Andrea Carraro
Un libro per Natale

Regalatevi Yates!

Per queste Feste, fatevi un bel regalo, compratevi e leggetevi Richard Yates: uno scrittore che sa raccontare alla perfezione personaggi senza qualità. All'insegna del più puro realismo

Richard Yates era uno scrittore praticamente sconosciuto in Italia, prima che il suo capolavoro “Revolutionary road” (pp. 405, 11,50 euro) fosse ristampato alcuni anni fa da Minimum Fax. Pubblicato nel Stati Uniti nel 1961, e tre anni dopo in Italia con il titolo infelice I non conformisti, fu un fiasco di vendite e non se ne parlò molto. Eppure. è un libro di rara qualità letteraria e di insolita tensione morale, che anticipa molta narrativa americana successiva. La corrente minimalista – Carver in testa – deve moltissimo a Yates e alla sua urticante rappresentazione della piccola borghesia impiegatizia newyorkese che viene fuori dalla guerra. Lo sguardo di Yates appare compromesso con la realtà e con i personaggi che vengono raccontati, senza tuttavia minimamente alterarne la forza drammatica.

L’autore (e il lettore con lui) si identifica con i suoi eroi, la coppia middle-class con velleità intellettuali April e Frank Wheeler, soffre con loro e si sente anch’egli marcato dai loro pregiudizi sociali. La croce di questi personaggi è che non riescono a vivere serenamente nei loro panni poiché disprezzano il ceto a cui appartengono, con i suoi rituali logori, i suoi lavori ripetitivi e stupidi, i suoi miti piccoloborghesi, le sue ipocrite regole morali. Essi si sentono profondamente diversi e in qualche modo “sprecati” nell’ambiente in cui si trovano a vivere. Da questo sentimento – un po’ altero, un po’ snob – nasce e si sviluppa il romanzo.

Il realismo di Yates si nutre di tale disprezzo. April e Frank vorrebbero tanto ribellarsi a quello che sentono come un destino mediocre, vorrebbero tanto evadere, scappare, trasferendosi in Europa insieme ai due figli piccoli, a Parigi, la città “intellettuale” e anticonformista per eccellenza, chiamata ad incarnare l’utopia di un’esistenza dove sia possibile realizzarsi restando puliti e incorrotti. Ma nel romanzo l’utopia, davvero povera di appigli esistenziali, non si realizza e anzi ci scappa addirittura un suicidio. Yates opportunamente trattiene il mélo e il tragico nella rete di piccoli avvenimenti scanditi con impassibile freddezza, lo scarno referto di come il lutto viene vissuto sulle prime da alcuni personaggi minori. Insomma, un grande, ruvido romanzo esistenziale che ha lo spessore e la fisionomia di un classico.

richard-yatesYates purtroppo non ha avuto la fortuna di vendite e di notorietà che meritava e forse sarebbe opportuno chiedersi perché. Undici solitudini – sempre Minimum Fax – per fare un altro esempio, ha un titolo fin troppo significativo ed eloquente: si tratta di undici racconti su altrettanti personaggi che sembrano annaspare in braccio a una corrente che li trascina e li consuma. Non c’è salvezza nelle loro vite, ecco forse il motivo dello scarso successo di Yates presso il grande pubblico – ed è proprio il motivo che me lo rende caro. Lo scrittore non offre consolazione neppure per quel che attiene allo stile di scrittura – così secco e ruvido, così privo di bellurie e compiacimenti. Eppure la grandezza di Yates sta proprio in tali ingredienti, che sono ben presenti in questi racconti (scritti dai venti ai trent’anni) e che torneranno (approfonditi) nei romanzi della maturità, anche nel suo capolavoro Revolutionary road di cui si è detto. Prendiamo il racconto Nessun dolore (curiosamente omonimo di una canzone di Lucio Battisti), davvero esemplare dell’arte di Yates. La protagonista Myra viene accompagnata in automobile da alcuni amici e dall’amante a trovare il marito tubercolotico in ospedale. La giovane donna respinge in macchine le avances inopportune dell’amante. Saluta gli amici, li ringrazia ancora per averla accompagnata e si avvia, sola, all’ospedale. Dopo la visita al marito, in quel reparto desolatamente carico di sofferenze e morte, la donna si ritrova da sola in strada ad aspettare che tornino gli amici. “All’improvviso Myra sentì un nodo alla gola e le luci dei lampioni le ondeggiarono davanti agli occhi. Con il pugno chiuso contro la bocca cominciò a singhiozzare dolorosamente producendo nuvolette di vapore che scorrevano via nel buio”. Ecco, adesso la donna può tornare nella macchina degli amici calda e odorosa di whisky. Il racconto si chiude con il gruppo che va da qualche parte a completare la ciucca. Una storia in cui i sentimenti risultano quasi azzerati, sopraffatti dalla spietata logica della vita che non può permettersi troppo lunghe parentesi sentimentali, se non vuole soccombere.

Non meno esemplari i racconti sull’ambiente scolastico con personaggi – maschi e femmine, alunni o insegnanti – magistralmente consegnati alla loro quotidiana pena e frustrazione. Penso al ragazzo orfano che inventa avventure assurde per conquistare l’attenzione dell’insegnante e del resto della classe. Vanno segnalati anche i due racconti di vita militare, così particolari eppure così universali: con quel sergente calmo, duro, inflessibile, quei soldati che passano dalla tiepida e scettica obbedienza all’autentico e quasi fanatico fervore. Nell’ultimo racconto – più ironico e divertito degli altri, forse per celare un eccesso di identificazione – uno scrittore squattrinato per sbarcare il lunario si trova a soddisfare i capricci di un tassista mitomane. E finisce con una amarissima dichiarazione di poetica.

Insomma, per questo Natale, fatevi un bel regalo, compratevi e leggetevi Richard Yates.

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