e tralasciando gli eventi dove il suo nome è stato preso a specchietto per le allodole, mi piacerebbe qui segnalare alcune mostre, pubblicazioni e in senso generale “eventi” che si sono costruiti su di lui negli anni recenti, a dimostrazione della popolarità vasta e penetrante dell’artista, che lo eleggono a fenomeno di massa che travalica le epoche storiche.

La prima grande mostra monografica che rende conto dell’opera del Merisi è a cura di Roberto Longhi, che lo consacrò al Palazzo Reale di Milano nel 1951: su questo impulso una sempre crescente letteratura si occuperà di dare credito o demistificare le varie interpretazioni della sua figura che, come sagome di cartone, l’hanno presentato bruto e semianalfabeta, oppure padre della pittura moderna. Sull’altra sponda dell’Atlantico, a New York, viene allestita nel 1985 al Metropolitan Museum of Art la mostra The Age of Caravaggio (“Caravaggio e il suo tempo”, catalogo della mostra a cura di Gabriella Borsano e Silvia Cassani, New York – Metropolitan Museum of Art e Napoli – Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, Electa Napoli, 1985) in cui il Merisi verrà messo a confronto con i suoi predecessori e successori, e le sue fonti giovanili con una selezione di opere per lo più di privati, che mai era stata visibile prima nel nuovo mondo. Datate nel 1991 e 1992 (Michelangelo Merisi da Caravaggio. Come nascono i capolavori, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori, Firenze – Palazzo Pitti e Roma – Palazzo Ruspoli, Milano, Electa, 1991) sono le mostre che la direttrice della Fondazione Longhi Mina Gregori presenta, dando il via a studi diagnostici che costituiscono il punto di partenza per la mostra di Milano del 2017. Da questo momento le mostre si contendono freneticamente le opere. L’eccezionale Ultimo tempo a Capodimonte nel 2004-2005 aveva 19 autografi. Caravaggio e l’Europa a Milano nel 2005-2006 ne aveva 14. Come Caravaggio e Bacon del 2009 alla Borghese; 6 il Genio di Roma a Palazzo Venezia nel 2001; 4 Caravaggio e i Giustiniani a Palazzo Giustiniani nel 2001. Mentre nel 2010, in occasione dei 400 anni dalla morte di Caravaggio, le Scuderie del Quirinale (con Caravaggio, Comitato Nazionale per le celebrazioni del Quarto Centenario della morte del Caravaggio 1571-1610, a cura di Claudio Strinati, Milano, Skira, 2010) le opere arrivano a essere 24, insieme a quelle collocate nelle Chiese e nei palazzi di Roma, rese più facilmente usufruibili per l’occasione. La mostra segna nuovi approfondimenti sul periodo romano, relativamente ad attribuzioni e datazioni, con metodi diagnostici pioneristici, avviati dalla stessa Fondazione Bracco che sostiene le indagini scientifiche anche per l’imminente mostra milanese.

In Dentro Caravaggio, la mostra a cura di Rossella Vodret di prossima inaugurazione a Milano, verrà appunto utilizzata la metodica nata nell’800 che, attraverso la radiografia, riflettografia e stratigrafia, fornisce, alla guisa di indagini mediche, informazioni non desumibili a occhio nudo, leggendo sotto la pellicola pittorica, attraverso i vari strati apposti dal pittore. Appaiono così non solo i pentimenti, ma tracce del disegno sottostante e sfondi della pittura, venendo a sfatare il mito romantico che voleva le opere di Caravaggio realizzate senza traccia del disegno, in maniera istintiva. Tra le operazioni preparatorie, c’è anche l’incisione con punta di pennello grazie alla quale si ottiene uno schema su cui lavorare. Pur tuttavia, nel ciclo della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi datato 1600, esordio romano su grande scala in tempi che la committenza gli dà piuttosto ristretti, Caravaggio inaugura una tecnica che gli consente una grande resa formale e velocità d’esecuzione. Egli dipinge infatti un’iniziale preparazione diretta scura che fa da sfondo, su cui aggiunge chiari e mezzi toni. Di fatto, come spiega la curatrice Rossella Vaudret, Caravaggio non dipinge le figure nella sua interezza, ma solo una parte, e in tutto il resto del quadro non c’è pittura, solo preparazione composta in doppio strato da terre di diverso tipo, pigmenti e olio. La mostra di Milano abbinerà l’osservazione delle opere originali con le immagini radiografiche attraverso apparati multimediali che ne disveleranno il processo creativo.

