Angela Di Maso
Visto al Napoli Teatro Festival Italia

Moscato e Caronte

Debutta il nuovo spettacolo di Enzo Moscato, “Raccogliere & Bruciare, ingresso a Spentaluce”: un viaggio negli inferi di Napoli a metà strada tra Spoon River e un Varietà musicale

“Raccogliere & Bruciare, ingresso a Spentaluce” è il nuovo trascendentale e onirico viaggio teatrale di Enzo Moscato, ideato per il Napoli Teatro Festival 2017, ma da anni e anni lavoro sul quale Moscato stava lavorando partendo da un’analisi profondissima e traducendo/tradendo ottanta frammenti scelti accuratamente all’interno dei 263 frames complessivi di cui si compone l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

Viaggio non negli inferi nonostante teschi e croci coi numeri, tipica simbologia dei campi di concentramento nazista, addobbino il palco – installazioni di Mimmo Paladino – e a parlare siano le anime dei morti che in maniera statica, e cioè seduti immobili ognuno sulla propria sedia che ne identifica il loculo, si ritrovano nella loro comune abitazione, il cimitero di Spentaluce, più vivi che mai, desiderosi di essere ascoltati, presentandosi e narrando chi un tempo furono.

Caronte traghettatore, ma anche il vecchio marinaio de La ballata di Coleridge, in una Napoli del dopoguerra, la cui bellezza e superiorità artistica-letteraria tante volte è stata – e lo è tutt’oggi –  ricoperta dalla lava incandescente di eruzione vulcanica, è lo stesso Moscato che si aggira tra le anime conferendo alla storia di ognuna nobile dignità; perché ogni anima è figlia di un tempo in cui l’incomunicabilità, l’incomprensione, l’accettazione del diverso, aveva già cominciato a fare morire a poco a poco.

Le anime non interagiscono fra loro. Ognuna illuminata dalla propria ombra – luci di Cesare Accetta –  è protagonista. Nel coro diventano unità. Un coro pasoliniano che denuncia, ammonisce ed esalta.  L’intreccio di parola, canto e musica raggiunge il massimo grado di espressività, e commozione, perché colmo di una forte carica di riflessione che converte lo spettacolo in una poesia nella poesia.

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L’assunzione della maschera di richiamo brechtiano sposta l’attenzione di Moscato verso nuovi impasti stilistici, in direzione di una teatralità contaminata dal plurilinguismo di prosa e canto. Mirabile è allora l’arguto uso della lingua che Moscato adopera: vernacolo napoletano misto ad italiano perfetto, unito all’inglese, al portoghese, al francese, fino alla lingua greca madre della tragedia. Una torre di Babele in cui proprio questa continuità ricercata tra antico e moderno è data dallo spazio in cui la lingua incontra la voce.

L’identità del grido corale che nasce dalle viscere dei defunti restituisce l’immagine intatta dell’esistenza prima della violazione della storia, della ‘ferita’ del linguaggio. Dell’essere cioè incompresi e per questo già moribondi.

Nel contrappuntare le sequenze attoriali, Moscato allora non rinuncia alla dimensione evocativa della musica e affida proprio ad un’anima, una bravissima Enza Di Blasio, il compito di suonare la chitarra, liberando così le note in canti antichi. Il suono dolente della chitarra ricrea il sentimento tragico del mito, l’eternità inconsolabile della tragedia, il coro emerge dal baratro della realtà, dall’urgenza della storia e si incarica di sublimarne il rumore sordo, il basso continuo, attraverso l’azione espressiva della drammaturgia.

Ecco allora che Moscato dal proposito di alternare la recitazione con il canto, trasforma il dramma in un meraviglioso varietà. Agli assoli originali della già succitata Di Blasio si associa la ricerca di Teresa Di Monaco con scelte musicali apparentemente dalle più disparate invece unite da un’unica tematica di stampo beckettiana: “Non c’è più nulla da dire, ma bisogna continuare a dirlo”.

Summertime, 1940 di Francesco De Gregori, Where have all the flowers gone cantata da Joan Baez, Padrone d’ ‘o mare cantata da Franco Ricci, Blowing in the wind canta da Marlene Dietrich, Concetta Barra che canta Il cavaliere e la morte nella trascrizione di Roberto De Simone, fino alla fine quando in ribalta tutti avanzano cantando, ma in realtà incitano, il pubblico a Vivere.

Raccogliere & Bruciare – coproduzione Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Compagnia Enzo Moscato\Casa del Contemporaneo –  è il teatro naturale dell’esistenza che si rovescia nell’illusione della scena, ribaltando l’ordine usuale delle cose, per cui la vita è la prigione della forma e la morte è la libertà del sogno. L’anima è allora la piena identità umana, il proprio cuore, nel senso del centro dell’intera propria esistenza, di cui il corpo è solo l’organo temporale. Ma emerge anche una riflessione ontologica sul ‘fantasma del teatro’: il travestimento umorale e umoristico della tragedia, il rovesciamento dei canoni stilistici nella mescolanza di alto e basso, sacro e profano, trova e pone Raccogliere & Bruciare sintesi perfetta della poetica di Enzo Moscato, elevandolo di diritto Drammaturgo tra i drammaturghi.

Parole in silenzi e musica sono state affidate alle anime di attori tra i più importanti del nostro Teatro: Benedetto Casillo, Massimo Andrei, Imma Villa, Cristina Donadio, Tina Femiano, Gino Curcione, Rita Montes e Enza Di Blasio, Giuseppe Affinito, Salvatore Chiantone, Carlo Di Maio, Caterina Di Matteo, Gino Grossi, Amelia Longobardi, Ivana Maione, Vincenza Modica, Anita Mosca, Francesco Moscato, Oscar e Isabel Guitto, Isabella Mosca Lamounier, Lucia Celi, Rosa Davide.

Raccogliere & Bruciare di Enzo Moscato, uno spettacolo da vedere. Da applaudire.

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