Pier Mario Fasanotti
Qualche riflessione (amara) sul presente

Ipotesi sul razzismo

Da Dallas a Fermo, passando per Dacca: il razzismo ha cambiato faccia ma non ha cambiato metodi: nasce dalla paura e si alimenta di ignoranza. E sfocia sempre nel sangue

Gli scontri razziali negli Stati Uniti, la vergognosa aggressione e uccisione razzista del nigeriano a Fermo (nelle Marche) e altri episodi simili o similari mi inducono a fare alcune considerazioni, che qui sotto elenco. Fatta salva la premessa – doverosa – che chi scrive non è un sociologo, ma un semplice giornalista che ama documentarsi e, soprattutto, vorrebbe capire «dove il mondo sta andando».

– Nella scorsa primavera sono stati ammazzati 17 poliziotti. Il 70 per cento dei killer era di pelle bianca.

– Il recentissimo movimento chiamato “Black Lives Matter” è di carattere pacifico e non invoca né violenza né vendetta. Pone semmai l’accento sul “corpo dell’uomo di colore”. Ed è radicalmente lontano dal nucleo ideologico di Malcom X, decenni fa. Malcom X invitava i neri alla sommossa, considerando questa l’unica soluzione contro la segregazione razziale e i soprusi dei bianchi. Il clima americano di paura e di sospetto ha tuttavia favorito la formazione di “ronde” notturne contro i poliziotti. Di “ronde” anche noi italiani sappiamo purtroppo qualcosa. Grazie, disgraziatamente, alla radice permanentemente razzista della Lega Nord, così favorevole alle “ronde”. Ricordate l’invito di quel noto leghista che spronava i suoi fedeli a “pisciare davanti alle moschee”?

– Ha fatto il giro del mondo il video (da smartphone) della giovane donna di colore americana che ha ripreso la morte del suo fidanzato, barbaramente ucciso da un poliziotto. La vittima voleva mostrare solo i suoi documenti e non certamente estrarre una pistola L’agente killer non ha alcuna giustificazione: ha sparato a un nero solo perché era di pelle scura. Quel video va letto anche in questo modo: oggi non esiste più una sola piazza informatica. Un piccolo paese, proprio per i filmati dei telefonini, equivale a città come New York, Dallas, eccetera. Globalizzazione delle immagini. E anche l’oggettiva e inesorabile decadenza dei reportage fatti con le parole scritte. In un certo senso moltissimi di noi siamo diventati reporter di guerra, in prima linea. Riflessione amara, almeno per me che scrivo e basta: se uno si aggiorna con i social e con la televisione, ditemi che senso avrebbe comprare uno o due quotidiani. Questi ultimi, accusati dalla nuova generazione di essere “noiosi” e con commenti lunghissimi e ultra-ripetitivi, non hanno ancora compiuto una trasformazione radicale, omettendo spesso la risposta a quella semplice domanda che è: “perché accade?” o “quali sono i precedenti storici?”. Conosco molte persone con i capelli grigi. Ebbene: le loro dita non si sporcano sulle informazioni cartacee, ma (se hanno i mezzi) leggono Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Messaggero o La Stampa sullo schermo del computer. Basta abbonarsi. I loro (e pure i miei) figli sbirciano – se va bene – i quotidiani online. Basta salire su un treno: chi ha mai visto un ventenne con in mano un giornale? (E questo, purtroppo, accade spessissimo anche con i libri). I caratteri di stampa inventati da Johannes Gutenberg rappresentarono una formidabile rivoluzione che poco alla volta diventò mondiale. L’informatica degli ultimi anni è forse pari alla prima, se non altro per i suoi effetti internazionali.

– Esistono luoghi di incontro tra neri e bianchi in America? Nei vertici di mega-aziende o di studi legali sì. Altrove no. Nei ghetti l’unico contatto con i bianchi avviene quando irrompe la polizia. Poco tempo fa un docente universitario di Cambridge (negli Usa) stava entrando nella sua abitazione, situata in un rione “di ricchi”. Un suo vicino ha chiamato la polizia pensando, con un automatismo che fa inorridire, che chi aveva le chiavi in mano di quell’appartamento doveva essere necessariamente un ladro. Sempre in America, il nero che è al volante di un’auto lussuosa è un sospettato ladro. Una parte della popolazione americana bianca guarda al presidente Obama con imbarazzo, diffidenza, disgusto.

– Luoghi anti-segregazione, e quindi di normale dialogo, potrebbero essere, nell’America così affollata di fondamentalismi cristiani, le chiese. È solo un’illusione. Miei colleghi che vivono negli States mi hanno informato che ci sono chiese con parroco e fedeli di pelle scura. I fedeli bianchi non si sognano mai di entrarvi, preferendo i loro templi rigorosamente bianchi. A me viene in mente l’espressione “sepolcri imbiancati”.

– A proposito della disavventura del docente nero di Cambridge, occorre soffermarsi su due episodi accaduti in quella città italiana che viene pomposamente, ed erroneamente, chiamata “la capitale morale”: Milano. Una donna di colore, non vestita da ricca e dall’italiano molto incerto, è stata immediatamente fermata dalla Polizia Ferroviaria. Una coppia mista, a  Milano-città, stava entrando in un bar. Ebbene: l’uomo, bianco, è entrato senza difficoltà, mentre la sua amica (o moglie) di colore è stata perquisita. Alabama anni Sessanta? No: Milano nel 2016.

– A questo obbrobrioso clima non si sottrae la Cina, paese sostanzialmente unietnico. I gruppi “diversi” (pochi, per la verità) per provenienza o per colore della pelle sono guardati male, se non addirittura osteggiati o perseguitati. A Dacca (Bangladesh) – sede dell’ultimo attacco dei criminali psicopatici islamisti – i locali danno automaticamente del tu ai cinesi e del lei ai giapponesi, ancora visti e considerati come “occidentali”. La storia potrebbe esserci d’aiuto, nel senso che da secoli i giapponesi hanno fatto di tutto (usando armi e brutale violenza) pur di apparire come i dominatori dell’Estremo Oriente.

– Anche chi non crede in Dio, deve, se è intellettualmente sincero, plaudire alle ultime parole di papa Francesco. Le riporto in modo approssimativo, e me ne scuso: «Dio è il povero che chiede l’elemosina, Dio è l’uomo che non ha da mangiare, Dio è il migrante. Nel giorno del giudizio il Signore chiederà agli indifferenti, quindi ai peccatori: non vi siete accorti che quel povero, quell’anziano abbandonato a se stesso e quel migrante ero io?».

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