Tra le esposizioni organizzate all’estero, di recente si è tenuta Beyond Caravaggio a Londra, presso la National Gallery, fino al 15 gennaio 2017 con 49 dipinti del Merisi e seguaci, che ora è itinerante per il Regno Unito (fino al 24 settembre alla Royal Scottish Accademy di Edimburgo). Ma oltre a mostre che riescono a radunare un buon numero di dipinti dell’artista, vi sono iniziative che pongono l’accento su opere singole con intenti didattici di approfondimento, come quella del Metropolitan di New York dove fino al 7 luglio è stato possibile vedere affiancate due delle opere dell’ultimo periodo del Merisi, rispettivamente l’ultima, Il martirio di Sant’Orsola del 1610 di proprietà di Banca Intesa San Paolo e la Negazione di San Pietro della stessa data, di proprietà del Museo newyorkese. Oppure Il Caravaggio di Roberto Longhi, che ha esposto fino allo scorso gennaio ad Ancona, presso la Pinacoteca Civica “Francesco Podesti”, il dipinto del 1595 Ragazzo morso da un ramarro della Fondazione Longhi di Firenze.

Sulla scorta delle nuove mostre virtuali, che girano il mondo in tour che sarebbero impossibili per preziose e delicate pitture originali, vi è stata a Fossano, al Castello degli Acaja fino al 2 luglio, una mostra che ha presentato 40 riproduzioni in altissima risoluzione delle opere di Caravaggio. Stessa idea, percorsa con mezzi tecnici superiori, è stata la mostra Caravaggio Experience dell’anno scorso al Palazzo delle Esposizioni, dove in una installazione immersiva il pubblico poteva godere della visione a 360 gradi delle opere del Merisi, proiettate a ciclo continuo sulle pareti delle sale. E a una fedelissima riproduzione fotografica (a cura di Sky Arte che ha prodotto anche un documentario) frutto di studi e confronti di fonti, è stato affidato nel 2015 il ripristino dell’immagine della Natività con i Santi Francesco e Lorenzo nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, dove il dipinto originale era stato trafugato nel 1969, con un atto che per una serie di tracce e testimonianze finora raccolte si connota come spregio della mafia nei confronti dell’arte e dei beni culturali pubblici. Per avere un’ambientazione dell’ambiguo mistero che avvolge la scomparsa dell’opera, calata nell’immobile connivenza della politica e del tessuto sociale italiano, basta leggere Una storia semplice, breve e immortale romanzo di Leonardo Sciascia (Adelphi 1989). Su questo furto, che ha impegnato per anni le polizie di tutto il mondo, sono nati bestseller mondiali, come The Caravaggio Conspiracy di Peter Watson del 1983, dove si ricostruisce una fantasmagorica pista americana al ritrovamento dell’opera, o i più recenti italiani Il Caravaggio scomparso di Alvise Spadaro (Bonanno, 2010) e Il Caravaggio rubato di Luca Scarlini (Sellerio 2012). Sulla vita dell’artista scrive anche il poeta Roberto Mussapi, con il dramma teatrale Il testimone con l’andamento di un thriller (Jaca Book, 2007). Un testo di Attilio Bolzoni sulla Natività scomparsa viene rappresentato al Teatro Massimo di Palermo nel 2016, mentre Vittorio Sgarbi mette in scena una sua personale meditazione sull’attualità di Merisi, in varie città d’Italia nel 2015 e 2016. Al cinema Caravaggio è stato portato, tra gli altri, da Derek Jarman nel 1986 e da Mario Martone nel 2004.

La fortuna di Caravaggio è dunque ai giorni nostri alle stelle, forse più che in ogni altra epoca: un artista che è stato “solo” pittore, non genio multiforme come Leonardo da Vinci, che ha realizzato “solo” sessantaquattro opere (documentate) non monumentali come la Cappella Sistina, pure è entrato nell’immaginario artistico popolare destando sempre insuperato interesse. La modernità di Caravaggio è un tema oggetto di autorevoli studi, ma ciò che incuriosisce è che ogni epoca lo trova moderno, attuale. Gli elementi da lui messi in azione, quali ad esempio il chiaroscuro drammatico (come nella Vocazione di San Matteo, 1599-1600, Cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi, Roma), il taglio a cinemascope della scena (Decollazione di San Giovanni Battista, 1608, Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri, La Valletta – Malta), i soggetti volutamente “feriali” tratti da modelli presi dalla strada, prostitute, ubriachi, quando non cadaveri, costituiscono da allora un linguaggio universale della pittura, al cui confronto nessun contemporaneo dovrebbe sottrarsi. Significativa a questo proposito è la riflessione dell’artista astratto americano Frank Stella che definisce la pittura del Merisi come «antidoto allo sterile immaginario e alla penosa caricatura del nostro nuovo realismo. C’è qualcosa nella feroce risonanza delle opere pittoriche di Caravaggio che mette alla prova la nostra percezione. È difficile non attraversare secoli di pittura guardando Caravaggio. I suoi dipinti sono come un telescopio che esplora la storia dell’arte» (On Caravaggio, “The New York Magazine”, 1985).

Nelle foto, opere di Caravaggio. In apertura: Fanciullo morso da un ramarro, 1596-1597, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi; sotto a destra, La Buona Ventura, 1597, Musei Capitolini-Pinacoteca Capitolina, Roma. A seguire: Ritratto di un cavaliere di Malta, 1608, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze; Riposo durante la fuga in Egitto, 1596-1597Galleria Doria Pamphilj, Roma; San Girolamo penitente, 1605-1606, Museu de Montserrat, Barcellona

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