Ella Baffoni
Tra politica e giornalismo

Mondo Parlato

Ironico e pragmatico, sembrava cinico, Valentino Parlato, ma il suo era uno schermo di parole, magari per difendersi dalla pena e dal dolore: un ricordo personale

Ho continuato a incontrare Valentino Parlato anche quando le nostre strade si sono divise da quelle del manifesto, la mia prima, la sua – e più dolorosamente – poi. In piazza ci vedevamo spesso, la manifestazione contro la riforma della scuola l’abbiamo fatta a braccetto. O ai convegni politici. Ogni tanto in autobus, o al cinema. Perché, in fondo, le nostre strade non si erano divise davvero.

Oggi che è morto, però, preferisco ricordarlo in via Tomacelli, nei trent’anni che abbiamo condiviso al manifesto: grandi e piccole stanze vecchie e sporche, stipate di giornali e libri e fotocopie ma piene di sole e balconi, un affaccio mozzafiato sulla cupola del San Carlo e, a volte, le nuvole di fumo acre della tostatura del caffè del bar Antille, quando ancora era una torrefazione.

Valentino era lì, sempre. La mattina presto – presto relativamente, la riunione di redazione era grosso modo alle 13 – per leggere i giornali e fare una prima raffica di telefonate. La passione per l’economia lo aveva legato a Roberto Tesi, Galapagos. Ma era curioso, di tutto e di tutti, Valentino: appena arrivata, spesso mi invitava al bar, e poi anche dopo. Per un baby, sospettavo io, ma sbagliavo. Forse era curioso di capire chi fosse quella ragazza muta dei dimafoni che, appena poteva, si infilava nella stanza dei capiredattori.

Sì, era una grande famiglia, il manifesto, nevrotica e disfunzionale forse, ma calda. Luogo di discussioni e furie, ma anche di sostegno e crescita. Così nella nostra cronaca romana ho visto crescere il figlio Matteo, che dietro un’aria neghittosa nascondeva invece la passione per il giornalismo, quello vero. Ho conosciuto l’altro figlio, Enrico. E la piccola deliziosa Valentina: quando era incinta di lei, Maria Delfina cantava a lungo prima di mettersi a scrivere il suo articolo.

Ironico e pragmatico, sembrava cinico, Valentino, ma il suo era uno schermo di parole, magari per difendersi dalla pena e dal dolore. Però quando bisognava fare le scelte, non è mai arretrato, cercando magari la via più facile, più comoda. E’ rimasto lì, a fare quello che poteva, a cercare la sinistra, a inventare il comunismo.

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