Marco Fiorletta
Italia, primo agosto/8

Il tempo lento

«Mi siedo al pc e leggo le notizie. Lo so, anche oggi mi ammazzerò di immagini che non lasceranno alcun segno apparente nella mia memoria ma che saranno sempre pronte a riproporsi nel caso un giorno ce ne sia bisogno»

Un tre agosto come tanti iniziato di mattina presto, non guardo l’ora per non rovinarmi gli altri pochi minuti di sonno, se verranno. I rumori degli spazzini ormai stanno diventando la certezza dell’odio verso chi abita in centro nel comune dove vivo. Certo, siamo fortunati che ancora puliscano le strade e raccolgano l’immondizia ma continuo a chiedermi – e non sono il solo – perché certe operazioni debbano iniziare in orario antelucano proprio qui dove la densità abitativa è più alta. Possibile che non si possa posticipare di una o due ore e iniziare in posti un po’ più “deserti”? Ma tanto oggi, comunque, mi sarei dovuto alzare presto e non ci faccio poi tanto caso.

Colazione al bar e poi in macchina a ritirare i risultati di un esame medico, per fortuna il traffico è poco e ci metto il giusto tempo che in altri periodi dell’anno sono solo un sogno. Al ritorno mi prendo il caffè al bar sotto casa, non ci sono i giornali oggi, chissà perché, forse Stefano se li è dimenticati, e non posso leggere il Corriere dello Sport. Non ho la spesa da fare e allora torno a casa, che fortunatamente è fresca anche senza aria condizionata. Apro la finestra che da su un pezzo di terra incolta e la lascio aperta in modo che i miei gatti, Agata e Filippo, possano rientrare se ne avranno voglia. Mi siedo al pc e leggo le notizie da diversi siti, o di quotidiani di carta o da quelli propriamente on line. Lo so, anche oggi mi ammazzerò di notizie, di immagini che non lasceranno alcun segno apparente nella mia memoria ma che saranno sempre pronte a riproporsi nel caso un giorno ce ne sia bisogno.

Come al solito c’è un’abbondanza di notizie che mi indurrebbe, essendo un blogger – anche se la definizione mi lascia sempre perplesso – a commentare. Ma non ne ho voglia e allora passo sopra all’attentato (?) di Londra e all’impressione che si stia scegliendo la strada del minimizzare, dello sviare per non terrorizzare ulteriormente gli occidentali. Va bene, per abbracciare le tesi suicide dell’Isis forse è vero che ci voglia una insanità mentale di fondo ma sempre più gli attentatori vengono dipinti come persone psicologicamente instabili e quindi auto-indottrinatesi che non fanno parte di un progetto terroristico più ampio. A onor del vero c’è anche chi ha giustamente riportato che anche questa è una forma di indottrinamento che fa comodo ai terroristi.

Non mi va di scrivere perché ieri mi sono prodotto in un commento a varie notizie che come al solito qualcuno non ha voluto capire, no, non pretendo che tutti siano in sintonia con quello che penso, spesso nemmeno io sono d’accordo con il mio pensiero figuriamoci gli altri. È che quando si contesta il pensiero altrui occorrerebbe articolare il proprio e non ricorrere alle solite frasi fatte con cui si conducono sempre o quasi i dialoghi sui social network. È uno dei limiti dei nuovi strumenti di comunicazione, quelle che venivano definite chiacchiere da bar sono diventate chiacchiere da fb.

In pratica non ho nulla da fare e non ho voglia di fare nulla, anche se poi so che quando arriva la notte e chiudo l’ennesimo libro, in questi giorni Il lupo di David King su uno sconvolgente e atroce fatto di cronaca nella Parigi occupata dai nazisti, penso di aver sprecato il mio tempo, anche giocando al pc. Penso che avrei potuto finire uno dei tanti racconti (non li chiamo libri perché ho ancora la percezione dei miei limiti) che giacciono nella memoria del computer. Penso che potrei scriverne di altri. Penso e piano piano mi addormento.

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