Raoul Precht
Periscopio (globale)

Per Shirley Hazzard

Elogio di Shirley Hazzard, grande scrittrice (appena scomparsa) vivida e lucida, forte di un immaginario sospeso fra Capri e New York. Amica di Graham Greene e "seguace" di Tolstoj

Il grande fuoco (The Great Fire) e Il transito di Venere (The Transit of Venus): segnatevi questi due titoli, entrambi editi da Einaudi, e se non li avete ancora letti, correte in libreria a comprarli. Perché sono bei romanzi? No, perché sono semplicemente dei capolavori. Ne è autrice Shirley Hazzard, nata nel 1931 a Sydney da genitori britannici (madre scozzese e padre gallese) emigrati in Australia dopo la Grande guerra. La scrittrice si trasferirà poi nel corso degli anni a Hong Kong, in Nuova Zelanda, nel Regno Unito e in Francia, con una particolare predilezione per l’Italia (Roma, Napoli e al di sopra di tutto Capri, di cui nel 2000 otterrà la cittadinanza onoraria). L’infanzia e l’adolescenza, con un padre forte bevitore e una madre maniaco-depressiva, non saranno delle più facili, nonostante un tenore di vita relativamente alto legato al successo dell’attività paterna nel settore dell’acciaio.

Scoperta non giovanissima da William Maxwell, un famoso scrittore ed editor newyorchese che fra i suoi protetti annovera anche personaggi come Singer, Nabokov, Updike, Salinger, Cheever e Mavis Gallant e che accetta di pubblicare sul New Yorker il suo primo racconto, all’inizio degli anni Sessanta Shirley Hazzard fa i primi, timidi passi nel mondo letterario statunitense. (L’onorario ricevuto per il racconto – ricorderà in seguito – ammontava comunque a diversi stipendi di allora.) A una festa data da Muriel Spark conosce il quasi sessantenne Francis Steegmuller, biografo di Cocteau e Apollinaire e traduttore delle lettere di Flaubert, di cui s’innamora e con cui avvierà una relazione che durerà fino alla morte di lui, nel 1994.

Fra il 1952 e il 1962 Hazzard si trova a lavorare per l’ONU, di cui lascerà successivamente ben due ritratti al vetriolo, in particolare in occasione dell’elezione, nel 1971, dell’ex nazista Kurt Waldheim alla carica di segretario generale (Countenance of Truth, del 1990). Non sarà tuttavia semplicemente un’antesignana degli odierni whistleblowers, e la sua non è infatti solo una denuncia, ma un’appassionata e approfondita analisi della crisi in cui l’istituzione internazionale versava all’epoca e da cui non si è ancora del tutto ripresa.

Lasciata l’ONU, e potendosi dedicare anima e corpo alla scrittura, Shirley Hazzard fa un altro incontro importante, legato ai suoi ripetuti soggiorni a Capri: quello con Graham Greene, di cui lascerà un gustoso ritratto nel volume Greene a Capri: un ricordo (Greene on Capri: A Memoir) uscito in Italia nel 2002 per i tipi di Archinto. Stando a un aneddoto legato al loro incontro, Greene si trovava con un amico in un caffè e aveva cominciato a recitare ad alta voce The Lost Mistress di Robert Browning, ma faticava a ricordarne i versi conclusivi. Con sua sorpresa, la cosa riuscì invece perfettamente a una gentile connazionale seduta con suo marito al tavolo accanto. Da quell’incontro fortuito sarebbe nata un’amicizia durata poi decenni.

shirley-hazzards2A Capri, la coppia Hazzard-Steegmuller avrebbe vissuto molte primavere e molti autunni; in seguito, rimasta sola, lei si deciderà all’acquisto di un minuscolo appartamento, per raggiungere il quale bisognava salire una sessantina di gradini; giunto lì, l’ospite era però ricompensato dalla splendida vista da uno di quei terrazzi aperti sul Mediterraneo di cui le nostre isole sono tutt’altro che avare.

A Napoli e alla sua gente è invece implicitamente dedicato The Bay of Noon, la seconda prova narrativa, uscita nel 1970 dopo il moderato successo del romanzo d’esordio, The Evening of the Holiday (1966). Partendo da un’esperienza autobiografica – nel 1956 Hazzard era stata inviata a lavorare per un anno a Napoli per conto dell’ONU -, la scrittrice riesce a intrecciare plot sentimentale e descrizione del lento ritorno alla vita della città e del nostro paese, in un periodo, quello dell’immediato dopoguerra, pieno di speranze ma anche di contraddizioni e disillusioni. Anche a Napoli, e in particolare a Posillipo, Hazzard tornerà in seguito a vivere, sia pure a fasi alterne, contribuendo ai restauri e alle migliorie patrocinate dalla fondazione creata da una coppia di cari amici, i Barracco. Per lungo tempo Roma, Napoli, Capri e New York saranno i quattro poli fra cui la scrittrice viaggerà infaticabile.

Dieci anni più tardi è la volta dell’elegante e lavoratissimo Transito di Venere: qui Hazzard affina le sue capacità di costruzione narrativa, cominciando quella vera e propria storia d’amore con il lettore che potenzierà ancora nel Grande fuoco. Lei lo chiama “responsive reading”. È un gioco di riferimenti e ammicchi al lettore, che dovrà collaborare attivamente, se vorrà capire qualcosa, alla ricostruzione della vicenda e soprattutto del suicidio di colui che, accanto alle sorelle Caro e Grace Bell, è il vero e sfortunato protagonista del romanzo, Ted Tice. Così come, nel romanzo successivo – con cui vincerà i prestigiosissimi National Book Award e Miles Franklin Award -, Hazzard non lesina le piste e i rimandi, dal riferimento obliquo a Guerra e pace all’attenta ricostruzione storica di un Estremo Oriente assediato da guerre aperte e sotterranee, in cui tornano gli echi spaventosi degli orrori della Prima guerra mondiale e della Grande depressione e in cui deve farsi strada come può un trio di protagonisti davvero inedito: la giovanissima Helen, Leith,l’ufficiale britannico di cui s’innamora ancora adolescente nel Giappone occupato, e il fratello di lei, Benedict, gravemente malato. In un’intervista Hazzard sosterrà che «…la vita non deve provare alcunché. La vita accade, e noi dobbiamo accettarlo. Quando legge un romanzo, il critico scettico e dubbioso ama mantenere il controllo. Ma la sua esistenza, qualunque esistenza, è soggetta all’elemento accidentale, all’intervento inesplicabile, magico o spaventoso che non può essere giustificato dalla logica». E tuttavia, assolutamente tutto nelle sue storie è credibile, anche gli sviluppi più inaspettati; tutto sembra rispondere a una logica per noi inafferrabile; e, come in Conrad, storia personale e macro-storia entrano in una continua dinamica conflittuale, in rotta d’inevitabile collisione e s’intrecciano incatenando il lettore al testo e sorprendendolo con le risorse di una maestria tecnica davvero rara. È stato senz’altro un grande fuoco, il suo: quello della passione per la letteratura, che l’ha ricambiata.

Shirley Hazzard si è spenta tre mesi fa, il 12 dicembre di un anno davvero funesto per la letteratura, all’età di ottantacinque anni e dopo sessant’anni di scrittura. Qui da noi non se n’è accorto quasi nessuno, ma sappiate che ci lascia – voglio ricordarlo ancora – almeno due capolavori. Non rimandate, leggeteli subito.

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